cronaca

Targa Florio, morte di Mauro Amendolia non è un caso chiuso

MESSINA – Non si arrende la Procura di Termini Imerese, così come non si sono arresi gli Amendolia, dopo la sentenza dello scorso dicembre che riconosceva un solo colpevole per il caso di Mauro Amendolia, il pilota messinese morto alla Targa Florio del 2017. Nell’incidente rimase ferita anche la figlia Gemma, in auto col papà.

Due assoluzioni amare

La Procura Generale, sconfessando la richiesta del pubblico ministero che aveva sollecitato e ottenuto l’assoluzione del presidente dell’Aci Angelo Pizzurro e del direttore di gara Antonio Pochini, ha presentato appello e chiesto alla Corte di imputare e giudicare i due, cancellando il verdetto che gli scagiona.

La pista non era sicura

A base dell’appello, le tesi che aveva portato in aula anche il legale degli Amendolia, l’avvocato Giovanni Mannuccia: gli accertamenti tecnici indicano chiaramente che nell’allestimento del percorso non sono state rispettate le prescrizioni della Questura e le altre linee guida dettate per la sicurezza dei piloti. Adesso il legale è pronto a depositare a sua volta appello, chiedendo che entrambi siano giudicati per i reati inizialmente contestati ma poi cancellati.

Un pilota appassionato, Mauro, responsabile della storica scuderia messinese e molto conosciuto in città per le altre attività di famiglia. L’incidente del 2017 è stato uno choc per tutto il mondo del rally siciliano e la corsa storica quell’anno si è fermata.