In un Natale senza luci gli auguri di Tempostretto ai sognatori che creano la speranza

E’ difficile quando intorno non c’è nulla che accenda il Natale riuscire a trovare le parole giuste. Mai come quest’anno cammini e non ti accorgi che è Natale, perché non ci sono indizi, mai come quest’anno una città spoglia e senza luci è lo specchio delle nostre vite. Siamo più poveri dello scorso anno e sembra che a ricordarcelo ci si mettano pure il viale S. Martino senza colori e calore, il centro senza isola pedonale ed allegria ed ogni strada che appare spoglia. E allora per un cronista diventa difficile trovare le parole quando intorno non c’è nulla che te lo faccia ricordare il Natale, sembra un giorno qualsiasi di un inverno che guardandolo oggi ti sembra non dover mai diventare primavera.

Ma è proprio quando le luci si sono spente e l’albero di Natale a piazza Cairoli sembra quel che resta di un ombrello spezzato dal vento e non ci sono luminarie né piantine (così almeno quest’anno nessuno le ruba), non c’è l’isola pedonale con i piccoli e grandi eventi, non ci sono tracce del Natale, che dobbiamo, in ogni modo cercare la parola giusta. Dobbiamo trovare la speranza là dove ci sembra deserto e persino sorridere ci appare impossibile. La speranza non è un pensiero, la speranza è un’azione. La speranza non è la stella cometa che un dio ha piazzato sulla stalla per dare un segnale ai magi e ai pastori, la speranza è Giuseppe che ha portato accanto alla mangiatoia un bue e un asinello affinchè alitassero sul suo bimbo e lo salvassero dall’assideramento. La speranza non è l’angelo che avvisa i Re magi, sono Baldassare, Melchiorre e Gaspare che si mettono in cammino. La speranza è un gesto. La speranza non è stare seduti in una panchina ad aspettare che qualcuno metta un albero di Natale decente nella piazza, la speranza è dire: lo faccio io. Anzi, è farlo. E’ in quel preciso momento che inizia il cambiamento. Ed è questo l’unico augurio per questo Natale magro e amaro, l’augurio che ognuno di noi accenda la lampada con le sue mani senza bisogno che arrivi l’elettricista ad aiutarci.

Quando non riusciamo a trovare intorno a noi la speranza è il momento di crearla. La speranza è una decisione e da quell’istante diventa l’arma che ti apre la strada e l’anima della battaglia.

In questo Natale senza luci la redazione di Tempostretto ha pensato di dare spazio a tutte le “luminarie interiori”, sperando che il governo Letta non ci faccia pagare le tasse pure per quelle. A chi ha fame si dà il pane, quando non c’è pane l’unica cosa che possiamo fare è donare parole, siano esse di coraggio, di fiducia, di conforto o saggezza. Per questi giorni senza luminarie vi regaliamo il Natale dei messinesi, vi raccontiamo le loro piccole grandi storie e come in una famiglia allargata vogliamo sederci alla tavola e accanto al caminetto tutti insieme. Vi raccontiamo le storie della Messina che combatte pur soffrendo, della Messina che crea la sua speranza. Leggendole potremo riconoscere un’emozione anche nostra, un ricordo, una sensazione, riconoscere un vicino, un parente, noi stessi, ci accorgeremo di uguali delusioni e stessi progetti. Il Natale quest’anno ve lo raccontiamo attraverso i vostri occhi e i vostri cuori e queste storie sono il nostro piccolo dono.

Quindi Buon Natale a chi quest’anno non può fare regali, li farà solo ai bambini, perché il Natale è loro. Buon Natale a chi non ha abbassato la saracinesca e tira dritto anche se a volte non si chiude solo perché costa troppo persino farlo. Buon Natale a chi quella saracinesca l’ha dovuta abbassare e passeggia per le strade vuote di acquirenti e sorrisi, ricordando feste diverse. Buon Natale a chi sarà in negozio fino a sera, sperando che a varcare quella soglia siano in tanti. Buon Natale a chi guarda le vetrine perché non può fare altro e gli è rimasto solo il diritto di sognare. Buon Natale ai migranti del Palanebiolo e per favore, per una volta, non dite “ah, ma loro sono musulmani che gliene frega del Natale”, per una volta zittiamo il razzista che è dentro di noi. Buon Natale a chi non ha il lavoro, ma ha le braccia, le gambe e la testa per non arrendersi mai. Buon Natale a chi aspetta una catena di stipendi ma continua a lavorare. Buon Natale ai giovani che ritornano a casa dopo i mesi passati a studiare lontano e a ricordare la pasta ‘ncaciata della mamma che come la fa lei non la fa nessuno, Buon Natale alle famiglie che stanno occupando la scuola di Paradiso, perché quando la famiglia di Gesù ha trovato un tetto nessuno li ha buttati fuori dalla stalla contestandogli che non erano in graduatoria. La povertà non conosce classifiche, mette tutti nella stessa fila, quella dell’ultimo banco. Buon Natale ai commensali e ai volontari delle mense dei poveri e ai lavoratori di Tirrenambiente che hanno rinunciato al pacco di Natale per far sì che per un anno la mensa di Sant’Antonio funzionasse. Buon Natale ai ragazzi del Pinelli che, occupando l’ex Teatro in fiera ci hanno ricordato l’amore per la cultura. Se qualcuno dell’amministrazione “dal basso” gliel’avesse chiesto, avrebbero illuminato le feste con idee, spettacoli, creatività, il guaio è che nessuno gliel’ha chiesto sprecando un’occasione per ascoltare sul serio quello che avevano da dire. Il Pinelli non è una medaglietta da esporre come uno slogan e poi dimenticare.

Buon Natale a chi è solo in famiglie sempre più piccole da diventare fragilissime ed a chi è solo in mezzo ad una folla che non fa compagnia. Buon Natale a chi ha paura del futuro, a 18 anni o a 50 e quel buco nero nello stomaco è talmente grande da divorare le notti. Buon Natale ai lettori di Tempostretto che ci aiutano ogni giorno ad essere migliori. Buon Natale a quei sognatori che non si arrendono mai e che con un gesto creano la speranza.

Buon Natale a tutti voi, da tutti noi.

Rosaria Brancato