Contratto di servizio Amam-Comune. Non tutto è perduto. Forse

Prima un parere dell’avvocatura comunale, poi uno dei revisori dei conti, infine un secondo da parte dei legali di palazzo Zanca. Tutti e tre negativi, e negativa è stata anche la votazione in aula: il contratto di servizio tra Amam, la partecipata che si occupa dell’acquedotto comunale, ed il Comune (che avrebbe garantito all’ente un introito annuale di quindici milioni di euro) è bocciato dal consiglio comunale, di fatto condannando palazzo Zanca al default. Cosa c’è da aggiungere? Ancora qualche chiarimento, richiesto dal presidente del consiglio Pippo Previti, di nuovo all’avvocatura, per avere sicurezza che la decisione, vero e proprio spartiacque per le sorti del COmune, non comporti alcun tipo di pericolo per i consiglieri.
Come rispondono i cinque legali Aldo Tigano, Mariangela Ferrara, Paolo falzea, Arturo Merlo e Francesco Marullo? Sostanzialmente rassicurando Previti ed il resto dei consiglieri. “I chiarimenti ricevuti confermano che il Comune di Messina – si legge nella nota di chiarimento – a prescindere dalla possibilità o meno che avrebbe avuto di richiedere un canone di concessione per l’uso dei beni strumentali alla gestione del servizio idrico, di fatto non avrebbe percepito dall’Amam alcuna somma per la gestione di detto uso, per non avere in concreto esercitato una facoltà che nel regime legislativo previgente non era impedita”.
Per una porta che lasciano aperta, però, i cinque legali “sprangano” un portone. “Ciò premesso, si tratta di stabilire se, alla luce della normativa vigente e delle regole che disciplinano la “perpetuatio dationis” come enucleate nell’originario parere – scrivono gli avvocati – il comune possa esercitare, ora come allora, la facoltà di imporre e richiedere il canone di concessione, in guisa tale da creare quella continuità che consentirebbe, oggi, di ritenere ravvisabile la fattispecie della perpetuatio dationis”.
Quindi palazzo Zanca può o non può imporlo come fosse una “continuazione” del canone che non ha richiesto quando poteva? La risposta confonde ancora più le idee. “Le difficoltà di questa soluzione sono molteplici”, si legge nella nota. nella quale, in sostanza, si spiega che la continuità dovrebbe essere “attuale e non semplicemente potenziale”. E invece non c’è. Un piccolissimo ulteriore spiraglio, il collegio di difesa lo lascia nelle ultime tre righe. Fermo restando che i 150 milioni in dieci anni che l’Amam dovrebbe far confluire nelle casse secondo il contratto di servizio bocciato contrastano con le norme, “è altresì vero che il predetto limite negativo non si estende agli oneri relativi alla straordinaria manutenzione ed a quelli relativi all’implementazione della rete”. Che, in italiano, vorrebbe dire che c’è la possibilità, per il Comune, di effettuare le manutenzioni, migliorare la rete e far pagare all’Amam il corrispettivo.