Genovese, si’ alle intercettazioni. Avvisato il presidente dei revisori Zaccone

Torna alla Camera dei Deputati il caso Genovese e le lobby della formazione professionale. Sciogliendo la riserva, il gip Giovanni De Marco ha detto sì all’utilizzo delle intercettazioni telefoniche “casuali” delle conversazioni dell’onorevole effettuate dalla Polizia. Un centinaio le conversazioni che secondo il giudice, come richiesto dalla Procura, possono entrare a far parte del castello accusatorio nei confronti dell’esponente politico, poiché non effettuate direttamente a carico del parlamentare. Anche in questo caso le conversazioni tornano all’esame della Camera, che deve decidere se cassare o meno le guarentigie parlamentari e dare il via libera definitiva alle intercettazioni.

Ad essere intercettato direttamente era ad esempio Dario Zaccone, commercialista del gruppo e oggi nel collegio dei revisori del Comune di Messina. Ecco perché gli è stato notificato un avviso di proroga delle indagini preliminari, relativo anche alla posizione di Salvatore La Macchia, il fedelissimo di Genovese ai domiciliari da marzo, e il fratello Massimiliano. Per loro l’ipotesi è di associazione a delinquere. I due erano “ascoltati” dal Commissariato di Patti e la Squadra Mobile di Messina nell’ambito dell’inchiesta su Francesco e Maria Tindara Gullo, la deputata Pd ed il padre proprio in questi giorni comparsi davanti al gup di Patti e rinviati a giudizio.

Intanto ieri è cominciato il “secondo round” sulle esigenze cautelari per l’onorevole Genovese. La palla è passata al Tribunale del Riesame che ieri ha trattato il ricorso degli avvocati Nino Favazzo e Carlo Paliero. I legali hanno chiesto una misura meno restrittiva dei domiciliari concessi dal gip De Marco dopo 6 giorni di carcere. Il procuratore aggiunto Sebastiano Ardita, in udienza insieme ai sostituti impegnati nel caso, si è opposto depositando ulteriore documentazione. Una lunga udienza, quella di ieri, che ha fatto slittare la trattazione dell’appello “opposto”, quello della Procura: per i magistrati Genovese non andava scarcerato.