Io sto con gli anziani di Casa Serena. Je suis nonna Peppina e l’operatore Pippo

Quanto accaduto nelle scorse settimane a Casa Serena è una vicenda con una doppia valenza simbolica. Da un lato è il simbolo di una gestione dei servizi sociali in continuità con il passato dall’altro è il simbolo di come la degenerazione del sistema delle cooperative abbia creato un gioco perverso che viene pagato da utenti e lavoratori.

Lo dico subito a scanso di ogni equivoco: io sto con gli anziani. Questo non vuol dire che sono contro i lavoratori, è ovvio che non è così, ma i dipendenti hanno un sindacato che tutela i loro diritti. Gli anziani, a parte angeli custodi che grazie al cielo non mancano mai, non hanno un sindacato che difenda i loro diritti, sono “nudi e muti”. Trovo vergognosa questa guerra silenziosa che si sta creando e in base alla quale se denunci le condizioni degli anziani automaticamente sei contro i lavoratori e trami per la chiusura di Casa Serena. Non è con il silenzio che si costruisce un Paese civile. Ho imparato sin dai banchi di scuola che il silenzio è complicità. Quindi, per dirla come va di moda in queste settimane di solidarietà internazionale “Je suis nonna Peppina” e sento su di me il gelo di quel 1 gennaio quando Messina si è svegliata sotto la neve e gli ospiti di Casa Serena erano senza riscaldamenti e senza acqua calda e questo nonostante i caldaisti avessero avvisato la cooperativa in anticipo del fatto che il gasolio sarebbe finito. Non è colpa dei lavoratori di Azione sociale che invece danno il meglio a costo di ogni sacrificio ma le condizioni degli ospiti sono tali che le responsabilità vanno individuate e dette ad alta voce. A novembre la deputata regionale del M5S Valentina Zafarana ha effettuato una visita e ne ha tratto le ovvie considerazioni. A lungo si è poi levata alta la voce di denuncia dell' Orsa sulle condizioni di estremo disagio e invivibilità che si registrano nella struttura. Poi grazie ad un sms che era il grido d’aiuto di un anziano all’ex esperta del Comune Angela Rizzo si è scoperto che il gasolio era finito, che la cooperativa lo sapeva, ma non aveva provveduto in tempo e il 1 gennaio gli anziani sono rimasti al freddo. Così la presidente della Commissione servizi sociali Donatella Sindoni, e i consiglieri Daniele Zuccarello, Daniela Faranda e Carlo Abbate hanno fatto un’ispezione ed hanno scattato le immagini di una realtà che fa stringere il cuore. Alla fine solo Sindoni e Zuccarello hanno deciso di raccontare quanto visto nel corso di una conferenza stampa resa rovente da un clima allucinante che mette contro i diritti degli anziani e quelli dei lavoratori. Se dici che le condizioni degli anziani sono indecorose,i bagni da terzo mondo, i corridoi bui, l’umidità si sta divorando l’anima di Casa Serena, i riscaldamenti funzionano solo due ore al giorno automaticamente sei accusato di voler chiudere la struttura. Ma che civiltà è quella in cui si scatena ad arte una guerra tra soggetti deboli? Che comunità siamo se si suggerisce a due consiglieri comunali di stare zitti perché altrimenti “hai sulla coscienza il licenziamento dei lavoratori?” Perché un diritto deve escludere l’altro? Se vince il silenzio i veri responsabili la faranno sempre franca. Quale diritto deve essere tutelato più di un altro? Il diritto ad un’assistenza dignitosa o quello al lavoro? Entrambi. Ma il silenzio fa sì che entrambi i diritti saranno calpestati perché se un lavoratore cala la testa sette centimetri il primo giorno sarà poi costretto a calarla dieci centimetri il terzo giorno, fino a quando non l’alzerà mai più. A me non indigna soltanto il fatto che per uno o due giorni, nonostante le segnalazioni tempestive, Casa Serena sia rimasta al gelo. Indigna il fatto che ogni giorno, per tutti i mesi invernali il riscaldamento e l’acqua calda vengano garantite due ore. E lo sappiamo tutti. Lo sa l’amministrazione, lo sa la cooperativa, lo so io che sto a casa mia con l’acqua calda a tutte le ore e accendo il condizionatore quando mi pare. Calore e acqua calda vengono erogati con tali ristrettezze perché, di proroga in proroga, (22 in 24 mesi) c’è l’esigenza di razionare soldi e lavoro. Casa Serena è come la grotta dove gli anziani sono costretti a comprare le stufe perché bue e asinello da quelle parti non se ne vedono. L’amministrazione non si è fatta vedere. Gli ospiti di Casa Serena sono quelli che non possono avere la badante o una vecchiaia in una Casa a 5 stelle, sono gli ultimi. Un’amministrazione che ha messo gli ultimi al primo posto ha il dovere di risolvere questa vicenda e lo deve fare mantenendo in vita questa struttura non lasciandola agonizzare fino a quando morirà anche l’ultimo vecchietto. Non può lavarsene le mani. La deve rendere “appetibile” come lo era fino a pochi anni fa.

