Messinambiente: errori, colpe, scelte che hanno causato 100 milioni di debito

Vent’anni di scelte politiche, contenziosi, debiti accumulati, servizi e assunzioni, cambi societari, lotte intestine con società “sorelle”. Vent’anni che iniziano nel 1998, quando nacque Messinambiente spa, la società che fino ad oggi si è occupata dei servizi di igiene ambientale a Messina e che arrivano fino ai giorni nostri. Giorni in cui Messinambiente continua a essere protagonista, continua a dividere e far discutere, continua a creare timori, continua a tenere sul filo del rasoio il Comune. Domani saranno i creditori a decidere come finirà questa storia lunga vent’anni. In Tribunale saranno i creditori a dire se accettano il piano concordatario che Messinambiente ha proposto per evitare il fallimento. Ripercorrere le tappe di questa storia però può essere utile per provare a capire come si è arrivati ad oggi. E perché. Di chi sono le maggiori responsabilità. E’ stato scritto tutto nel piano concordatario. E ad analizzare e valutare la genesi di questo enorme debito sono stati i commissari giudiziali nominati dal Tribunale nella relazione con cui il 24 novembre hanno dato il loro via libera a questa procedura che per Messinambiente è stata l’ultima spiaggia.

Sono i commissari a scrivere che Messinambiente rappresenta un’azienda con una significativa tradizione, con un modello di business fortemente integrato e con forte presenza di personale al proprio interno (quasi 500 dipendenti). Caratteristica che però esprime aspetti contradditori: da un lato, infatti, l’azienda risulta essere particolarmente rigida e questo l’ha penalizzata nel momento in cui i ricavi sono diminuiti mentre i costi di gestione sono sempre rimasti fissi; dall’altro lato si tratta di un’organizzazione collaudata, che possiede indubbiamente un capitale umano detentore di competenze ed abilità lavorative, radicato nel territorio servito. Quindi per i commissari questo significa che in condizioni di stabilità dei ricavi, la società subentrante MessinaServizi dovrebbe beneficiare di un ramo aziendale collaudato e in grado di funzionare efficacemente sul piano dei servizi e in condizioni di sufficiente economicità.

Perché una parte dell’analisi viene dedicata a comprendere le ragioni della crisi? Per capire se il modello di business dell’azienda sia tale da risultare definitivamente compromesso in termini di redditività, ovvero se presenti ancora possibilità di vitalità – a certe condizioni – e quindi di appetibilità del ramo aziendale oggetto di affitto d’azienda e quindi di cessione a Messina Servizi Bene Comune, secondo i termini della Proposta concordataria.

Dunque si va alla ricerca delle cause. E subito viene messo in chiaro che nel caso di Messinambiente, esistono diverse concause. In primis c’è l’ingentissimo indebitamento accumulato dalla società, specialmente nei confronti dell’erario e degli enti previdenziali, complessivamente superiore, ai 90 milioni di euro. Si parla di profilo patologico che è senz’altro causa aziendale del dissesto e non risolvibile in assenza di ricorso a procedura concorsuale. Come si è arrivati a questo squilibrio? A causa dei mancati versamenti di imposte e contributi per impiegare quelle somme per gestire l’azienda, visto che mancava un autofinanziamento generato dalla gestione, e a causa della atavica mancanza di adeguati riconoscimenti di ricavi a copertura dei costi di gestione da parte del Comune di Messina e di AtoMessina 3.

Poi un’altra causa risiede nella sottocapitalizzazione strutturale e cronicizzata di Messinambiente, avente per socio al 99% proprio il Comune di Messina, non in grado di intervenire con le necessarie ricapitalizzazioni della propria partecipata nemmeno in presenza di perdite ricorrenti, provocando un deficit superiore ai 48 milioni di euro.

