Limosani a Crocetta: “Il governatore chiarisca le frasi sulla ‘ndrangheta da esportare a Messina”

Proviamo a riassumere le ragioni che, secondo quanto riportato da Tempostretto, hanno indotto il Governatore della Regione Sicilia ad esprimere contrarietà sulle scelte del governo nazionale di istituire l’Autorità Portuale dello Stretto, una scelta che sancisce il matrimonio tra il sistema portuale messinese e quello della sponda calabrese. Lasciamo da parte la questione sulla eventuale incostituzionalità della legge a causa della mancata partecipazione del Presidente della Regione alla riunione del Consiglio dei Ministri che ha licenziato lo schema legislativo e concentriamoci sulle questioni di merito.Secondo le dichiarazioni riportate dalla stampa, due sembrano essere gli argomenti principali. Il primo è relativo alla presenza dell’attività criminale a Gioia Tauro. Dando voce alle preoccupazioni degli operatori privati, il governatore dichiara che il territorio di Gioia Tauro e quindi l’Autorità Portuale di Gioia, un pezzo dello Stato sul territorio, subiscono il rivelante condizionamento della n’drangheta; a causa di ciò le nostre imprese sono preoccupate di dover subire a loro volta pesanti condizionamenti e di essere costretti a dover fare i conti con tale organizzazione criminale con il serio rischio di esportare il fenomeno criminale a Messina. Questa situazione, poi, diventa ancora più preoccupante considerato che, continua il governatore, l’impegno dello Stato e delle istituzioni in Calabria nell’azione di contrasto al fenomeno criminale è ancora all’inizio rispetto a quanto fatto in Sicilia.

Il ragionamento degli imprenditori, a cui il governatore ha dato voce, ritengo sia estremamente insidioso. Come reagirebbe il governatore Crocetta, ma direi qualunque cittadino della regione siciliana, ad un ipotetico ragionamento espresso del governatore Maroni e che potrebbe suonare più o meno così: ”poiché la Sicilia subisce il pesante condizionamento della mafia, gli operatori privati della Lombardia hanno difficoltà a lavorare nei territori della Regione Sicilia e quindi a delocalizzare attività e progettare investimenti in quel territorio. Tanto più, poi, se le istituzioni non riescono ad esercitare una seria azione di contrasto così come avviene nella nostra regione con il rischio concreto di esportare la mafia al nord, meglio non avere a che fare con i siciliani.

Spero che il governatore vorrà chiarire la sua posizione riguardo a tali estemporanee dichiarazioni per non alimentare il dubbio di condividere il ragionamento degli operatori privati e soprattutto, fatto ancor più grave, di voler far credere che davanti ai possibili condizionamenti delle attività criminali sia meglio fuggire o voltare le spalle, in palese contraddizione con quanto affermato dal Governatore sulla lotta senza se e senza ma alle attività mafiose.

La seconda ragione fa riferimento ad una presunta integrità della Sicilia. Il porto di Messina, dice il governatore, appartiene alla Sicilia; le scelte del governo nazionale hanno sottratto qualcosa che è della regione violandone così la sua integrità; il porto deve rientrare nella piena autorità della Regione. A parte che si potrebbe discutere sull’ipotetica condizione in cui si sarebbero trovati oggi i porti di Milazzo e di Messina se lo Stato non fosse intervenuto attraverso l’istituzione dell’Autorità Portuale. Ma non è questo il punto. La scelta del governo nazionale di considerare la portualità e la logistica interesse strategico del paese non sminuisce certamente il ruolo delle Regioni ma sottrae il ragionamento a qualunque spinta e mozione di natura localistica. Non si può organizzare un sistema portuale nel paese solo in funzione della semplice appartenenza alla propria regione ammnistrativa, indipendentemente quindi da qualunque considerazione di natura strategica, di efficienza e di competitività. Si rischierebbe di farsi sostenitori di posizioni anacronistiche e anti-storiche. Tutto ciò poi con l’aggravante che il governo regionale ha avuto più di un anno per avanzare proposte sul tema della riorganizzazione delle autorità portuali improntate ad un rigoroso ragionamento tecnico e strategico. Ma nulla di tutto ciò è successo.

Le ragioni del governatore, ad un prima analisi e verifica, appaiono quindi infondate, poco credibili e non conducenti. Agli occhi di molti esperti della mobilità e operatori della logistica, invece, la nuova authority appare la scelta più razionale per il sistema portuale della nostra città.

Michele Limosani