Ufficio stampa del Teatro Vittorio Emanuele: quando la rivoluzione usa vecchi metodi

Cambiare è una parola più facile a dirsi che a farsi. E il caso dell’ufficio stampa del Teatro Vittorio Emanuele, non ancora ufficializzato ma a quanto pare già ai nastri di partenza, è finito nella bufera.

L’Ente infatti, nonostante sia figlio della “sbandierata” rivoluzione dal basso, sembra abbia deciso di affidare gli incarichi relativi all’ufficio stampa senza alcuna selezione, scordandosi la legge 150 del 2000 che riguarda la comunicazione negli Enti pubblici che ormai per noi giornalisti è diventata una “leggenda metropolitana” perché 14 anni dopo l’emanazione è come se non fosse mai esistita.

Sei giornalisti hanno quindi predisposto un comunicato di protesta ed aperto un gruppo su Facebook contestando il metodo adottato dai vertici dell’Ente e chiedendo l’applicazione della legge 150 che prevede una selezione pubblica.

Il fatto che i vertici del Vittorio Emanuele abbiano pensato di non ricorrere ad un bando per l’ufficio stampa non ci stupisce, perché neanche per un attimo abbiamo pensato che la giunta Accorinti, quanto a consulenze ed incarichi, avrebbe cambiato sistema rispetto al passato. Fatto questo anche legittimo, ma non si capisce perché quando a nominare persone vicine a chi amministra sono stati quelli del passato allora era sbagliato, adesso che lo fanno regolarmente i nuovi eletti è giusto. Quindi non ci siamo stupiti quando sono stati nominati esperti e consulenti né in occasione di incarichi di vario genere. Del resto Maurizio Puglisi presidente è figlio della stessa logica, così come il sovrintendente Vittorio Saija ed i direttori artistici, scelte di grande spessore e competenza. Quel che infastidisce è il voler per forza convincerci del fatto che se questo metodo viene utilizzato da questa amministrazione è di per sé corretto, mentre questa tesi non vale per il passato. Che l’Ente voglia scegliersi l’ufficio stampa che gli aggrada senza procedere con una selezione, lo faccia pure, in barba alla legge 150 così come hanno fatto i predecessori, ma allora poi la si smetta di dire che “stiamo cambiando” e che questa è rivoluzione.

Ecco il documento firmato dai 6 giornalisti: Fabio Bonasera, Rosalba Garofalo, Palmira Mancuso, Marco Oliveri, Elisabetta Raffa e Patrizia Vita.

“La presentazione ufficiale della nuova stagione del Teatro Vittorio Emanuele di Messina ha visto l’invio nelle redazioni di comunicati stampa ancora senza firma. Una stagione ricca di buoni propositi e che punta sulla comunicazione. Gli abbonati avranno infatti l’opportunità di ricevere una rivista (in formato cartaceo), nella quale troveranno tutte le informazioni utili e le ultime notizie sugli attori che calcheranno le scene, sui laboratori in corso e su ogni altra iniziativa culturale dell’Ente Teatro.

Fin qui tutto potrebbe apparire normale. Ma non è così. L’ente sembrerebbe avere escluso il criterio di trasparenza, tanto sbandierato da questa amministrazione, proprio nell’ambito della comunicazione. Ė lecito infatti domandarsi se sia vero ciò che scrivono alcune testate. Ovvero, che sia la direzione della nuova rivista del Teatro, sia l’Ufficio Stampa, siano già stati assegnati e manchi solo l’ufficializzazione. Tutto ciò in assenza di un bando pubblico e senza permettere a nessun giornalista, che avesse avuto questa intenzione, di poter partecipare alla selezione.

Ricordiamo, infatti, che l’Ente Teatro Vittorio Emanuele è il più significativo ente pubblico di natura culturale del nostro territorio, nel cui tavolo decisionale siedono Regione, Provincia e Comune. Perché siamo costretti a ricordarlo? Perché quando si tratta di destinare soldi pubblici, bisogna attenersi a delle regole, che al momento non appaiono essere state rispettate.

Il caso è evidente. L’amministrazione dell’Ente, stante le evidenze, sta cercando di eludere la legge 150 del 2000 e di realizzare un ufficio stampa sotto mentite spoglie.

In particolare l’appello al buon senso, se ancora in tempo, deve riferirsi all’applicazione dell’articolo 9 che riguarda per l’appunto l’ufficio stampa. (1. Le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, possono dotarsi, anche in forma associata, di un ufficio stampa, la cui attività è in via prioritaria indirizzata ai mezzi di informazione di massa. 2. Gli uffici stampa sono costituiti da personale iscritto all'albo nazionale dei giornalisti. Tale dotazione di personale è costituita da dipendenti delle amministrazioni pubbliche, anche in posizione di comando o fuori ruolo, o da personale estraneo alla pubblica amministrazione in possesso dei titoli individuati dal regolamento di cui all'articolo 5, utilizzato con le modalità di cui all'articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, nei limiti delle risorse disponibili nei bilanci di ciascuna amministrazione per le medesime finalità.

3. L'ufficio stampa è diretto da un coordinatore, che assume la qualifica di capo ufficio stampa, il quale, sulla base delle direttive impartite dall'organo di vertice dell'amministrazione, cura i collegamenti con gli organi di informazione, assicurando il massimo grado di trasparenza, chiarezza e tempestività delle comunicazioni da fornire nelle materie di interesse dell'amministrazione.

4. I coordinatori e i componenti dell'ufficio stampa non possono esercitare, per tutta la durata dei relativi incarichi, attività professionali nei settori radiotelevisivo, del giornalismo, della stampa e delle relazioni pubbliche. Eventuali deroghe possono essere previste dalla contrattazione collettiva di cui al comma 5.

5. Negli uffici stampa l'individuazione e la regolamentazione dei profili professionali sono affidate alla contrattazione collettiva nell'ambito di una speciale area di contrattazione, con l'intervento delle organizzazioni rappresentative della categoria dei giornalisti. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
)

Senza alcun tipo di bando, senza aver coinvolto lo stesso Ordine dei Giornalisti, il “nuovo corso” parte nel peggiore dei modi. E non ce ne vogliano i colleghi coinvolti, che magari sarebbero anche più capaci di altri nel vincere una gara, nel proporre un progetto. Ma non possiamo far passare sotto silenzio un modus operandi che rappresenta il cancro della società: la gestione del potere ad personam cozza contro le dichiarazioni di principio di quella che si propone come nuova e migliore classe politica, libera e centrata sul merito. Non è un problema di persone. Ė un problema di metodo, di regole, di trasparenza.

Per aderire al gruppo Giornalisti per la Legge 150 del 2000: https://www.facebook.com/groups/1488855111373462/

La redazione di Tempostretto si unisce alla battaglia dei colleghi, nella speranza e con l’augurio che il termine “cambiare” diventi un’azione e non un modo di dire.

Rosaria Brancato