Aspettando l’ICO (imposta sul cetriolo dell’ortolano)

Non so voi, ma io con tutte queste notizie su Imu, Tares, Service Tax, Irpef, Irap, Iva, non ci sto capendo più niente. Ma una cosa mi è chiara: nella confusione ci scappa sempre, e indiscutibilmente, la fregatura.

Il trucco sta proprio in questo: spostare le tre carte velocemente e in continuazione così alla fine, per quanto stai attento, non riesci più a capire dove è quella sulla quale hai puntato ed immancabilmente è il tizio che fa il mazzo a vincere. In otto mesi è successo di tutto, a giorni alterni l’Imu è apparsa, scomparsa, ricomparsa, poi riscomparsa per riapparire con nuovi simpatici nomi. Quel che ho capito è che non sparisce mai per sempre. A volte, come si suol dire, ritornano. Intanto un risultato l’abbiamo incassato, o almeno così mi è parso di capire: per il 2013 niente Imu. E non per fare un favore ai milioni di italiani che nella casa hanno messo il sangue, ma per tenere in vita alcuni mesi in più il governo. Quindi nessuno scopo filantropico, almeno da parte di Letta, che dopo aver avversato la cancellazione del balzello, che invece è stato il vero e proprio leitmotiv di Berlusconi in campagna elettorale, glielo ha dovuto consegnare su un piatto d’argento pur di avere qualche mese in più di sopravvivenza. La cosa più comica è che, per chi ha memoria, l’Imu la voleva il vecchio governo Berlusconi. Strada facendo si sono invertite le parti e non solo il buon Silvio ha incassato un successo, ma è riuscito a far passare per cattivo Letta che ha dovuto, suo malgrado, togliere per il 2013 l’Imu, annunciando però che già ad ottobre, sforneranno la Service Tax. Non stiamo nella pelle per l’emozione…

In sostanza non abbiamo avuto neanche il tempo di un sospiro di sollievo per non dover pagare la tassa sulla casa che già arriva il lampo che annuncia il temporale. Tra l’altro non abbiamo nessuna certezza che nel 2014 non venga rispolverata la vecchia Imu, cambiandole il nome, perché non riescono a trovare la copertura finanziaria. Ed infatti è vero che la legge è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale ma sulla copertura dobbiamo attendere la legge di stabilità. Si vocifera che potrebbero aumentare l’entità degli acconti su Irpef e Irap. Non si sa mai cosa può uscire da certi cilindri. Lo stesso Berlusconi quando ha scoperto che l’aver tagliato l’Imu ha resuscitato un’imposta sulle seconde case si è infuriato al punto che ieri i due articoletti che riesumavano la salma sono scomparsi dal testo finito sul tavolo di Napolitano. Inutile che sospiriamo di sollievo, non correte a spendere i soldi che avevate messo da parte per la rata Imu. Il 15 ottobre infatti verrà svelato l’arcano sulla SERVICE TAX. Al momento è solo un’entità inquietante che non sappiamo quali forme potrà assumere nei prossimi 45 giorni, ma un sospetto sul fatto che non sarà zucchero e miele è legittimo. Pare graverà sul fatto stesso che noi occupiamo un immobile, a qualsiasi titolo, sia esso una capanna su un albero, che un loft con vista sul Colosseo, la vecchia casa ereditata dal nonno che si è fatto un mazzo così tutta la vita, o l’appartamento ottenuto “a nostra insaputa”. Sembra che la service tax sia composta di due sottotasse: TARI E TASI. Le due gemelline sono dispettose, la Tari è una sorta di Tares 2 la vendetta, chi occupa un immobile dovrà pagare per i rifiuti che produce. Ma è divisibile, nel senso che se occupi un ristorante e produci una montagna di rifiuti pagherai di più. La Tasi è ancora più dispettosa della sorella: poiché occupi un immobile devi pagare i servizi indivisibili come l’arredo urbano, la pubblica illuminazione o la manutenzione delle strade. Meno male che l’aria non viene erogata da alcun ente altrimenti saremmo costretti a pagarla in quota parte. La Service tax sarà affidata ai Comuni che dovranno stabilire le tariffe e i criteri. Se viviamo ad esempio in un Comune dove l’arredo urbano sono le sterpaglie, l’illuminazione è un’optional e le strade un camel trophy (ovviamente non c’è alcun riferimento a fatti realmente accaduti) e l’amministrazione ritiene di avere i giardini di Babilonia e una manutenzione in stile Japan, la tariffa salirà alle stelle. L’avvisaglia della Service Tax è la neonata Tares. Il principio è lo stesso della Tasi: paghi oltre al rifiuto anche il servizio. A Messina il Comune sborsa 40 milioni di euro l’anno per raccolta e smaltimento dei rifiuti. Visti i risultati c’è da chiedersi come sia potuto accadere. Con 40 milioni di euro l’anno ci dovremmo aspettare che vengano a sparecchiarci la tavola dopo pranzo e portino via la spazzatura. Il guaio è che con la Tares i costi aggiuntivi del servizio graveranno sulle nostre tasche. Paghi per qualcosa di invisibile (e che puzza pure). Certo con la Tares chi differenzia risparmia, ma sarà dura fare la raccolta differenziata in una città dove ancora siamo all’anno zero ed alla politica del buco per terra. Infine l’Iva. Già a luglio doveva essere aumentata di un punto (dal 21% al 22%). Poi il governo ha congelato il fattaccio fino a settembre. Adesso Berlusconi annuncia battaglia per evitare l’aumento. L’Iva la paghiamo tutti, perché non grava solo sullo champagne, il caviale o sulle auto di lusso. E’ spalmata ovunque. E se io commerciante o imprenditore spendo un capitale per l’Iva state certi che in un modo o nell’altro mi rifaccio. Su chi? Tirate a indovinare… Berlusconi vincerà anche questa battaglia, e Letta, che avrà così conquistato altri due mesi per il governo, s’inventerà qualcos’altro per recuperare le somme. Insomma la campagna elettorale della nuova Forza Italia la sta facendo il governo Letta. Con successo.

Quanto a me non ho capito quanto e quando e come dovrò pagare per la mia casa pagata con mutuo quindicennale, se dovrò sperare che non curino più il verde sotto casa per risparmiare o se dovremo proporre al Comune di spegnere le luci la sera per evitare sprechi. Come quando sgrido mio figlio che lascia le luci accese in tutte le stanze nelle quali entra. Non so da oggi a dicembre quante e quali tipi di tasse verranno fuori, ma ho una certezza: nel gioco delle tre carte vincono loro. Basta cambiare il nome alle cose. L’Ici diventa Imu, poi Service Tax. Come diceva Eraclito “niente si crea niente si distrugge tutto si trasforma”. O, come diciamo noi siciliani molto più semplicemente “Chiamala come vuoi sempre cocuzza è”. E per restare in tema ortofrutticolo, con l’aria che tira mi aspetto che da un giorno all’altro spunti l’l’ICO, l’imposta sul cetriolo dell’ortolano. Gli ortolani, manco a dirlo, siamo noi, che in un modo o nell’altro, con un nome dell’imposta o un altro paghiamo. Sempre.

Rosaria Brancato