Anche per la Corte dei Conti il Comune è a rischio default

Non c’è pace per i conti del Comune di Messina, considerati disastrosi e sull’orlo del dissesto anche dalla Corte dei Conti, che di fatto conferma i “timori” del commissario Luigi Croce (vedi correlato.) Con ordinanza emessa il 18 settembre scorso, l’organo di controllo ha convocato l’ente all’adunanza fissata per il prossimo 26 settembre, anticipando però nel documento le osservazioni del magistrato istruttore Francesco Albo, sulle misure correttive elaborate dalla giunta Buzzanca e dal consiglio comunale, per evitare il fallimento. Osservazioni che sanno di sonora bocciatura. Nelle undici pagine del documento recapitato a Palazzo Zanca, infatti, la Corte dei Conti boccia le strategie “salva-conti” contenute in due diverse delibere approvate dal Consiglio comunale: la delibera17/C avente ad oggetto gli indirizzi e le misure correttive sul bilancio di previsione 2011 e la delibera 18/C sui correttivi di finanza locale in adeguamento ai rilievi della Corte dei Conti.

Gli atti in questione avrebbero dovuto contenere soluzioni adeguate a superare le criticità evidenziate dall’organo di controllo nel dicembre 2011, tra cui spiccavano: «il mancato allineamento delle scritture contabili dell’ente e delle società partecipate»; l’elevato importo dei debiti fuori bilancio, quelli accertati ma soprattutto quelli da riconoscere al 31 dicembre 2010 (oltre 44 milioni di euro), «con ulteriore presenza di passività potenziali»; la protratta insolvenza dell’amministrazione comunale con riferimento ai debiti già riconosciuti; ed il continuo ricorso ad anticipazioni di tesoreria». Tuttavia, secondo la Corte dei conti, le risposte fornite dal Consiglio comunale sono insufficienti.

Nell’ordinanza del 28 settembre viene infatti evidenziato che, nella delibera 17/C, il Consiglio si limita a prendere atto delle criticità messe in luce dalla Corte conti e delle misure medio tempore adottate dall’amministrazione comunale e fornisce una serie di indirizzi generali finalizzati all’incremento di entrata. Durissime le considerazioni dell’organo di controllo: «si tratta di linee di indirizzo difficilmente valutabili per il loro elevato livello di genericità, o addirittura difficilmente configurabili per il carattere obbligatorio e doveroso dell’attività da porre in essere (ad es. il recupero di poste creditorie di pertinenza dell’ente». In pratica, la Corte dei Conti sta sottolineando che dire che il Comune deve riscuotere i crediti è come scoprire l’acqua calda, tanto sembra essere ovvio e banale.

Non viene giudicata in maniera positiva neanche l’altra delibera approvata dall’organo consiliare, la numero 18/C, che per fare cassa ed aumentare le entrate puntava sul Piano di dismissione immobiliare i cui introiti – secondo quanto previsto dall’atto deliberativo – devono servire a ridurre prima e coprire poi anche le passività per le transazioni con le società partecipate e con l’Ato3 . Secondo la Corte dei conti, nonostante « le valutazioni ottimistiche», il piano dismissioni si è rivelato un fallimento , come peraltro si evince dalla relazione del dirigente del dipartimento espropriazioni n.80893 del 20 marzo 2012, che riporta numeri inequivocabili ( 22 gare deserte a fronte di 30 gare esperite, che coinvolgono 11 dei 16 immobili inseriti nel paino di alienazioni) ed attesta l’assoluta esiguità degli introiti effettivamente accertati ( euro 2.612.206, 90) e riscossi (2.332.111,90) rispetto a quelli previsti , stimati in oltre 40 milioni di euro. Un vero buco nell’acqua. Così come tale può essere definito anche il “Piano triennale di rientro dal debito” contenuto sempre nella delibera 18 /C , che costituisce un provvedimento programmatico vincolante per il bilancio previsionale 2012 e per il pluriennale 2012-2104 e che, nelle intenzioni dell’amministrazione, doveva servire a superare l’eventuale crisi di liquidità derivante dai mancati introiti legati al piano di dismissioni attraverso una serie di misure definite “strutturali”. Per la Corte dei conti, il piano è semplicemente fumo negli occhi: innanzitutto perché «è sprovvisto del parere dell’organo di revisione economico finanziaria, che si ritiene necessario» e poi perché non considera i debiti fuori bilancio , che alla data del 31/12/2011 ammontano ad oltre 60 milioni di euro, cifra che comprende anche quelli non ancora riconosciuto dal Consiglio comunale. In altre parole, la Corte dei conti sottolinea che non è possibile varare un piano di rientro senza considerare tutte le passività ed aggiunge, dando un’ulteriore mazzata, che «l’esposizione debitoria complessiva, in realtà risulta ben più elevata ove si considerino tutte le passività nei confronti delle società partecipate, rispetto alle quali sembra emergere un evidente disallineamento tra la contabilità dell’ente e quello degli organismi presi in considerazione».

Che fine farà il Comune? La patata bollente adesso è nelle mani del commissario Croce, ma è evidente che le responsabilità sono soprattutto di chi lo ha preceduto, l’ex sindaco Giuseppe Buzzanca, che meno di un mese fa ha salutato la città dicendo di aver completato il suo programma. Affossare economicamente il Comune rientrava tra i suoi piani? .(Danila La Torre)