Ha avuto una fetta di responsabilità il fatto che Messinambiente abbia sempre avuto una struttura dei costi estremamente rigida, in particolare con l’elevata incidenza del costo del personale superiore al 70% dei ricavi, derivante anche da una strategia organizzativa orientata ad una visione monolitica dell’azienda, sostanzialmente priva di condizioni di flessibilità: si tratta della causa primaria originaria della crisi di Messinambiente. Tanto che, affermano i commissari dall’analisi dei bilanci e dei conti patrimoniali, se non ci fossero stati questi oneri e sanzioni, nel 2015 Messinambiente sarebbe tornata ad essere una società in utile netto grazie al fatto che da quella data c’è stato un riadeguamento delle somme corrisposte alla società.

Tutto questo ha portato ad uno squilibrio economico divenuto non risolvibile a causa degli effetti dell’indebitamento erariale e previdenziale, dovuto alle sanzioni ed agli interessi determinati da quel debito, con l’insorgere di un circolo vizioso che, provocando perdite nette d’esercizio e conseguente mancanza di autofinanziamento, ha ulteriormente aggravato il deficit patrimoniale della società.

Si è creato così un dissesto che si è manifestato nelle gravissime e perduranti perdite d’esercizio, con erosione del patrimonio netto, nell’elevatissimo deficit patrimoniale, che ha concorso alla messa in liquidazione della 
società; nello stato di insolvenza non superabile con la gestione ordinaria dell’azienda e necessità di 
ricorrere alla soluzione concordataria. 


Un elemento che i commissari giudiziali non sottovalutano è inoltre il fatto che Messinambiente ha operato pressoché esclusivamente per il monocliente rappresentato dal Comune di Messina (oltre a quello di Taormina). Questa dipendenza non ha reso possibile a Messinambiente di diversificare per tipologie di clienti, aree geografiche e servizi, condizionando lo sviluppo.

La figura del Comune di Messina viene esaminata da due punti di vista.
Quale cliente e quale socio di controllo.
Come cliente, va ricordato che il Comune lo è diventato nuovamente dall’uscita di scena di ATO ME 3, a settembre 2013. Con riferimento al periodo successivo a questa data gli scollamenti tra le richieste di Messinambiente e le diverse valutazioni del Comune, darebbero luogo, ancora e sempre, a contrasti e contenziosi omologhi a quelli, sempre, definiti con transazioni.

Individuare precise responsabilità però non è facilissimo. Il Comune nel tempo ha obbligato Messinambiente a svolgere i servizi a suon di ordinanze e nessuna colpa viene addebitata ai liquidatori: «E’ assolutamente incauto ritenere che nell’indirizzo impresso dal Comune a Messinambiente vi sia, al di là di ogni ragionevole dubbio, una responsabilità. Per un verso và considerato a sostegno degli argomenti a favore di Messinambiente, l’esercizio coatto dell’impresa imposto con provvedimenti amministrativi contingibili ed urgenti ma accompagnato dall’impegno del totale ristoro dei costi del servizio; per altro verso, a sostegno degli argomenti a favore del Comune, và considerata la oggettiva esigenza di tutela dell’igiene e sanità pubblica.
E si tratta, allora, di vedere, tra questi opposti interessi, a quale debba darsi rilievo».

«Il danno subito dai creditori, e da essi soli, è frutto sì dell’indirizzo imposto dal Comune alla propria controllata ma è integrato dall’inadempimento del “cliente” che non ha coperto, come previsto, tutti i costi del servizio».

Potrebbe stupire una delle tante osservazioni che i commissari mettono nero su bianco: «Messinambiente possiede ancora significativi elementi di vitalità che permettono, a date condizioni, di esprimere una continuità gestionale». Una lettura positiva in chiave concordato in continuità che, dunque, assicura l’operazione MessinaServizi. In pratica si scrive che una gestione sgravata dai debiti erariali e previdenziali può ragionevolmente tornare ad un’operatività in equilibrio economico. Ed è questo il motivo per cui è stata costituita MessinaServizi.

Francesca Stornante