“Liberare gli spazi e le menti”. Dal Teatro in Fiera al Vittorio Emanuele passando per la Casa del Portuale

Un soffitto crollato sulla platea. Macerie e polvere. Questo il Teatro in Fiera, un tempo faro della cultura cittadina, adesso dimenticato. Era abbandonato da diciassette anni quando i membri della rete antirazzista- che avevano appena sfilato in protesta contro le autorizzazioni concesse per una manifestazione regionale di Forza Nuova – sono entrati, violando l’oblio di quel padiglione del quartiere fieristico mettendo così il dito su due ferite aperte della città: quella del quartiere fieristico stesso, e del suo teatro. Fu come un sussulto che scosse la sempre troppo soporifera Messina. Si riaccese il dibattito politico e critico sul futuro dell’area in particolare e del waterfront cittadino in generale, si parlò di spazi sociali e culturali. Anche chi ha condannato il gesto dell’occupazione in quanto illegale, ha riconosciuto il merito agli attivisti della loro azione di denuncia contro l’immobilismo cittadino che lasciava i luoghi crollare nell’abbandono e i giovani migrare nell’indifferenza. Dal 15 dicembre 2012 il Teatro in Fiera fu ribattezzato “Pinelli” ed entrò nel circuito dei teatri occupati d’Italia, dal Valle di Roma, al Garibaldi di Palermo, al Coppola di Catania e tanti altri. Il Teatro in Fiera, dopo due mesi di braccio di ferro tra attivisti e Autorità Portuale, è stato sgomberato il 14 Febbraio scorso. Sono stati richiusi i saloni dell’ex Irrera a Mare, occupati in un secondo momento dagli stessi attivisti, e sono state murate porte e finestre del vecchio teatro, memoria storica cittadina al quale sembra essere destinata, nuovamente, solo la polvere e l’oblio. Il Teatro Pinelli, però, non cessò di esistere quel giorno. Divenne “itinerante” promuovendo una serie di azioni temporanee in varie zone abbandonate della città, la più duratura delle quali fece riscoprire alla cittadinanza il parco Aldo Moro nel mese di Marzo.

“Quando siamo entrati era come stare in un posto evacuato per un allarme nucleare: carte sparse per terra, armadietti ancora aperti, caschi da lavoro gettati ovunque, tutto immobile e allo stesso tempo devastato”. Così Claudio Risitano ha descritto più volte la scena da film di guerra che si è presentata sotto gli occhi degli occupanti quando, il 25 aprile scorso, sono entrati in quello stabile abbandonato, di cui quasi nessuno si ricordava più il nome se non l’esistenza, trasformandolo in un teatro occupato. L’occupazione dell’ex casa del portuale, stabile dismesso da oltre due anni in una zona dove anche la nomenclatura degli edifici parla solo di oblio e abbandono – limitrofi sono , infatti, l’ex mercato ittico, gli ex magazzini generali, l’ex silos – giunse come prosecuzione della prima occupazione che diede vita al Teatro Pinelli, quella del vecchio teatro in fiera avvenuta il 15 dicembre scorso e conclusa con lo sgombero del 14 febbraio.

Una volta dentro, i membri del Pinelli, si rimboccarono le maniche e iniziarono un duro lavoro di pulizia e restauro dei luoghi: rendendo nuovamente agibili i bagni, riordinando stanze, sgrassando pavimenti, bonificando il cortile. Nel frattempo, l’occupazione era animata da un singolare pellegrinaggio: quello degli ex lavoratori della cooperativa Italia, l’ultima a usare l’edificio, o dei congiunti, che chiedevano ai ragazzi di poter vedere la grande cornice dove, una dietro l’altra, ancora erano esposte tutte le foto dei lavoratori, vecchie ormai di anni. Nonni indicavano commossi il viso di un tempo ai nipoti, amici ridevano dei tempi passati tra loro. Era un remake di quello che successe nel teatro in fiera: là il pellegrinaggio era composto da tanti cittadini che andavano a vedere quel palco così vivo e splendido nei loro ricordi, uscendo poi in lacrime nel constatare come è, invece, ridotto.

