I No Ponte tornano in piazza per opporsi al pagamento delle penali

Ponte sullo Stretto, quinto atto. Se il progetto sembra definitivamente archiviato resta il problema delle penali. E resta, tra l’altro, un territorio abbandonato che negli ultimi anni è stato considerato solo in funzione della megaopera, più volte dipinta dai governi nazionali e dalle amministrazioni locali come unica via di sviluppo. Ora che la chimera è scomparsa, resta il prezzo, salato, delle illusioni. Per questo torna nuovamente in piazza la Rete No Ponte, con una manifestazione indetta per sabato 16 Marzo che prenderà il via da Piazza Cairoli. La Rete No Ponte in sinergia con la Comunità dello Stretto – di cui fa parte la Rete No Ponte, ma che rappresenta un collettivo più ampio di comitati ed associazioni – torna a dire no, non solo al Ponte in sé, ma soprattutto al pagamento delle penali, richieste dalle società impegnate nella progettazione per la mancata conclusione del progetto.

Eurolink comunica l’intenzione di voler recedere dal contratto confessando, probabilmente, il vero obiettivo : la riscossione delle penali. Intanto Impregilo le penali le inserisce nei bilanci, facendo così lievitare il valore delle proprie azioni. Insomma, una vicenda che sembrava, con il definanziamento dell’opera, volgere rapidamente al crepuscolo ritorna al centro della scena” recita il comunicato che chiama il popolo no pontista a riunirsi di nuovo in protesta. Il tema delle penali è stato più volte sottolineato nel corso della conferenza stampa di questa mattina a Palazzo dei Leoni, in cui è stato annunciato ufficialmente il corteo. La cifra stimata è da capogiro, lo Stato dovrebbe pagare un miliardo e duecento milioni di euro. Tanti in tempi normali, troppi in periodi di crisi come quello che stiamo attraversando. Quello che la Rete No Ponte chiede al nuovo governo è di non accettare ciò che dagli attivisti viene considerato un vero e proprio “ricatto”. Il corteo di sabato vuole, infatti, ribadire: “la richiesta alla Regione Siciliana di ritirare immediatamente le proprie quote azionarie ed il proprio rappresentante in Consiglio d’amministrazione della Stretto di Messina Spa (società concessionaria per la progettazione e costruzione del Ponte sullo Stretto) – scrivono i manifestanti – e chiedere la soppressione della Stretto di Messina Spa; il recesso dal contratto con Eurolink (General Contractor per la progettazione e costruzione del Ponte) e il non riconoscimento di alcuna penale e alcun debito”.

E Marco Letizia – uno dei tre autori del libro “Il Ponte sullo Stretto nell’economia del debito” – commenta: “La città di Messina non è più disposta a vedere sacrificati gli interessi della gente in carne ed ossa a favore di qualche impresa privata. Quelli che dovrebbero essere risarciti sono i cittadini, visto quanto c’è già costato il progetto del Ponte”. Marco Letizia, inoltre, si dimostra scettico verso il definitivo tramonto del progetto: “La recente approvazione del piano regolatore da parte del Ministero dei Beni Comuni e il via alla valutazione per l’impatto ambientale da parte del Ministero dell’Ambiente, nonostante siano scaduti i termini per i contratti, sono segnali inquietanti che ci fanno capire come la questione Ponte non sia del tutto chiusa”. A schierarsi al fianco dei no pontisti anche numerose associazioni ambientaliste, da sempre contrarie all’ecomostro, che hanno scritto una lettera aperta a Monti che verrà girata anche al nuovo governo.

Da sempre, però, il no al Ponte è stato accompagnato da tanti “si”. Come quello rivolto alle infrastrutture di prossimità per garantire lavoro, trasporti, servizi e sicurezza del territorio. In poche parole:cura del territorio che deve rintracciare in sé il modello di sviluppo più idoneo per produrre ricchezza e lavoro. se questo non accade le opere faraoniche, secondo gli attivisti, non sono altro che cattedrali nel deserto. (Eleonora Corace)