Quel grido d’aiuto lanciato dall’Avvocatura comunale e rimasto inascoltato. Tutto è ancora come prima

Le spese legali incidono pesantemente sui bilanci di Palazzo Zanca. Lo ripete da anni anche la Corte dei Conti. Eppure, a fronte di un problema che contribuisce ad affossare economicamente il Comune di Messina, negli ultimi anni, i rimedi assunti dalle amministrazioni comunali che si sono succedute sono stati blandi ed inefficaci.

Nei quattro anni in cui è rimasta in carica, l’amministrazione Buzzanca ha svilito le risorse interne e puntato tutto sul Collegio di difesa, aumentando il numero dei legali da 10 a 15, per ognuno dei quali oltre alla parcella era previsto anche un compenso mensile pari a 1.500,00 euro. Di pari passo sono inevitabilmente aumentati anche i costi sostenuti da Palazzo Zanca.

Le principali misure di spending review arrivano durante la reggenza del commissario straordinario Luigi Croce, allorquando gli avvocati del Collegio di difesa – visto il momento di crisi nera vissuta dall’ente – decisero di rinunciare al fisso mensile e lo stesso commissario esitò una delibera per stabilire, in base al tipo di contenzioso, onorari forfettari che i professionisti esterni ancora oggi devono accettare prima di assumere una causa in rappresentanza del Comune di Messina.

Con l’avvento dell’amministrazione Accorinti, i buoni propositi non sono certo mancati ma a questi non sono seguiti i fatti e così, a parte l’abolizione del Collegio di difesa, tutto è rimasto praticamente identico. Nonostante la delibera n.503 approvata dalla giunta il 1.luglio 2014, ad oggi si è rivelata solo un’intenzione il rafforzamento dell’Avvocatura di Palazzo Zanca, che avrebbe dovuto garantire l‘attribuzione di un maggior numero di cause agli avvocati interni, con la finalità di stoppare il continuo ricorso ad avvocati esterni e di tagliare le spese legali. La suddetta delibera, in base alla dotazione organica dell’ente, prevedeva di raddoppiare da 5 a 10 il numero dei legali dell’ Avvocatura ma il paradosso è che in questi due anni – a seguito del pensionamento dell’avvocato Mario Rappazzo, il numero dei legali interni si è addirittura ridotto a quattro. Attualmente gli avvocati interni di Palazzo Zanca infatti, sono: Arturo Rizzo, Maria Ida Fiertler, Fortunata Grasso e Maria Letizia Saccà.

Su di loro grava inevitabilmente un carico di lavoro eccessivo, che rende necessario guardare fuori da Palazzo Zanca e conferire ad avvocati esterni un gran numero di contenziosi, causando un danno all’ente visto che un legale esterno costa più di un interno. Sebbene con il provvedimento del commissario Croce che abbiamo citato prima gli onorari siano stati notevolmente ridotti, i legali esterni percepiscono la parcella sia se vincono sia perdono la causa, mentre quelli interni solo in caso di esito positivo. Gli avvocati interni di Palazzo Zanca percepiscono lo stipendio da funzionario, pari a 1.500,00 euro, a cui in caso di vittoria nei contenziosi si aggiungono le parcelle, che sono comunque ai minimi tabellari. Per legge, viene loro riconosciuta l’alta professionalità.

In questi tre anni di amministrazione Accorinti, gli avvocati interni di Palazzo Zanca hanno cercato di comunicare il loro disagio e nelle relazioni relative agli anni 2012, 2013 e 2014, oltre a fornire all’amministrazione comunale report dettagliati sugli esiti delle contenziosi, hanno segnalato le condizioni di criticità in cui sono costretti a lavorare, privi di mezzi adeguati per l’espletamento delle proprie funzioni e alle prese con una mole enorme di contenziosi.

L’attuale amministrazione ha però sempre fatto orecchie da mercante, perpetrando una situazione di stallo, che stride fortemente con l’annuncio, fatto nel 2014, della riforma del settore legale.

L’amministrazione è rimasta inerte anche dopo la lettera ricevuta ormai più di un anno fa. Era il 21 maggio 2015 quando, scrivendo al sindaco Acorinti, a Le Donne nella sua qualità di direttore generale, all’assessore al contenzioso (che allora era Mantineo, oggi la delega all’Avvocatura ce l’ha Accorinti) e al dirigente all’Avvocatura Calogero Ferlisi (che è anche comandante da interim della Polizia Municipale) gli avvocati Fiertler, Rappazzo, Rizzo, Saccà sottolineavano: «Non si comprende quali siano i motivi che ostano all’implementazione dell’organico dell’Avvocatura interna, posto che sono stati compiuti, nel tempo, atti univoci e concludenti… diretti a potenziare il funzionamento dell’Avvocatura interna, ma a tutt’oggi il procedimento non si è concluso».

In quell’occasione, dagli avvocati interni era arrivato un vero e proprio grido di aiuto: «si rappresentano per l’ennesima volta le difficoltà in cui operano gli scriventi avvocati e si chiede l’attuazione di urgenti misure volte a rendere pienamente operativa l’Avvocatura interna, misure in assenza delle quali, nonostante l’impegno profuso quotidianamente dagli scriventi, non si è in condizioni di assicurare il raggiungimento di risultati ottimali tenuto conto dell’enorme carico di contenzioso, che da oltre un anno grava solo su quattro avvocati».

Nella lettera veniva denunciata inoltre «la mancanza del benché minimo coinvolgimento degli avvocati interni nelle procedure decisionali che riguardano l’attività legale, la mancata risposta alle relazioni annuali… la mancata istituzione di una sezione amministrativa che coadiuvi l’avvocato interno nello svolgimento delle incombenze di supporto all’attività legale…».

Dall’amministrazione non è arrivata alcuna riposta, con le parole né con fatti e a due anni di distanza dalla delibera n.503 nulla è cambiato. L’Avvocatura, che dovrebbe essere un Dipartimento strategico di Palazzo Zanca, è stato abbandonato al suo destino. Intanto, i contenziosi continuano a proliferare, così come gli incarichi esterni, i bilanci si appesantiscono ed il Comune si impoverisce. Anche in questo settore la rivoluzione promessa resta solo un miraggio.

Ricordiamo, in conclusione che l’Avvocatura di Palazzo Zanca ha alle spalle una storia travagliata: voluta nel 2001 dal sindaco Leonardi, dall’assessore al personale D’Alia e dal segretario generale Ribaudo entrò in funzione solo nel 2005 dopo una lunga battaglia legale per l’scrizione all’albo degli avvocati che ne facevano parte a cui si era opposto l’allora presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati Carrozza.

In questi 11 anni, l’Avvocatura avrebbe dovuto essere valorizzata, rimpinguata con risorse interne e dotata di personale amministrativo a supporto. Niente di tutto questo è stato fatto. E anche oggi, esattamente come ieri, si preferisce volgere lo sguardo fuori da Palazzo Zanca. Pur sapendo che non è la scelta economicamente più vantaggiosa per il Comune.

A proposito del nostro ultimo articolo in cui abbiamo elencato i nomi degli avvocati che hanno ottenuto incarichi nel biennio 2015-2016 (vedi qui), abbiamo ricevuto la precisazione dell’avvocato Enrico Livio: «Ho avuto solo un incarico da 300 euro».

Danila La Torre