La casa del portuale, ovviamente, non è un vero e proprio teatro, ma i pinellini non si sono persi d’animo, inizialmente gli spettacoli e i concerti venivano realizzati nelle sale più grandi dell’edificio, mentre al primo piano si allestiva la biblioteca, l’internet point e la sala-consolle per la radio. Poi nel corso dell’estate, pezzo dopo pezzo, trave dopo trave, costruirono letteralmente con le loro mani, interamente ex novo, un palco, nella sala più grane, quella dell’auditorium subito di fronte l’ingresso. Qui si svolsero le successive performance con un ottimo risultato sia artistico che di pubblico. Nel frattempo si diede vita a numerosi laboratori: di pittura, videomaker, inglese, percussioni, "conditi" da corsi di yoga, letture, iniziative cultruali varie, intrattenimento per i bambini, per non parlare delle numerose assemblee, come quella della rete antirazzista quando esplose il caso dell’accoglienza ai migranti al PalaNebiolo. “Il 24 e il 25 dicembre noi eravamo qua con i migranti perché è stato l’unico posto ad averci aperto le porte” ricorda la mediatrice del Comune, Clelia Marano.

D’estate la grande sorpresa: lo street artist di fama mondiale, conosciuto come “Blu”, dopo aver disseminato le sue opere letteralmente nei quattro angoli del globo – dall’America Latina a Gerusalemme, passando per Europa e Usa – è giunto a Messina e ha deciso di regalare una sua opera dipingendo la facciata dell’ex casa del Portuale. La notizia ha portato un piccolo pellegrinaggio di curiosi, che per giorni sono andati in via Alessio Valore, dove si trova lo stabile, a guardare il dipinto e a scattare foto, quasi come fosse un monumento. Qualcosa di simile ha dovuto pensare anche l’ex Assessore alla cultura, Sergio Todesco, che chiese alla Sovrintendenza dei beni culturali di riconosce l’opera. In quei giorni, le sedute della decima commissione consiliare, quella dedicata ai beni comuni, erano di fuoco: duri scontri si sono verificati tra chi condannava l’occupazione tacciandola di illegalità e chi ne difendeva la rilevanza sociale, tra questi, i consiglieri comunali di Cambiamo Messina dal basso Luigi Sturniolo e Ivana Risitano e buona parte della stessa Giunta. Si arrivò ad una conferenza stampa indetta da vari gruppi consiliari a cui i membri del Pinelli parteciparono in silenzio, esponendo cartelli di protesta. Nel frattempo, qualcuno ipotizzò persino di trasformare via Alessio Valore in un museo a cielo aperto di street art.

La strada in se stessa, in effetti, aveva già fatto grandi progressi nei mesi del Teatro Pinelli all’ex casa del portuale, passando dall’essere un’oscura via sconosciuta e ricovero delle più varie forme di marginalità – da quella criminale a quella sociale – ad acquistare lo statuto di strada viva sia nel dibattito politico-sociale che nella fruizione dei cittadini.

Domenica 19 gennaio, con un cielo nero e gonfio di pioggia – un clima uguale a quello del 14 febbraio scorso, giorno del primo sgombero del Pinelli: quello del teatro in fiera -. l’ex Casa del Portuale è stata sgomberata. La denuncia che ha portato ai sigilli della magistratura è stata inoltrata dal curatore fallimentare della cooperativa Italia, Placido Matasso, a cui gli attivisti rinfacciano a loro volta di essersi accorto di avere dei beni sotto la sua tutela solo dopo l’occupazione, dopo due anni di perfetto abbandono dello stabile con tutto quello che conteneva. Abituati ormai a simili avversità, i membri del Pinelli non si sono persi d’animo, occupando la sera stessa il Teatro storico di Messina, quel Vittorio Emanuele ormai da troppo tempo in ginocchio per tagli e mala gestione, tanto da essere uno sfregio tatuato nella coscienza di ogni cittadino. Gli attivisti del Pinelli, da sempre al fianco di orchestrali e lavoratori nella difficile battaglia di rilancio dell’Ente, hanno occupato temporaneamente il palco storico per iniziare un percorso che metta insieme cittadini e lavoratori della cultura. Del resto l’hanno già annunciato: “Continueremo a lottare per il mondo che sognamo”.

(Eleonora Corace)