Corsi d’oro, fioccano i dissequestri per l’onorevole Genovese

Tornano a Giuseppina Pozzi e Natale Lo Presti i beni sequestrati lo scorso 22 settembre nell’ambito dell’inchiesta Corsi d’Oro. Il tribunale del Riesame ha accolto i ricorsi degli avvocati Bonni Candido ed Elena Florio e annullato il decreto di sequestro disposto dal Gip Giovanni De Marco, su richiesta del procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e del pool di sostituti a lavoro sulla gestione della formazione professionale a Messina.

Via i “sigilli”, quindi, anche alla Napi Service, una delle società fornitrici degli enti al centro dell’inchiesta, Ancol, Aram e Lumen.

Ma il colpo grosso lo ha fatto l’avvocato Nino Favazzo, difensore di Francantonio Genovese. Il Riesame ha infatti annullato in toto il provvedimento che congelava i beni di Chiarà Schiró, moglie dell’onorevole e intestataria di una parte della residenza di Ganzirri dove il marito e tutt’ora ai domiciliari. Annullato anche il sequestro della Caleservice, la società considerata dagli inquirenti la “cartiera” personale di Genovese, e la Centro Servizi. Entrambe sono assistite dall’avvocato Antonio Amata. Ridimensionato, poi, il sequestro disposto per il deputato Ars Franco Rinaldi e la cognata Giovanna Schiró, che non potrà andare oltre i circa 3 mila euro.
Infine, abbassato a circa 130 mila euro il sequestro disposto per Roberto Giunta.

“Si trattava di una evidente forzatura di accusa e gip che hanno chiesto e proceduto a sequestro – commenta l’avvocato Favazzo – nei confronti di più coobbligati solidali, per multipli del presunto profitto di reato. In buona sostanza, a ciascuno degli indagati è stato richiesto l’intero, con ovvia lievitazione dell’importo complessivo del sequestro, fino alla tanto pubblicizzata soglia di 5 milioni di euro”.

Il provvedimento di settembre costituisce una “coda” dei primi sequestri disposti la scorsa primavera, quando scatto’ l’arresto eccellente dell’onorevole Genovese. In quella occasione il giudice diede mandato alla Guardia di Finanza di mettere i sigilli a beni e congelare conti fino all’ammontare del frutto dei presunti reati, cioè fino ai quasi 5 milioni di euro che gli indagati avrebbero truffato alla Regione.

In prima battuta peró i finanzieri avevano sequestrato soltanto una parte del patrimonio. La Procura perció è tornata a chiedere al Gip De Marco l’emissione del provvedimento, presentando un lunghissimo elenco di beni disponibili, compresi molti ettari di terreno in provincia. Richieste soltanto in parte accolte dal Giudice.