Invece l’assessore ai servizi sociali Mantineo dopo aver annunciato la rivoluzione non cambia una virgola del sistema e percorre le stesse strade dei suoi predecessori. E qui andiamo al sistema delle cooperative. A Casa Serena sono gli stessi lavoratori a lamentarsi del fatto che non hanno garantita la cessione del quinto, ricevono gli stipendi con enorme ritardo e poi c’è la nuova moda della “coperta corta”. Poiché i bandi non riescono a garantire risorse per tutto il personale in organico i dipendenti donano parte delle ore in modo da “lavorare meno lavorare tutti”. A Casa Serena per esempio servono 40 operatori ma l’organico è di 52 (per 40 anziani) pertanto si è adottato il sistema della coperta corta. Il problema però come denunciano gli stessi lavoratori è che ci sono “almeno 8 persone” che sul posto di lavoro non si vedono mai. Il sistema della coperta corta si sta adottando in quasi tutti gli altri bandi del settore. Lentamente il sistema è degenerato in un modello “perverso” che nulla ha a che vedere con le intenzioni di chi lo ha voluto e pensato. Nel rimpastino delle coop avviato dall’assessorato ad inizio 2015 c’è stato un valzer, come nello scacchiere. La pedina- cooperativa A si è spostata nella casella B, la pedina-coop C si è spostata nella casella D e via dicendo. A pagare sono i lavoratori che per garantire il posto a tutti rinunciano a ore già ridottissime per consentire che il magro stipendio in ritardo arrivi a tutti. Addirittura c’è un caso in cui la coop Vivere Insieme, del consorzio Progetto Vita ha vinto con il 100% del ribasso. Escludo che la coop conti di vincere all’Enalotto per sopperire alla mancanza di risorse o punti sulla beneficenza dei messinesi, la conseguenza di questo ribasso che avviene sulle spese comprimibili la pagano gli utenti, ovvero i più deboli, con un servizio al limite della decenza.

Questo è il sistema delle coop caro assessore, e fare finta di non saperlo, fare bandi per un anno, adottare la “coperta corta” non è una rivoluzione è un rammendo, un rattoppo di quel che c’è. Le lavoratrici dell’asilo che negli ultimi anni hanno potuto godere di una coop come La Garderie che è scappata a gambe levate quando ha letto i termini del nuovo bando, non lo diranno mai apertamente ma sanno che quei diritti se li possono scordare. E i lavoratori di Azione sociale, costretti a stare zitti su certe cose e a erogare magari di nascosto mezz’ora di calore in più ai nonnini sanno che non hanno altra scelta perché il sistema degenerato è diventato una gabbia. Fa rabbia sapere che in tanti casi di “coperta corta” c’è chi rinuncia a stipendio e ore per consentire che altri prendano uno stipendio che non hanno mai sudato e che sono stati assunti per mille motivazioni tranne che per la competenza o specializzazione. L’istituzione dei servizi sociali è stata impallinata da una politica (peccato che non esista una “p” ancora più minuscola con la quale iniziare questa parola) che ha avuto l’acquolina in bocca quando ha sentito odore di clientelismo ed è entrata a gamba tesa senza mai più uscirne. Mantineo ha detto che occorre distinguere le coop buone da quelle cattive. Concordo. Allora lo faccia. Vigili. Chieda agli operatori quanto prendono realmente di stipendio, ogni quanto, se hanno la tredicesima, il tfr, verifichi chi lavora e chi no. So bene che quando c’è fame di lavoro si accetta di tutto ma a volte siamo alla sindrome di Stoccolma che vede lavoratori e utenti abbracciati in un’unica prigionia sotto lo stesso aguzzino. Le cooperative sono servite da uffici di collocamento e da bacini elettorali a vita e troppi posti sono stati dati a chi non è fisioterapista, assistente, infermiere, giardiniere, caldaista, cuoco, è solo un figlio di o amico di. Questa persona copre una casella togliendo spazio e stipendio ad altri, e quel che è peggio toglie qualità del servizio. E più le risorse diventano esigue più a pagare è il figlio di nessuno. Per questo io sto con gli anziani. Je suis nonna Peppina ma Je suis anche l’operatore Pippo invecchiato incatenato ad un carro che arranca.

E mi fa schifo che nell’ipocrisia di questa Messina affamata di giustizia sociale si debba avere timore di denunciare quel che si è visto a Casa Serena , dire che non è un posto per anziani né un posto dove i diritti dei lavoratori vengono rispettati.

Je suis nonna Peppina e l’operatore Pippo e ci piacerebbe che qualcuno intervenisse.

Rosaria Brancato