Ashkenazy dirige al meglio un’orchestra non sempre all’altezza.

Ashkenazy dirige al meglio un’orchestra non sempre all’altezza.

giovanni francio

Ashkenazy dirige al meglio un’orchestra non sempre all’altezza.

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domenica 02 Dicembre 2018 - 05:56

Il clarinettista Dimitri Ashkenazy, figlio del grande Vladimir, il vero protagonista della serata

Il ritorno di Vladimir Ashkenazy al Teatro di Messina, dopo la sua performance dell’anno scorso, questa volta in veste di direttore dell’Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele, non ha fatto registrare, al contrario del primo giugno dello scorso, il tutto esaurito, al contrario il Teatro è apparso stranamente (vista la enorme fama del grande musicista russo) tutt’altro che gremito.

Ashkenazy, che ha diretto prestigiose orchestre nel mondo nella seconda parte della sua straordinaria carriera artistica, ha inciso notevolmente nella resa interpretativa dei famosissimi brani proposti, conducendo un’orchestra non sempre all’altezza dell’arduo compito.

Già nel brano iniziale del concerto, il celeberrimo Overture da Le nozze di Figaro mozartiane, l’Orchestra del Teatro ha infatti evidenziato alcune pecche nell’esecuzione all’unisono degli archi, ed il brano, per sua natura frizzante e movimentato, non è apparso nel complesso fluido, anche per le non poche incertezze degli ottoni.

Tali incertezze si sono purtroppo ripetute nell’esecuzione della Settima di Beethoven – la sinfonia che ha occupato per intero la seconda parte della serata – e ne hanno in parte compromesso la riuscita. Ashkenazy ha scelto tempi equilibrati in tutti e quattro i movimenti, un po’ più rallentati nel primo e quarto, probabilmente per poter meglio controllare l’esecuzione dell’orchestra, e ciò ha conferito una certa solennità a questo immenso capolavoro, comunque sempre una gioia all’ascolto.

Tuttavia quando i fiati (nella fattispecie gli ottoni, in particolare i corni) che rivestono una importanza fondamentale in questa Sinfonia, palesano incertezze e sbavature anche in momenti topici del capolavoro, financo nell’apoteosi finale del quarto movimento, il giudizio complessivo non può essere positivo e la performance rappresenta un passo indietro di questa orchestra rispetto all’esecuzione di buon livello della Traviata.

Tutt’altro discorso per l’esecuzione dello splendido Concerto per clarinetto e orchestra in la maggiore K 622 di Mozart. Qui l’Orchestra ha potuto tirare il fiato, cedendo la scena al clarinettista Dimitri Ashkenazy, figlio del grande Vladimir, il quale si è reso protagonista di una interpretazione impeccabile.
Seduto su una piccola pedana accanto al padre, Dimitri ha eseguito a memoria la meravigliosa partitura, esibendo una trasparenza cristallina nel tocco, una capacità di esaltare tutti i registri dello strumento (dal grave all’acuto) ed ha conferito al concerto quella patina di rassegnata malinconia, di atmosfera trasognata, che lo rendono così affascinante e nello stesso tempo così misterioso.

Applauditissimo, il clarinettista, che ha abbracciato il padre al termine della sua esibizione, può considerarsi il vero protagonista di una serata fatta forse più di ombre che di luci, ma illuminata da quella fulgida di Dimitri Ashkenazy.

Un commento

  1. Nessun commento sulla scandalosa politica dei prezzi ? ( 38 € per una prina galleria ) . Concordo riguardo l’inadeguatezza dell’orchestra e degli ottoni in particolare , qualche dubbio sull’esecuzione del concerto per clarinetto di Mozart , specialmente nel corso del primo movimento .

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