L’Ars si “dimezza”: da 90 a 50 deputati. E nei partiti è bagarre

Se non è una rivoluzione, poco ci manca. I tanto vituperati costi della politica subiranno una bella sfoltita, soprattutto in Sicilia. La manovra correttiva di Tremonti, infatti, stanga letteralmente l’Assemblea Regionale Siciliana, l’unico consiglio regionale in Italia che può fregiarsi di chiamarsi “parlamento”, così come i suoi consiglieri sono gli unici a potersi definire “deputati”. Ma a parte i valori di forma, c’è la sostanza. E la sostanza, fino ad oggi, ha significato anche e soprattutto questo: 11.703 euro lordi al mese di indennità, da 2.900 (per chi è stato all’Ars due anni e mezzo) a 7.900 euro (per chi c’è stato invece 20 anni) di vitalizi, o superpensioni come si vuol chiamarli, anche se di recente era stato stabilito un minimo di 5 anni da deputato. Questi i numeri della casta della Trinacria, sulla quale si è abbattuta la scure di Tremonti: dalla prossima legislatura il numero dei deputati passera da 90 a 50 e l’indennità verrà dimezzata, passando a 5.850 euro lordi al mese, circa 3 mila euro netti. Dovrà scendere anche il numero degli assessori regionali, che va di pari passo con quello dei parlamentari: dagli attuali dodici dovrà arrivare a otto.

Al di là delle indennità (le tasche piene piacciono a tutti), ciò che mette in subbuglio le segreterie dei partiti, seppur deserte per le vacanze agostane, è la drastica riduzione di “spazi” per la politica che si genererà all’indomani dello “tsunami Tremonti”. Quaranta scranni all’Ars in meno significano meno seggi per le singole province, meno posti al sole per chi ha ambizioni importanti e per questo porta in dote un bel gruzzolo di voti. Voti che spesso vengono “studiati” a tavolino in vere e proprie strategie di partito che oggi saltano inevitabilmente. Riducendosi gli spazi, sale chi ha più voti punto e basta, non si scappa. E chi ha più voti non vorrà dividerli con nessuno. Nei partiti si teme l’inizio di una stagione da tutti contro tutti che rischia di mandare gambe all’aria tutto il sistema. Forse qualcuno si renderà conto, a quel punto, che c’è un sistema, il “sistema Paese”, che a gambe all’aria c’è finito da un pezzo.