Farsa continuità territoriale. Resta solo una nave ferroviaria, addio a 47 milioni di euro

Un passo avanti e due indietro. Tante parole sprecate e una sola verità: l’abbandono graduale dell’area dello Stretto e delle ferrovie siciliane. Da un lato l’ennesima proroga di Metromare, una “cortesia” da dover elemosinare puntualmente, con la promessa di 30 milioni di euro per un servizio triennale che abbia i canoni della normalità. Peccato che i 30 milioni ancora non ci siano e che, se e quando ci saranno, serviranno anche per il servizio di una sola nave ferroviaria. Vale a dire che per Metromare i fondi disponibili saranno meno di quelli previsti e che non arriveranno più i 47 milioni annuali per la continuità territoriale ferroviaria. Che non sarà smantellata, visto che è un obbligo di legge, ma di fatto è come se lo fosse, visto che in servizio resteranno solo due treni notte, ne saranno soppressi altri due e saranno cancellati anche quattro intercity giornalieri.

Alla fine dello scorso anno, sullo Stretto si esultava per l’annuncio dei 30 milioni, senza sapere che, dall’altro lato, ne sarebbero stati tolti 47. L’ufficialità è arrivata oggi, nel corso di una riunione in cui le Ferrovie dello Stato hanno comunicato la totale assenza di sovvenzioni statali per la continuità territoriale siciliana. Ma già dallo scorso 23 dicembre, sottotraccia, il Ministero dei Trasporti aveva autorizzato la soppressione dei treni a la rottura carico a Villa e Messina. Ed il rappresentante di Fs, Stefano Savino, ha comunicato che, al momento, non sono disponibili neanche i 30 milioni di Metromare, perché bloccati nell’iter burocratico.

Conseguenze negative non solo sul servizio ma anche per il mondo del lavoro. “Si registrano da subito 102 esuberi solo nel settore navigazione e la fine degli imbarchi periodici per i circa 70 precari che ruotano nella flotta di Stato con contratti a tempo determinato – afferma il segretario regionale dell’Orsa, Mariano Massaro -. Con le ricadute sulla manovra, manutenzione e personale mobile di ferrovie, aggiunte al personale dell’indotto, la perdita di posti di lavoro si attesta intorno alle 700 unità. Per precari e indotto l’azienda non ha alcun obbligo di ricollocazione mentre per i ferrovieri in esubero c’è in programma la collocazione in altre attività, fra le quali l’assistenza ai passeggeri del treno che dalla Stazione Centrale dovranno raggiungere i mezzi veloci per attraversare lo Stretto, servizio questo che l’Assessorato Regionale aveva pensato di far svolgere agli ex Ferrotel, ma adesso saranno fuori dai giochi anche questi lavoratori rimasti senza alcuna forma di reddito”.

Come sempre, non si parla di tagli ma di “rifunzionalizzazione” e “modernizzazione”. “Si tratta di una meschina operazione al risparmio che offende la dignità dei siciliani e dei lavoratori – incalza Massaro -. Il fronte sindacale è già in fase di mobilitazione per porre in essere manifestazioni eclatanti senza precedenti ma ciò non basta. La politica territoriale e nazionale la smetta di addolcire la pillola con i falsi proclami, chi rappresenta Messina e la Sicilia nelle sedi istituzionali abbia il coraggio di denunciare l’ennesimo scippo e alzi la voce nelle sedi opportune per pretendere pari dignità. Se non si è capaci di difendere il territorio se ne prenda atto valutando l’opzione di dignitose dimissioni”.

Amarezza anche nelle parole del segretario di Orsa Trasporti, Michele Barresi. “Ci aspettavamo dei tagli – spiega – ma quel che si prospetta è ancora peggiore di ciò che ci eravamo immaginati. Nel momento in cui Metromare veniva messa a carico di Rfi, sapevamo che sarebbero state fatte delle economie per rientrare di questa cifra. In questo modo, però, si fanno solo passi indietro. Arrivano 30 milioni ma il Ministero ne elimina 47, è questo il sistema moderno pensato per lo Stretto? Da un lato ci parlano di un sistema arcaico per il traghettamento dei treni, dall’altro cosa ci propongono? Solo manovre oscure, visto che a dicembre la questione non era stata presentata in questi termini, mentre era già tutto deciso”.

Cosa succederà adesso? “Ci aspetta un bel periodo di lotta – conclude Barresi – perché i risvolti occupazionali sono tanti e non si può accettare la perdita di un tale servizio a cuor leggero”.

(Marco Ipsale)