Sull’auto-proroga del rettore è battaglia legale ma anche mediatica

Il Cga “sentenzia” , l’Università commenta ed i ricorrenti attaccano. Dopo la pubblicazione dell’ordinanza con cui il Cga ha negato la sospensione della sentenza del Tar di Catania, che aveva dichiarato illegittima ed anti-democratica la modifica dell’art.57 dello statuto d’Ateneo – approvata da Senato accademico e Cda all’inizio del 2010 e, quindi, prima dell’adozione del nuovo statuto -, ha riaperto uno scontro di fatto mai chiuso tra rettore il Francesco Tomasello ed un gruppo di docenti e rappresentanti del personale tecnico amministrativo dell’Università di Messina. Riaperto lo scontro, si sono inevitabilmente riaccese le polemiche e si susseguono i i botta e risposta tra le parti. Tutto ovviamente a mezzo stampa. Alla nota diramata dall’Ateneo peloritano – che sottolineava come la mancata sospensione della sentenza del Tar non produca effetti sull’assetto di governo attuale in quanto già superata dall’entrata in vigore della legge Gelmini e dai successivi adempimenti attuativi- segue quella del legale rappresentante dei 32 ricorrenti, Salvatore Librizzi, che risponde a Tomasello, precisando quanto segue:
1) L’affermazione che la sentenza del TAR Catania impugnata senza successo dall’Università e dal M.I.U.R. non produrrebbe effetti è smentita dal fatto stesso che sia stato proposto appello, nonché dalla circostanza che il C.G.A. (il quale, al pari dell’Avvocatura dello Stato, non è solito perdere tempo in cause inutili), non ha dichiarato la carenza d’interesse nell’azione, ma ha smentito nel merito le censure mosse contro la sentenza appellata;
2) L’”utilità” della sentenza del T.A.R. sta principalmente nel fatto che la stessa ha impedito che lo Statuto dell’Ateneo fosse approvato dopo il 1° novembre 2011, consentendo così, al Rettore di sommare alla proroga prevista dalla L. n. 240/2010 anche quella che si era illegittimamente (auto)concessa;
3) Più di tutto, dimostra l’interesse alla questione la costituzione in giudizio del Prof. Tomasello, unico tra i titolari di cariche auto-prorogate che ha sentito la “necessità” di perorare personalmente le ragioni della propria permanenza in carica davanti ai G.A.;
4) Negli scritti difensivi dell’Università e dello stesso Rettore, inoltre, si parla esplicitamente di “danni gravi e irreparabili” in caso di mancata sospensione della sentenza del T.A.R., così dimostrando la più viva e intensa efficacia della sentenza;
5) Appare incomprensibile il riferimento al concetto di autonomia dell’Università, che starebbe a base delle auto-proroghe, giudicate illegittime da tutti gli organi che se ne sono occupati (Ministero, T.A.R. e C.G.A.), posto che autonomia, di regola, non significa licenza di violare la legge e i principi democratici;

6) Del pari non giustificato appare il reiterato riferimento all’interesse pubblico a base delle auto-proroghe, proprio perché le pronunzie del T.A.R. e del C.G.A. non hanno riscontrato nessun profilo che potesse giustificare provvedimenti che, al contrario, sono stati giudicati palesemente illegittimi nel doppio grado di giudizio;
7) La scadenza degli organi dopo il 29 luglio 2011 (così come previsto dalla L. n. 240/2010) è stata espressamente affermata dal TAR Catania con la sentenza n. 207 del 2011) e (seppur in termini ancora dubitativi) dallo stesso C.G.A.;
8) In ragione di ciò, appare (quanto meno) ardito voler negare le (evidenti) conseguenze delle pronunce giurisdizionali in parola, esponendo così tutti gli atti posti in essere dall’Ateneo a qualsiasi iniziativa impugnatoria da parte di terzi, nonché facendo assumere ai titolari di cariche accademiche ormai ampiamente scadute palesi responsabilità giuridiche per gli atti compiuti;