“Infinita”, storie di ordinaria dolcezza

Riportare un pallone perduto ad un bambino dispettoso e ritrovarsi a giocare con lui mettendo da parte le artificiosità dell’età adulta. Ridere di una corsa sfrenata, delle storie minime di un bambino: una bambola rubata, l’impegnativa scalata di un tavolo, la fuga da una culla. Le stesse dinamiche, i medesimi limiti nella vecchiaia, impedimenti misti ai vizi ed alle scoordinate traiettorie impostate nel corso degli anni. Le note di un pianoforte a rasserenare gli animi come spia di sentimenti a lungo nascosti e punto di partenza per un bilancio personale della propria vita.

Con “Infinita” le maschere del collettivo Familie Flöz trascinano il pubblico del Teatro Vittorio Emanuele ad un applauso ritmato e liberatorio dopo un’ora e mezza di sketch gradevoli incentrati sull’impossibilità di trovare un senso univoco ai piccoli dispiaceri ed alle grandi gioie dell’esistenza umana. Dalla nascita alla morte saltando a piè pari tutto ciò che sta in mezzo, l’impegno, il lavoro, l’amore o la formazione di una nuova famiglia: la compagnia di stanza a Berlino preferisce dedicare la propria irriverente analisi ai primi e agli ultimi momenti della vita di ogni uomo per esaltare le idiosincrasie personali e le tare universali di un mondo grettamente estraneo alle necessità dell’anima.

Tra comicità slapstick, l’avvolgente suono della fisarmonica e un humour erede del cinema muto di Charlie Chaplin e della tradizione letteraria mitteleuropea, il lavoro di Familie Flöz permette all’arte clownesca e circense di dialogare con il mondo delle animazioni con dolcezza e semplicità: un fluire disincantato ed impudente conduce verso il bianco paradiso, dove ogni cosa ritrova, simmetricamente, il proprio posto. Le maschere restano abbandonate fuori dalla scena: il loro compito si è ormai esaurito.

Domenico Colosi