Messina cerca di riappropriarsi della condotta Alcantara: ecco come

La recente emergenza idrica che ha coinvolto la città per il guasto sulla condotta Fiumefreddo, ha nuovamente riaperto il dibattito sulla necessità di riappropriarsi, anche solo parzialmente, dell’acqua proveniente dall’Alcantara. Una situazione di difficoltà denunciata solo qualche settimana fa dai rappresentanti della segreteria tecnica operativa dell’Ato idrico 3, al fianco della quale si sono schierati enti locali e Amam. Ieri, su proposta del deputato regionale Nino Beninati, si è tenuta una seduta della commissione “Ambiente e Territorio” dell’Ars alla quale hanno preso parte anche i soggetti istituzionali interessati al trasferimento della risorsa idrica dal sistema Alcantara: in rappresentanza del presidente della Provincia, l’assessore Bisignano; i dirigenti della Sto, Trovato e Santalco; il Dg dell’Amam La Rosa; e i deputati Currenti, Panarello e Buzzanca (anche nelle vesti di sindaco di Messina). Oltre all’amministratore di Siciliacque Albani e ai dirigenti regionali competenti.

Ad introdurre il dibattito il promotore Beninati, che ha tracciato l’excursus che ha portato Messina a dovere rinunciare all’Alcantara, nonostante la società d’ambito si senta ancora in diritto di poterne chiedere l’usufruizione. Per alcuni la città e la provincia jonica non avrebbero bisogno di questa fonte, ma quanto accaduto la scorsa settimana ha testimoniato che così non è. Il problema sta però, così come è stato fino ad oggi evidenziato, nell’esosità della tariffa imposta da Siciliacque, concessionario della gestione dell’Alcantara. Viene chiesto circa 0,69 centesimi per metro cubo, un costo che per l’Amam è insostenibile e che potrebbe essere coperto solo aumentando in maniera esponenziale le bollette dell’utenza. Per cercare di convincere la Regione, ente che ha fissato il prezzo del costo dell’acqua, è stato fatto riferimento al piano regolatore degli acquedotti: la condotta infatti viene ritenuta come sovrambito, mentre invece è evidentemente appartenente all’ambito dell’Ato 3 Messina (comprendente anche la zona jonica) e al massimo estendibile a quello di Catania. Nulla a che vedere con il progetto in fase di definizione per il trasferimento dell’acqua al sistema Ancipa, che serve diversi comuni delle province di Enna, Caltanissetta e della Piana di Catania. Circa 20 milioni: è a quanto ammonta l’investimento, coperto con fondi Apq. Un’operazione che ridurrà di 250 l/sec (portata media espressa in litri al secondo) l’erogazione dei circa 420 l/sec che Siciliacque deve garantire ai comuni della fascia jonica che si servono dell’Alcantara nonostante i prezzi elevati.

Assente l’assessore Russo per concomitanti impegni, il presidente della commissione ha rinviato ad una successiva seduta l’incontro tra le parti e l’esponente della giunta Lombardo. La proposta, avanzata sempre da Beninati e condivisa da Panarello e Buzzanca, è di presentare un articolo alla prossima finanziaria per coprire economicamente, tramite il bilancio regionale, la differenza tra i costi sostenibili dall’Amam e l’effettivo ammontare che Messina dovrebbe corrispondere in rapporto alle tariffe vigenti (e che Buzzanca e La Rosa chiedono di abbassare, livellandole al Fiumefreddo). Una cifra che si aggirerebbe intorno ai 2-3milioni di euro. Ma la partita è aperta anche sotto un altro fronte. Si è infatti scoperto che la Siciliacque possiede una concessione “in itinere” sull’Alcantara, in quanto non è ancora stato ultimato l’iter di affidamento definitivo della gestione. Servirebbe una battaglia politica unitaria per riportare l’acqua dell’Alcantara a Messina, così come era stato deciso parecchi anni fa destinando i fondi per il mezzogiorno alla costruzione dell’acquedotto. Attesa sull’argomento una presa di posizione degli esponenti del “Forum per l’acqua pubblica”. (ER)