Meno tasse e più investimenti pubblici: la politica di tutela delle PMI nel settore edile

Non vuote parole di propaganda politica ma reale attenzione alle difficoltà in cui navigano le piccole e medie imprese operanti nel settore delle costruzioni. E’ l’accorato appello rivolto dal presidente della CNA (Confederazione Nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa) di Messina, l’architetto Luca Fabio Calabrese, alle istituzioni.

Su scala nazionale e regionale, le autorità politiche sono state esortate a non dimenticare i problemi che affliggono il settore delle costruzioni pubbliche e private che in Italia attraversa un periodo di allarmante crisi. Calabrese ha dunque inteso coinvolgere l’intera gerarchia politica competente in materia, dal Ministro di Infrastrutture e Trasporti, Corrado Passera, al presidente dell’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, Sergio Santoro, sino all’Assessore regionale delle infrastrutture e della mobilità, Antonino Bartolotta, ponendo impietosamente alla loro attenzione le gravi pecche dei sistemi di aggiudicazione degli appalti e dei relativi pagamenti che rischiano di minare la già traballante impalcatura su cui si regge il settore edilizio.

L’accento è posto proprio sulle PMI, le piccole e medie imprese che – a detta di Calabrese – costituiscono la chiave di volta della struttura imprenditoriale e dunque economica italiana. Sotto accusa il vertiginoso calo degli investimenti pubblici nelle infrastrutture, lo sbando gestionale dei fondi messi a disposizione degli enti pubblici, in primis di quelli erogati dall’Europa ma anche la sfibrante pressione fiscale che inibisce l’iniziativa edile svilendo e paralizzando l’intero sistema.

Ma nel mirino delle lamentele del presidente della CNA di Messina anche quei vincoli fiscali di incerta spiegazione tra cui il raddoppiamento delle spese di partecipazione alle gare di appalto, a fronte di un servizio peraltro rimasto inalterato, e le spese di pubblicazione sui quotidiani degli avvisi e dei bandi di gara.

Eccellente imputato anche l’impianto normativo responsabile – tramite le sue incaute formule legislative – di assecondare gli interessi delle poche e grandi aziende con il finanziamento di grandi opere e l’utilizzo della pratica del “general contractor”. Una prassi che finisce col mettere il cappio intorno al collo delle imprese di minori dimensioni le quali accettano le commesse girate loro dall’appaltatore a prezzi stracciati.

Le conseguenze elencate dal presidente della CNA di Messina sono varie e vanno dai semplici ritardi esecutivi nei programmi di realizzazione delle opere, agli aumenti anche del 100% degli investimenti inizialmente preventivati a causa dei ribassi incontrollati fino a giungere al fallimento delle ditte, strozzate da quegli stessi accordi che sono incapaci di rispettare.

Ma tra la chiusura dei battenti di molte aziende e la progressiva perdita di posti di lavoro, a farne le spese è anche la popolazione che subisce l’impennarsi dei tempi medi di attesa per la realizzazione di lavori infrastrutturali e l’impoverirsi della branca, quella appunto dell’impresa artigianale, che rappresenta la pietra d’angolo per il Pil del paese con un emersione sempre più prepotente dei privilegi di banche e lobby.

A fronte di problematiche così complesse, sono piuttosto semplici le soluzioni ipotizzate da Calabrese che prendono piede da una più ragionevole rimodulazione dei programmi di spesa pubblica, che incentivino il mercato edilizio varando un piano straordinario di investimenti pubblici. A seguire l’aggiornamento dei prezzari regionali, fermi ancora agli schemi di riferimento stilati nel 2009 e l’esecuzione di quelle direttive europee tese a dare una forte accelerata ai pagamenti degli enti pubblici nei confronti delle aziende, tempi di attesa biblici, che, al momento, toccano la durata di 9 – 12 mesi.

Da vagliare anche l’opportunità di compensare sin da subito i crediti certi che proverranno alle imprese dalla realizzazione di un’opera pubblica, con le tasse e i contributi previdenziali e assicurativi, snellendo i farraginosi passaggi burocratici che rallentano il sistema e venendo anche ad alleviare la malsana pratica che gli enti adottano di rinviare il pagamento delle fatture ai successivi anni fiscali per rispettare le direttive del patto di stabilità.