Siccità,Messinambiente, Derivati, Masterplan, Gettonopoli. E alla fine c’è la Fiaccolata della speranza

Prima di iniziare la rubrica domenicale il mio pensiero va ai 129 morti ed agli oltre 350 feriti di Parigi. Va all’orrore negli occhi dei ragazzi nella sala concerto, giustiziati uno per uno, a quel che hanno pensato mentre vedevano morire chi gli stava accanto prima che venisse il loro turno. Va a quanti sono usciti un venerdì sera per andare al ristorante, allo stadio, al concerto, e sono finiti annegati nell’odio. A quelle vite che non ci sono più va la mia vita di oggi, affinchè ognuno di noi riesca a dare valore ad ogni singolo istante, senza lasciare mai che un giorno passi senza averlo riempito di tutto.

Voglio iniziare la rubrica di oggi dalla fine. Da ieri pomeriggio, dalla Fiaccolata della speranza che ha attraversato in silenzio una parte di Messina. Ad aprire il corteo c’era un gruppo con i berretti gialli. Non è una bandiera politica, un movimento, un’associazione, erano i coraggiosi del Birrificio Messina, simbolo vivente della speranza che si fa carne e realtà. Dietro loro, circa 400 persone, anche se via via il numero è diminuito, ma è già un successone considerando gli standard di Messina. Con le fiaccole in mano c’erano Michele, Alessandro, Marco, Saro, Francesca, Sebastiano, Elisabetta, Leonardo, c’ero io. Ognuno con un ruolo diverso ma tutti lì come messinesi, senza rappresentare altro se non una persona che spera e non si rassegna alla rassegnazione. Alfredo a fine corteo ha letto un breve documento che iniziava così: “Signor sindaco e signor prefetto oggi la nostra è una città che ha sete di…normalità”. Ed è questa la sete più grande che oggi abbiamo, più ancora dell’acqua che manca dai rubinetti.

Dalla fine torniamo quindi al principio. Sono stati giorni convulsi, la crisi idrica è poi sfociata in una 3 giorni di inchieste e colpi di scena.

All’inizio c’è l’emergenza idrica, con le immagini della gente in fila alle autobotti trasmesse ormai in tutte le reti ed una gestione imbarazzante poi affidata per decisione del governo ad un commissario. Chi vi scrive è al giorno numero 20 senz’acqua. Venerdì, sono arrivati i vigili del fuoco e l’hanno immessa nei serbatoi, ma dalla rete dell’Amam finora a noi poveretti del Quartiere Lombardo non è arrivata una goccia. Come sia accaduto che nel 2015 una città resti senz’acqua per quasi un mese e piombi nella guerra del bidone e nel mercato nero resterà un mistero. Certo è che abbiamo fatto ridere e inorridire l’Italia. Mentre appunto l’Italia rideva e inorridiva ci sono stati 3 giorni in cui è successo di tutto.

La prima inchiesta è stata quella su rifiuti e mazzette ed ha portato a 5 arresti ed alla dettagliata analisi di come Messinambiente fosse diventata una macchina mangiasoldi. Le partecipate gestite come Bancomat. A seguire c’è stata l’inchiesta sulla finanza derivata, che ha coinvolto l’ex sindaco Buzzanca e 7 funzionari. Infine lo scandalo Gettonopoli con 23 consiglieri comunali indagati (per altri 6 la posizione è stata stralciata) dei quali 12 hanno l’obbligo di firma al posto fisso dei vigili urbani del Comune prima e dopo le Commissioni alle quali intendono partecipare. Nel mezzo, giusto per non farci mancare nulla, c’è stato lo strano caso dell’esclusione dal Masterplan, o Piano del sud.

Tutto in una settimana. Roba che in una normale cittadina del nord ci riempiono i giornali di 3 anni, non di 7 giorni. Prima di soffermarmi sul Masterplan torno indietro a Gettonopoli. L’inchiesta pone la pietra tombale sulla mozione di sfiducia che fino a pochi giorni prima, sull’onda dell’emergenza idrica, stava andando concretizzandosi. L’indagine consegna alla città un consiglio comunale delegittimato e privo di credibilità, chiudendo definitivamente il capitolo sfiducia.

