Le feste per un lavoratore Atm: “Ci hanno tolto la serenità e in questi momenti è tutto più difficile”

Quando riuscì a entrare a far parte dell’azienda di trasporto pubblico messinese aveva 40 anni, i figli ancora piccoli, una casa acquistata da poco, un mutuo sulle spalle, davanti solo il progetto di una vita normale. Voleva continuare semplicemente quel percorso iniziato alcuni anni prima scegliendo di sposare una donna che da sempre era stata la sua fidanzata e dalla quale erano nati i suoi due figli, fino a quel momento aveva lavorato nel settore privato riuscendo a porre i primi mattoni di quella vita normale che oggi sembra solo un ricordo, poi arrivò l’opportunità di restare in Atm. Sono trascorsi 15 anni. Oggi Paolo Frigione, uno dei 582 dipendenti dell’azienda di Via La Farina, continua ad essere un autista dei bus, ma si è ritrovato a dover lottare giorno dopo giorno per non veder calpestati i suoi diritti di lavoratore e di uomo, si è ritrovato a dover urlare in faccia al Sindaco che stipendio significa dignità, ha dovuto imparare che quando lavori in certi posti devi saper anche accettare l’umiliazione di chiedere anche solo 100 euro di acconto perché il tuo stipendio non arriva da mesi. Paolo però non si è mai arreso e non ha intenzione di farlo. Quest’anno il Natale sarà un po’ meno duro perché per fortuna i lavoratori Atm hanno ricevuto gli stipendi. Ma questo purtroppo non basta. “Ci hanno fatto perdere la serenità” dice Paolo che nonostante tutto non perde mai quel sorriso buono che lo contraddistingue e che convince che anche in quell’Atm c’è ancora qualcosa di positivo.

In questi anni ha visto passare tanti dirigenti, commissari, due direttori generali, tante amministrazioni comunali e non riesce a capire perché oggi l’Atm ha toccato il punto più basso della sua storia. “All’inizio avevo grande fiducia in Franco Provvidenti, lo conoscevo per la sua storia e il suo lavoro, ma neanche lui riuscì a mettere l’azienda sulla strada giusta. Quel che è sotto gli occhi di tutti è che nel tempo sono riusciti a portare il numero dei mezzi in circolazione da oltre cento a una decina. Di certo anche lavoratori e sindacati hanno avuto le loro responsabilità, erano anni in cui le torte erano grandi ed era facile “spartirsi” le fette” racconta.

Oggi però le cose sono cambiate e non c’è più niente per nessuno. In Atm è divenuta prassi normale prendere lo stipendio una volta ogni tre mesi, ma sono in pochi quelli che si ribellano. “Non riesco a capire come fanno a tornare a casa e guardare i loro figli negli occhi. A qualcuno l’ho anche chiesto. In risposta ho ricevuto solo un lungo silenzio. L’Atm è un posto strano, anomalo. Non si ribella nessuno, le logiche dei favori, della raccomandazione, dell’amico e del compare sono troppo radicate e se anche ci hanno levato anche la sicurezza di poter dare da mangiare alle nostre famiglie siamo pochi a dire che non va bene”.

Paolo ricorda la prima volta che in una delle tante proteste fu intervistato. A casa i problemi erano tanti, sempre di più, dover dire ai suoi ragazzi che non aveva neanche un euro da dargli il sabato sera era pesante, le bollette si accumulavano. Il figlio vide in tv la sua forza d’animo e la sua voglia di lottare. “Quel giorno, quando sono tornato a casa, mio figlio mi ha abbracciato e mi ha ringraziato per quello che stavo facendo”.

Per Paolo questa situazione in cui la politica messinese e la malagestione dell’Atm lo hanno costretto è difficile da accettare perché si sente con le mani legate. “Se non avessi un lavoro mi rimboccherei le maniche, probabilmente avrei preso la famiglia e lasciato Messina. Invece un lavoro ce l’ho. Mi sento fortunato per questo. Ma perché ridurre chi vuol solo lavorare onestamente e portare il pane a casa in queste condizioni?” si chiede.

Per Paolo l’umiliazione più grande è stata dover andare quasi ad elemosinare un acconto sullo stipendio perché stavano per staccargli l’utenza del gas. Aveva fatto richiesta all’azienda e gli avevano risposto di no. Non pagò la bolletta e rimase senza gas a casa per due giorni.

E’ questo quello che vive un lavoratore Atm. Un uomo di 55 anni che ha lavorato tutta la vita, che continua a farlo con impegno e costanza, che vorrebbe portare la sua famiglia a mangiare una pizza una volta ogni tanto, che non chiede aiuto a nessuno ma che ringrazia quei parenti che in questi anni lo hanno aiutato. Vorrebbe solo dover pensare ad aiutare i suoi figli a “sistemarsi”, si preoccupa per il lavoro che manca e si arrabbia quando vede suoi colleghi che invece passano le ore di lavoro contando solo quanto manca per timbrare il cartellino e andar via. Per Paolo salvare questa Atm sarà difficile se non cambieranno tutte le “teste”. Sarà difficile immaginare un futuro diverso da questo presente che ogni giorno è una lotta continua. Lui però alla fine sorride. Sa che non smetterà di combattere e sa che non è da solo. Ha accanto una famiglia unita che lo sostiene. E sicuramente è questo il suo regalo di Natale. Sperando che le cose cambino davvero.

Francesca Stornante

Martedì, 24 dicembre, 2013 – 18:25