Gli occupanti riaprono l’ex Irrera a mare. Di Sarcina: “Azioni illegali!”

Riaperti i locali dell’ex Irrera a Mare da parte degli occupanti del Teatro in Fiera, neo nominato Pinelli. L’edificio, che ha già ospitato numerosi eventi organizzati dagli attivisti, è stato sigillato non si sa con precisione quando, ma sicuramente tra le giornate di giovedì e venerdì di questa settimana. Oggi gli attivisti, che martedì festeggeranno un mese di occupazione, sono entrati nuovamente nel padiglione. “L’Autorità portuale, ente che di fatto ha privatizzato queste aree demaniali – scrivono i membri del Pinelli nel comunicato stampa redatto per l’occasione – mentre ufficialmente, in un’assemblea pubblica, moderata dal consiglio della IV circoscrizione, parlava di “vittoria per gli occupanti e della necessità di trovare una forma di collaborazione” con gli stessi, contemporaneamente ha ribadito i suoi interessi di stampo privatistico cercando di impedire l’accesso ai locali dell’ex Irrera a mare con ulteriore chiusura degli spazi”. Un commento durissimo che chiama direttamente in causa il segretario generale dell’Autorità Portuale Francesco Di Sarcina, presente all’assemblea cittadina indetta dal consiglio circoscrizionale e responsabile delle dichiarazioni riportate nel comunicato degli occupanti. E proprio l’ingegnere Di Sarcina interpellato telefonicamente, dichiarando che “L’Irrera è stato chiuso su volontà della Questura”, attacca gli occupanti dipingendoli come persone che agiscono nella più assoluta illegalità. “L’azione di questi ragazzi è fuori da ogni regola. La collaborazione va fatta, invece, all’interno delle norme”, continua Di Sarcina, svelando così i presupposti dell’ipotesi di collaborazione offerta a nome dell’Autorità Portuale nel corso dell’assemblea di giovedì scorso: in sostanza che i manifestanti abbandonino il quartiere fieristico – in particolare i locali del Teatro ritenuti non agibili – e si lascino convocare per un tavolo tecnico nei tempi e nelle modalità previste dall’ente che ha in gestione l’area. Su questo l’ingegnere è drastico quanto laconico: “Per collaborare servono il luogo e i tempi scelti dall’Autorità Portuale”. Ma gli attivisti del Teatro Pinelli non fanno marcia indietro, ribadendo che la Fiera deve restare aperta ogni giorno – volontà affiorata da ben tre assemblee cittadine – attaccano senza mezzi termini l’ente che ha in gestione quel pezzo dimenticato quanto prezioso di demanio pubblico: “Un ente pubblico che cerca di privatizzare i beni comuni tradisce il proprio mandato costituzionale e per questo suo comportamento illegittimo li abbandona alla libera occupabilità e riappropriazione della collettività”, scrivono. Un altro motivo di sfiducia verso le istituzioni, più volte ribadito dal giorno dell’occupazione in poi, è il degrado in cui è stato abbandonato il Teatro in Fiera e la lenta agonia inflitta a tutta la vastissima area che compone quest’ultima. Gli occupanti portano ad esempio di un nuovo modo di vivere gli spazi pubblici – trasformandoli di fatto in comuni – il ricco calendario di eventi che da un mese si susseguono nel padiglione dell’ex Irrera a Mare e del Teatro in Fiera, rinato a nuova vita nonostante la ferita mai sanata del crollo del soffitto sulla platea. Una voragine dimenticata per diciassette anni, che grida giustizia. Infatti non per nulla è stata più volte indicata come l’emblema dell’abbandono e dell’indifferenza in cui versa l’intera città di Messina, dove le cose belle – il palco del Teatro in Fiera ha ospitato le migliori rassegne teatrali che la città ricordi – vengono abbandonate alla polvere e all’oblio. Ma se una linea sottile divide il pubblico dal comune, l'Autorità Portuale sembra separare i due termini con delle vere e proprie barriere, aprendo un solco netto tra l’ente che ha in gestione l’area e i manifestanti che chiedono di poterne liberamente usufruire, in quanto cittadini su un suolo demaniale. “Non si entra in casa d’altri rompendo le porte. Se lei avesse una casa a mare e ci trovasse qualcuno, come reagirebbe?”, sottolinea Di Sarcina. Parole che pesano, al di là del tono colloquiale e della situazione occasionale in cui sono state dette, perché evidenziano come non mai la reale distanza tra Autorità Portuale e attivisti. (Eleonora Corace)