Scuola. Quelle abilitazioni in Romania non riconosciute in Italia

Scuola. Quelle abilitazioni in Romania non riconosciute in Italia

Scuola. Quelle abilitazioni in Romania non riconosciute in Italia

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martedì 04 Dicembre 2018 - 09:29

10mila docenti hanno affrontato un percorso duro e costoso, confortati dal parere di sindacati e professionisti. Ma ora l'Italia non lo riconosce. Lo sfogo di una docente messinese, Teresa Adilardi

Perché un aspirante docente decide di conseguire un’abilitazione o la specializzazione per il sostegno all’estero? È una decisione difficile, che comporta sacrifici e spese importanti, le quali portano all’acquisizione del titolo solo dopo un lungo percorso di riconoscimento. Eppure, a prendere questa decisione sofferta, ogni anno, sono diverse centinaia di precari, stufi di attendere i tempi lunghi per acquisire il titolo in Italia. Tra le sedi più gettonate figurano la Spagna e i Paesi dell’Est europeo. Il prezzo da pagare è però salatissimo: diverse migliaia di euro e molti viaggi, per assistere alle lezioni in presenza e svolgere gli esami.

Sulla qualità dei corsi, si è detto di tutto. Anche che non sono paragonabili a quelli svolti negli atenei italiani e che rappresentano una “scorciatoia” per centinaia di precari, che in tal modo possono raggiungere abilitazione e specializzazione in un tempo relativamente breve visto che dal 2014 non vengono fatti percorsi abilitanti. Di recente il Miur, con nota prot. 9014 del 29 maggio scorso, ha preso posizione sulla validità della abilitazione all’insegnamento all’estero, ma solo per quanto concerne la Bulgaria, chiedendo, in base alla Direttiva 2013/55/UE, almeno un anno di esperienza professionale nelle scuole bulgare. Per la Romania questo requisito non può essere richiesto dal Miur in quanto le Università rumene, a differenza di quelle bulgare, sono tutte certificate dal Ministero.

Abbiamo deciso di seguire un percorso di abilitazione all’insegnamento e di specializzazione sostegno in Romania nel lontano 2016, quando, volendo noi accedere alla carriera di insegnante o emergere dal precariato, dopo aver accertato che in Italia non fossero attivati percorsi abilitanti (questo già da diversi anni) e dopo aver avuto notizia del fatto che altri nostri connazionali avessero optato per il conseguimento all’estero dell’abilitazione, abbiamo iniziato a valutare la fattibilità di questa ipotesi.

"Confortati dal parere favorevole di sindacati e professionisti del settore – scrive una docente messinese, Teresa Adilardi – abbiamo intrapreso fiduciosi questo percorso. Il costo sostenuto da ciascuno di noi è stato elevato e questo non soltanto in termini economici, ma anche di sacrifici personali, dovendo allontanarci dalla famiglia e assentarci dal lavoro per diverso tempo periodicamente per un anno. Per poter accedere a questi corsi abbiamo dovuto produrre una puntuale e dettagliata documentazione (certificati di esami sostenuti all’università, pergamene di laurea, piani di studi, visti sui certificati da parte della Prefettura, certificati medici, certificato con estratto di nascita, foto e curriculum vitae, marche da bollo, ecc.). Dopo aver versato le nostre tasse di iscrizione, ci siamo così iscritti presso l’Universitatea De Vest “Vasile Goldis” Din Arad per seguire il Programma Universitario e postuniversitario di Formazione e Sviluppo professionale continuo dei professori sulla materia (ciascuno in base ai propri titoli) e sul sostegno per l’inclusione sociale ed educazionale delle persone con bisogni educativi speciali. Nello specifico, per il Tfa sono stati totalizzati 35 crediti per il primo livello e 35 crediti per il secondo livello, mentre per il corso di sostegno sono stati totalizzati 60 crediti. Per poter seguire i corsi abbiamo soggiornato ad Arad poiché le lezioni organizzate tutte in presenza, spesso con ritmi pesanti (dalle 8 fino alle 20/21) e, dunque, abbiamo viaggiato tra Italia e Romania per un anno intero. I corsi, considerato il materiale di studio, le tesine, gli esami ed il tirocinio, sono stati particolarmente impegnativi. Abbiamo così ottenuto la certificazione di fine corso (“Adeverinta”), che ci ha permesso di inoltrare la richiesta di riconoscimento della professione docente in Italia".

