I campetti di Pompei resteranno aperti. Ma la Comunità Sportiva non è gradita

Tutto inizia nel 2010 con una “decisione sofferta”. Così i Frati di Pompei definiscono la messa in vendita di una parte del loro terreno, “imposta da una grave necessità di natura economica”. L’obiettivo era quello di costruire tre palazzine di sei piani fuori terra con 48 appartamenti in via delle Mura, sullo spazio attualmente adibito a campo da calcio, proprio alle spalle del Santuario di viale Regina Margherita. Il progetto è fallito perché nel 2011 il Comune ha negato la concessione edilizia a causa dell’insufficienza dei collegamenti viari, in relazione al carico urbanistico. I Frati si rivolsero al Tar, che rigettò la richiesta di sospensiva e rinviò la trattazione al gennaio 2015, quando il ricorso è stato definitivamente respinto, accogliendo le ragioni del Comune. A febbraio, l’invito alla Comunità Sportiva Pompei a lasciare gli spazi utilizzati sin dal lontano 1977: un campo da calcio, uno da basket e uno di bocce, oltre agli spogliatoi con i vari servizi e gli spazi destinati a verde.

Un invito che la Comunità Sportiva definisce duramente “un volgare atto di ritorsione, una semplice ripicca, una puerile vendetta per essersi opposti all’ennesimo progetto di speculazione edilizia”. Da 38 anni, la Comunità Sportiva Pompei si è fatta carico di tutte le spese di manutenzione, coperte a stento da liberi contributi da parte dei soci e dei cittadini della zona che utilizzano le strutture, e adesso lamentano il fatto che i Frati rifiutino il confronto “nonostante innumerevoli richieste formali dai toni sempre pacati”.

Un’accusa respinta al mittente altrettanto duramente: “I Frati hanno parlato e a lungo dialogato al momento opportuno e nelle sedi opportune” è la risposta lapidaria. Altrettanto concisa è la motivazione che ha indotto i Frati alla “necessità di interrompere definitivamente e irrevocabilmente qualsiasi forma di collaborazione con la Comunità Sportiva Pompei”. In poche parole “è venuto a cessare ogni rapporto di fiducia, per ragioni non addebitabili ai Frati Cappuccini”. Addebitabili, dunque, alla stessa Comunità Sportiva che, “nonostante il tanto declamato rispetto delle esigenze parrocchiali, di fatto persiste in atteggiamenti e iniziative che recano nocumento alla serena e costruttiva azione pastorale dei Frati Cappuccini nella parrocchia e nel territorio, con una contestazione ostinata e tendenziosa”.

Ma indipendentemente dalle attuali contestazioni, le ragioni risalgono a monte, quando la messa in vendita dei campetti fu aspramente criticata. “Da anni – si legge in una nota – i Frati vengono ingiustamente accusati di chiusura e di mancanza di sensibilità alle istanze sociali e promozionali. Addirittura da più parti è stata attribuita loro una volontà di speculazione, e si è arrivati persino a tacciarli di ‘operazione commerciale’, per di più definita ‘criminale’. I Frati, invece, vincolarono espressamente e subordinarono esplicitamente la vendita del terreno alla previa costruzione di un altro campo sportivo regolamentare, conforme alle norme della Figc”. Definiscono quindi la contestazione “immotivata, incomprensibile e assurda perché suscitata, alimentata e sostenuta in ambienti prossimi ai Frati, nonché dalla Comunità Sportiva Pompei che per decenni ha goduto della fiducia degli stessi Frati, ha usufruito dei campetti e ancora oggi li utilizza senza titolo alcuno. Coinvolti nella spirale di una contestazione abilmente contagiata, anche altri soggetti, approfittando anch’essi della fiducia dei frati, hanno usufruito e, senza pudore alcuno, continuano a usufruire di strutture e spazi dei Frati Cappuccini. E’ proprio il caso di dire che ‘si sputa nel piatto in cui si mangia’”.

Diatribe a parte, dopo la decisione del Tar, l’area non è in vendita e i Frati Cappuccini vogliono sottolineare il proprio impegno a far continuare ad esistere e a funzionare, in modo adeguato e dignitoso, i campetti ritenuti “un qualificato strumento di pastorale, di formazione attraverso lo sport e di promozione sociale”.

Salvi i campetti, lo scontro sta tutto con la Comunità Sportiva Pompei che “non ha mai avuto nessun titolo abilitativo all’uso” – afferma il ministro provinciale dei Frati Minori Cappuccini, Frate Felice Cangelosi, il quale rivendica “l’inalienabile diritto di proprietà delle aree e di appropriata gestione, senza stabilire alcun tipo di collaborazione con la Comunità Sportiva, esigendo semplicemente il rispetto dei diritti ed auspicando che cessi finalmente ogni polemica pretestuosa, inutile e controproducente per tutti”.

Incontestabile il diritto di far ciò che si crede delle proprie proprietà, in tutta questa storia “chi rischia di rimetterci – è la conclusione della Comunità Sportiva Pompei – sono in primis gli sportivi, i giovani e i bambini della nostra città che negli anni hanno sempre praticato le discipline sportive a loro congeniali, trovando l’agevolazione di idonea collocazione logistica e spirituale ma che da oggi rischiano seriamente di vedere compromesso il proprio futuro e di quello di un’area a loro particolarmente a cuore”.

(Marco Ipsale)