Chiedo scusa al signor Iacchetti

Premessa. La visione di questo spettacolo è stata preceduta da uno spassionato e onesto accantonamento di ogni sorta di pregiudizio sull’uomo e sul professionista Enzo Iacchetti, tenendo a mente (lucida) i due protagonisti in questione: l’uomo di spettacolo, volto televisivo dalla popolarità indiscussa da un lato (Iacchetti, per l’appunto) e dall’altro il cantautore forse più istrionico e divertente della tradizione musicale italiana, Giorgio Gaber.

Tuttavia, lo spettacolo – che nasce come un modesto omaggio alle canzoni del cantautore milanese – diventa subito il pretesto di una serie di racconti di vita e aneddotica varia e scollegata, con riflessioni anacronistiche tra banali amarcord da sessantenni nostalgici (“noi c’avevamo gli amici in carne e ossa oggi i ragazzi c’hanno facebook”) e disquisizioni sommarie che spaziano dalla retorica sull’eccellenza enogastronomica e culturale dell’Italia per giungere a un Salvini qualsiasi che torna sempre utile e, specie di questi tempi, si intona alla bocca di tutti.

Ad accompagnare Iacchetti, al pianoforte il Maestro Marcello Franzoso, i coristi della Witz Orchestra triestina e una allegra Orchestra, quella del Vittorio Emanuele, che con contaminazioni improbabili ma spesso riuscite (da Cocciante a Jovanotti, passando per Jannacci) ripropone alcuni classici tra cui “Il Riccardo”,“Porta Romana” e “La ballata del Cerruti”. La gaiezza dei momenti musicali, però, è intramezzata da una esibizione per molti tratti forzata che è la sintesi del sottile confine tra la semplice ironia del bambino e l’incontinenza dell’anziano caciarone.L’esatto momento in cui si finisce d’essere molto adulti (o anziani) e si regredisce allo stato mentale di infanti.La fiera della banalità è inevitabile. Iacchetti parla a un pubblico (divertito) riferendosi a personaggi televisivi cronologicamente troppo datati (la coppia Pupo-Filiberto, Canalis-Clooney) per suscitare una qualche emozione, seppur di sdegno o disappunto (commovente, a tal proposito, il lavoro di rimozione con cui la mente umana ripulisce gli arcipelaghi della memoria da simile spazzatura mediatica). D’improvviso si materializza il salottino del talk show di un Floris a caso e sembra di vedere il siparietto, tremendo, dei bambini intervistati che parlano di politica e dello spread.

Niente di più lontano dal po-pi po-pi della Torpedo Blu.

Giuseppina Borghese