Il Miur, non concede il riconoscimento a coloro che hanno fatto un percorso misto, ossia che hanno conseguito la laurea in Italia e l’abilitazione all’insegnamento in Romania, in quanto richiede un certificato aggiuntivo che il Ministero Rumeno, in base alla normativa interna (Ordin n. 5414/2016), ha comunicato di non poter rilasciare a coloro che non hanno conseguito la laurea in Romania. Tale documento aggiuntivo non è previsto nella Direttiva 2013/55/UE – modifica della Direttiva 2005/36/CE, come sotto evidenziato: “gli attestati di competenza o i titoli di formazione sono rilasciati da un’autorità competente di uno Stato membro, designata nel rispetto delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di detto Stato membro”. La cosa paradossale è che tale documento non è contemplato nemmeno nel Decreto Legislativo 206/2007, ossia il decreto per l’attuazione della Direttiva, come confermato dalla recente ordinanza del Tar del Lazio (Ordinanza N. 06288/2018 REG. PROV. CAU. – N. 05851/2018 REG. RIC.): “Considerato che la richiesta da parte del Miur ai ricorrenti di “regolare attestazione della competente Autorità in Romania sul valore legale della formazione posseduta ai sensi della direttiva comunitaria” si profila extra ordinem e non contemplata dal d.lgs. n. 206/2007; ritenuto pertanto il gravame sostenuto da idoneo fumus di fondatezza, ragion per cui il Miur dovrà rideterminarsi sull’istanza di riconoscimento prescindendo dall’illegittima richiesta della attestazione in questione”.

"Oggi ci sentiamo lesi nei nostri diritti di cittadini europei, perché quello di rimanere fermi, “parcheggiati” al Miur in circa 10mila persone, il tutto per un balzello politico, non solo non è rispettoso nei nostri confronti, ma non fa certamente onore. Le nostre istanze per il riconoscimento del titolo giacciono al Miur, nell’inerzia di chi ha deciso di volerci danneggiare doppiamente: da un lato impedendoci l’inserimento in seconda fascia e privandoci della immediata possibilità di lavorare, dall’altro privandoci della possibilità di partecipare al concorso per esami e titoli, finalizzato al reclutamento del personale docente (D.d.g. 85/2018) attualmente in fase di svolgimento, salvo poi, e qui si rasenta l’assurdo, consentire la partecipazione con riserva allo stesso concorso a chi ha conseguito in Romania il nostro stesso titolo abilitante, con identico percorso, ma entro il 31 maggio 2017 (ma allora questo titolo è valido o non è valido?). In conclusione, dopo aver sottolineato ancora una volta come la scelta di recarci all’estero, dettata dall’impossibilità di fare lo stesso percorso in Italia (come dovrebbe esserci garantito), sia ricaduta su un Paese europeo, ci preme fare una considerazione: le continue scelte di cambiamento, che hanno caratterizzato gli ultimi anni del mondo scuola, non possono e non devono danneggiare i cittadini che intendono avvicinarsi ed inserirsi in questo contesto lavorativo. Attualmente, al fine di garantire i nostri diritti, la priorità dovrebbe essere quella di sbloccare le situazioni che ci costringono in un ingiustificabile limbo anziché la volontà di prevedere concorsi su concorsi alimentando speculazioni economiche e trasformando la nostra posizione da quella di docenti precari a quella di “ricorsisti di professione” con l’unico risultato di rimpinguare le tasche di illustri avvocati".

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