L’operazione infatti mina la credibilità dell’intero consiglio, al di là del fatto che più della metà dei 40 sono finiti nell’inchiesta. Gli indagati sono 23 (più 6 stralciati), i sottoposti ala firma sono 12. Il discrimine, cioè la soglia individuata dai magistrati dal momento che non c’è alcuna norma che la preveda, sono stati i 3 minuti. In sintesi chi resta in commissione meno di 3 minuti è un delinquente, chi resta 3 minuti e 25 secondi, piuttosto che 4 o 5 minuti, è un bravo consigliere. I 3 minuti demarcano la soglia tra un comportamento eticamente e giuridicamente riprovevole ed un comportamento eticamente e giuridicamente corretto (e chi arrivava a 3 minuti dalla fine della seduta firmava e poi si alzava insieme a tutti gli altri?). Alla domanda fatta in conferenza stampa: ma perché non avete deciso una soglia di 4 o 5 minuti? La risposta è stata: perché se avessimo alzato a soglia a 4 minuti il numero degli indagati sarebbe stato più ampio. Stando a queste dichiarazioni ci sono quindi, oltre ai 23 almeno altri potenziali disonesti che non rientrano nell’inchiesta dal momento che i magistrati hanno voluto evitare un numero più ampio, il che non rassicura affatto e soprattutto rende delegittimato l’intero consiglio. A ciò occorre aggiungere che la Regione ha portato avanti un’altra inchiesta ed ha già chiesto ai capigruppo la restituzione dei gettoni di presenza incassati indebitamente in violazione della norma.

Quindi in una settimana ci ritroviamo un’amministrazione in seria difficoltà per le carenze nella gestione dell’emergenza ed un consiglio delegittimato.

Un consiglio “sfiduciato” nei fatti non presenterà alcuna mozione di sfiducia per non sentirsi replicare: “da che pulpito viene la predica”. Mandare il sindaco a casa sarebbe un boomerang, farebbe una campagna con lo slogan “Sfiduciato da un gruppo di indagati”. In futuro i componenti di un’Aula in gran parte delegittimata difficilmente la trasformeranno in un campo di battaglia e doseranno ogni parola, ogni contestazione, ogni comportamento. In un clima di tensione chi voterà materialmente atti che comportano la responsabilità amministrativa di chi li approva (come ben sanno i consiglieri indagati delle scorse legislature)?

Torniamo allo strano caso del Masterplan. Dapprima ci sono state 24 ore di strepiti per via dell’esclusione di Messina dal Piano del sud. Poi, magicamente, in 24 ore, Messina è apparsa nell’elenco pubblicato nel sito del Ministero senza neanche una comunicazione ufficiale. Il giorno prima non c’era, il giorno dopo sì. Punto. Dopo la magia silenziosa è scoppiata una gara tra quanti si son voluti attribuire il merito dell’inclusione. Deputazione e amministrazione si sono contesi l’onore. Il tenore dei comunicati del commissario del Pd Carbone negli ultimi 10 giorni ha fatto ipotizzare che grazie a lui il governo ha dichiarato lo Stato di emergenza, ha inserito Messina nel Masterplan, sta per approvare il Piano di riequilibrio ed infine sempre grazie a lui si è risolto il problema della fiducia (mancava solo che grazie a lui Messina ha scoperto l’uso del fuoco e della ruota ed eravamo a posto). Ho il timore che la riammissione di Messina nel Piano del sud sia opera di un “signor Mario Rossi” che è il web master del sito, e che il problema non sia affatto risolto. Non è la presenza nell’elenco che ha risolto il problema o cancellato lo schiaffo. Non basta dire: che bello, siamo nel Masterplan. Messina non ha presentato progetti per quel Piano per il sud. ll problema di una città scartata si risolve con i fatti. Altrimenti così come ci hanno inseriti in 24 ore, tra un mese ci cancelleranno di nuovo perché nel frattempo ci saremo dimenticati di presentare i progetti.

Penso che il problema di una città scartata sia questo. Evitiamo di risolvere i problemi, sorvoliamo sulla parte concreta dei fatti. Ci distraiamo dalla sostanza.

L’inchiesta su Messinambiente ha svelato il malaffare più vergognoso. Ma non ha risolto i problemi sulla gestione dei rifiuti. L’arrivo miracoloso dell’acqua nei rubinetti non risolverà il problema dell’erogazione. Ci limitiamo a mettere le toppe, a turare le falle invece di risolvere il problema. Quando la Protezione civile, l’Onu, la Nato e via dicendo se ne andranno noi resteremo soli con il sindaco di Calatabiano, con una condotta del Paleolitico, senza Alcantara e con un CONTO SALATISSIMO CHE PAGHEREMO NOI. Essere nel Masterplan non equivale a sapere come utilizzarne le potenzialità. Aver arrestato chi ha rubato non equivale alla soluzione della discarica di Pace o alla fine dell’emergenza rifiuti. I problemi devono essere risolti.

E qui arriviamo alla fine. A quei messinesi senza cognomi né bandiere che hanno sfilato. “Messina più che mai oggi ha bisogno dei messinesi” concludeva il documento. L’unica risposta è la speranza. La mia candela si è spenta diverse volte mentre camminavo e ho chiesto a chi mi era vicino di accenderla. La speranza è così. A volte si fa sottile e si spegne. Ma bisogna sempre avere la forza e il coraggio di chiedere a chi hai accanto di darti una mano. Scriveva il mio maestro, Nichiren Daishonin: se accendi una lanterna per un altro anche la tua strada ne sarà illuminata.

Rosaria Brancato