Da 6 mesi a 2 anni di ritardo stipendi. Giovedì la protesta Ipab alla Regione

Le Ipab queste sconosciute. Forse da giovedì prossimo lo saranno un po’ di meno. E’ quanto sperano l’Ares/Ipab e l’Ansdipp – le due associazioni che rappresentano rispettivamente gli organi politici e quelli manageriali delle strutture socio-sanitarie siciliane – che per giovedì 14 novembre hanno convocato una manifestazione regionale di protesta, coinvolgendo nell’agone della lotta anche la Funzione pubblica di Cgil, Cisl e Uil e l’Anci/Sicilia. L’appuntamento è fissato per le ore 10 in piazza d’Indipendenza a Palermo, proprio di fronte a Palazzo d’Orleans.

Partiamo dall’acronimo: Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza. La piattaforma per salvare le Ipab e con esse il welfare siciliano è stata stilata. In cima alla lista, ovviamente, l’approvazione del disegno di legge di riordino del settore, ad ogni elezione rilanciato dal candidato di turno – buon ultimo Rosario Crocetta – ma mai concretamente portato avanti. Si tenga conto che la legge vigente risale al 1986. La razionalizzazione del comparto, premiando e valorizzando le strutture virtuose, a discapito di quelle inattive, che gestiscono solo patrimoni immobiliari. L’immediata erogazione del contributo previsto dalla legge regionale 71/1982, necessario all’applicazione degli oneri derivanti dall’applicazione del Ccnl e certamente non nelle misure degli ultimi anni (20/25% delle spese sostenute), ma come avviene negli altri assessorati, perché anche quelli delle Ipab sono dipendenti pubblici e come tali vorrebbero lo stipendio puntuale. Per fare questo, però, è importante considerare le Ipab come attori della programmazione regionale del sistema integrato d’interventi e servizi sociali, grazie alla qualità di quelli già conferiti a favore di anziani, minori, disabili e immigrati. In tutta la Sicilia ci sono circa 2.000 operatori, con ritardi molto gravi nel pagamento degli stipendi (si va da 6 mesi a 2 anni) che, nonostante questo, continuano ad offrire i loro servizi alle fasce più deboli della società.

Dalla città dello Stretto è prevista una massiccia partecipazione degli operatori della Casa di ospitalità Collereale, lo storico ospizio fondato nel 1828, per volere del generale borbonico Giovanni Capece Minutolo, che oggi accoglie 160 anziani e dà lavoro a circa 120 unità.