La giunta Accorinti ha l’opportunità di fare gol a porta vuota. Lo faccia, senza più alibi

A Palazzo Zanca la scorsa settimana, dopo Gettonopoli, si respirava un’atmosfera surreale. Sembrava quasi un Palazzo deserto, tra silenzi imbarazzati e poca voglia di parlare. Clima pesante, scontri verbali in Aula, nervi a fior di pelle. Un antipasto di quel che saranno i prossimi 2 anni e mezzo.

Dopo la 2 giorni di inchieste che ha rialzato le quotazioni di un’amministrazione in caduta libera per l’emergenza idrica, è iniziata a circolare a Messina una leggenda metropolitana legata alla tempistica di alcuni accadimenti. La sintesi è questa: nel momento peggiore per la giunta Accorinti, dopo 20 giorni di disastrosa e imbarazzante gestione dell’emergenza idrica, nel momento in cui in Consiglio si stava facendo tangibile la mozione di sfiducia (ne erano state presentate 3 in pochi giorni), in 48 ore arrivano 3 inchieste che sono 3 punti a favore per Accorinti: gli arresti di Messinambiente, l’indagine sui derivati e Gettonopoli che falcidia più della metà del Consiglio comunale (29 indagati dei quali 6 posizioni stralciate al vaglio dei magistrati e 12 con obbligo di firma dai vigili urbani). In 48 ore il Consiglio comunale diventa “politicamente eunuco”. Sul Consiglio non è finita, perché c’è in arrivo l’inchiesta sugli oneri riflessi. Prima ancora che sul piano giudiziario è sul piano mediatico che la 2 giorni ha avuto effetto: spostando i riflettori. Non mi piacciono le dietrologie e le tesi complottiste, credo nella terzietà della giustizia, pertanto i 3 assist in 2 giorni all’amministrazione per me sono una fortuita coincidenza. Da cronista mi limito a guardare il contesto finale, il quadro che emerge dopo i fatti e la cui sintesi è: nessuna sfiducia ad Accorinti, resterà fino a fine mandato. Per l’amministrazione, come direbbe lo stesso sindaco, si presenta un’occasione epocale: realizzare quanto annunciato in campagna elettorale e non concretizzato in 2 anni e mezzo. La seconda occasione insomma.

Il Consiglio comunale è un pugile suonato a tappeto, delegittimato nella forma e nella sostanza, sfiduciato da un’inchiesta che con la soglia dei 3 minuti ha diviso l’Aula in “cattivi”, “tendenzialmente cattivi”, “tendenzialmente buoni”. In ogni Palazzo della politica, sia esso a Palermo, a Roma che a Roccalumera, ogni esecutivo ha un contraltare politico che fa opposizione, quindi il Parlamento, l’Ars, il Consiglio comunale. Palazzo Zanca, con un’Aula per metà indagata e per l’altra metà potenzialmente e depotenziata sul piano della credibilità complessiva è un tavolo al quale manca una gamba, quella che detta l’indirizzo politico. Un siffatto consiglio non solo non è nelle condizioni di parlare di sfiducia ma non farà più alcuna opposizione. Peraltro poiché siamo in Sicilia e vige lo Statuto speciale, anche qualora si dimettessero tutti o la metà più uno, il Consiglio comunale verrebbe commissariato, non si andrebbe a nuove elezioni e la giunta avrebbe a che fare per il resto del mandato con un commissario che si limita a ratificare ogni atto. In pratica la giunta governerebbe da sola Palazzo Zanca. In entrambi i casi la squadra Accorinti ha un’opportunità che finora non ha mai avuto nessun predecessore: amministrare senza opposizione. Persino Buzzanca gli oppositori li aveva in casa, Crocetta li ha pure dentro i cassetti e Renzi deve fare i conti con Salvini, Grillo e fronde interne. A Palazzo Zanca con un Consiglio “sfiduciato” e delegittimato è un po’ come tirare un goal a porta vuota. Personalmente sono dell’idea che senza opposizione non ci sia democrazia. E questo vale anche per il migliore dei governanti, sia esso Gandhi o Nelson Mandela o il Papa. Ma oltre all’opposizione da adesso cadono anche gli alibi. Finora le responsabilità sono state addossate a quellicheceranoprima, i dirigenti, i consiglieri comunali, certa stampa, i messinesi (nel caso dei rifiuti ad esempio). Escludendo quellicheceranoprima perché sono cattivi a prescindere e per antonomasia, soffermiamoci sui partiti che si sono liquefatti. Il Pd ha un commissario che ha dato prova di non avere idea neanche del contesto e pensa di risollevare l’immagine del partito agli occhi dell’elettorato facendo una raffica di comunicati attribuendosi ogni sorta di risultato. Forza Italia è stata falcidiata dal divorzio con il Nuovo centro destra e in Sicilia si è appena ri-affidata al passato, con Miccichè nel ruolo del figliol prodigo. I colonnelli dell’ex Forza Italia sono tutti in casa Ncd che a sua volta si sta “fidanzando” con l’Udc. I Dr sono confluiti in Sicilia Futura e guardano al plenipotenziario renziano Faraone, ma non hanno ancora deciso cosa fare da grandi. Il M5S non ha una forte base a Messina, pur avendo eletto deputati a Roma e Palermo, dal momento che in città alle amministrative il voto movimentista e di protesta è andato ad Accorinti. Insomma i partiti non ci sono più, il Consiglio comunale è all’angolo, e con queste due assenze non ci sono più alibi per l’amministrazione né la possibilità di scaricare le colpe su altri responsabili.

A metà percorso le emergenze sono rimaste intatte, siamo attaccati alla canna dell’ossigeno per quel che riguarda il Piano di riequilibrio e come mendicanti dipendiamo da un verdetto che viene rinviato, la gestione dei rifiuti ed il costo sono sotto gli occhi di tutti, il caso Amam dimostra che una partecipata che fa acqua da tutte le parti non diventerà mai Cenerentola al ballo, non c’è una strategia di sviluppo, stiamo perdendo la possibilità di diventare protagonisti del processo verso la Città Metropolitana, ci limitiamo a fare battaglie di retroguardia su Piemonte, Camera di Commercio, Autorità portuale, Masterplan, accontentandoci di quel che riusciamo a strappare. Abbiamo perso tutti i “#ferribotte” per traghettare verso uno sviluppo diverso. Sono queste le sfide che l’amministrazione ha davanti e che deve vincere perché adesso i riflettori sono solo sull’unica squadra che è rimasta in campo.

Certo, poi c’è la stampa, ma per quella c’è chi pensa che bastino gli squadristi di facebook. Le campagne diffamatorie portate avanti su facebook da parte di gruppi che si dicono sostenitori del sindaco, nei confronti della redazione di Tempostretto, di alcuni colleghi “non allineati” su posizioni dell’amministrazione, della consigliera regionale dell’Ordine dei giornalisti Gisella Cicciò, non solo sono volte a minare la credibilità professionale, ma mettono a repentaglio la sicurezza personale e la serenità familiare.

C’è chi non vuole che Messina sia una città nella quale poter esercitare questa professione con libertà e serenità. La società editrice di Tempostretto non la pensa così e continuerà a battersi al fianco della redazione affinchè la libertà di stampa sia il principio cardine della democrazia. E lo farà in tutte le sedi opportune.

Rosaria Brancato