Amministrative 2013: lo strano caso delle sentenze “a rate” del Cga

Potremmo quasi parlare dello “strano caso dei ricorsi in appello al Cga” per l’elezione di Accorinti, perché gli elementi singolari ci sono tutti. Leggendo il dispositivo della sentenza che rigetta uno dei due appelli vengono evidenziati i motivi per i quali i Giudici di secondo grado confermano l’inammissibilità del ricorso stabilita dal Tar con la sentenza di gennaio. Contemporaneamente il secondo appello, che finora ha seguito lo stesso percorso del primo, è stato discusso nel corso delle stesse udienze (sia al Tar che al Cga), seguito dagli stessi avvocati, Martella e Marchese, ed al Tar ha visto due sentenze “speculari”, e che infine vede anche lo stesso giudice relatore al Cga, è ancora in attesa di decisione.

Già il fatto che un’intera città abbia dovuto attendere sei mesi per la prima delle due sentenze del Cga fa riflettere. D’accordo, Messina non ha mai avuto un “grande peso” tra le città dell’isola, ma già da luglio 2013 la telenovela dei ricorsi è stata di fatto una sorta di “fiato sul collo” per entrambe le parti. Un’amministrazione non può essere totalmente serena se non sa fino a quando durerà il suo mandato ed allo stesso modo anche l’opposizione non può assolvere il suo ruolo fino in fondo per lo stesso motivo. Arrivare ad una “sentenza part-time” dopo sei mesi ed in attesa che si possa conoscere l’esito del secondo ricorso (analogo nei contenuti e nelle istanze, discusso nella stessa udienza, presentato dagli stessi avvocati, e con lo stesso giudice relatore), ha del paradossale. Potrebbe essere accolto il ricorso o respinto, ma in quest’ultimo caso perché non decidere contemporaneamente, come ha fatto peraltro il Tar?

“Non riesco a trovare spiegazioni al fatto che la seconda sentenza non esce- è l’unico commento dell’avvocato Silvano Martella– Se non la spiegazione che sono diverse, ma a questo punto non so neanche immaginare in cosa possano essere diverse le due sentenze, visto che tutti gli elementi e i presupposti sono gli stessi”.

Andiamo adesso alle motivazioni del rigetto da parte del Cga che conferma quanto deciso dal Tar che a gennaio ha dichiarato inammissibile il ricorso per la genericità delle censure formulate.

“Le argomentazioni con le quali gli appellanti contestano la pronuncia di inammissibilità del ricorso introduttivo di primo grado e dei motivi aggiunti non persuadono e la sentenza gravata merita conferma”, scrive il Cga.

I giudici del Tribunale amministrativo avevano dichiarato inammissibile il ricorso definendo le doglianze generiche ed esplorative: “un’impugnativa elettorale può presentarsi come “esplorativa” ancorché sorretta da doglianze specifiche, perché un altro degli indici caratteristici della natura esplorativa è ravvisabile nell’elevata consistenza numerica delle schede contestate” e che i motivi “ risultano connotati da una finalità volta ad innescare il mero riesame delle contestate operazioni elettorali”.

I giudici di primo grado quindi nel rigettare il ricorso avevano sottolineato quello che poteva apparire come un istanza che puntava esclusivamente al riconteggio, ad un tentativo, a loro giudizio, di “sparare nel mucchio” (nonostante l’indicazione dettagliata delle sezioni) dal momento che su un elevato numero di sezioni alla fine quei 59 voti mancanti si sarebbero trovati. Sia il Tar che il Cga sottolineano come il ricorso punti al riesame dei voti e non all’annullamento del voto del 9 e 10 giugno.

“Tipica del ricorso esplorativo è la circostanza che il ricorrente non intende ottenere una pronuncia in grado di dissipare un’incertezza circa la valutazione giuridica di un fatto- si legge nella sentenza del Cga- ma tende a conseguire, mediante l’istruttoria processuale un risultato consistente nella più o meno ampia rinnovazione dello scrutinio dei voti espressi”

Entrando nel merito il Cga rileva come gli appellanti abbiamo elencato un’ampia gamma di irregolarità dei verbali delle operazioni elettorali “sostenendo che, relativamente al cospicuo numero di sezioni interessate, dovesse ritenersi mancante un dato certo delle sezioni ed una attendibile ricostruzione da parte dell’Ufficio centrale ai fini dell’attribuzione del voto di preferenza a sindaco, con la conseguenza che si imponeva l’accertamento dei voti espressi mediante un nuovo spoglio. Tali critiche non sono accompagnate dall’indicazione di quale avrebbe dovuto essere il risultato corretto e rimangono generiche. Le censure restano affidate ad un ragionamento di tipo probabilistico, ossia alla presunzione che facendosi questione di migliaia di voti se ne possano rinvenire, nel complesso delle sezioni, a sufficienza per produrre l’elezione al primo turno del candidato Calabrò”.

La tesi della difesa e cioè che la prova è rappresentata proprio della mancanza o lacunosità o irregolarità dei verbali non con convince il Cga che aggiunge: “ Va, per maggior chiarezza puntualizzato che gli appellanti non affermano che le operazioni di voto si siano svolte irregolarmente e non mirano alla rinnovazione delle votazioni, ma strumentalizzano carenze o irregolarità più o meno ampie nella verbalizzazione dei voti espressi al fine del riconteggio dei voti.

In sintesi quel che il Cga rileva è l’aver chiesto il riconteggio piuttosto che direttamente l’annullamento del primo turno.

“La segnalata genericità delle censure e il rilevante numero di sezioni coinvolte costituiscono indici sintomatici della natura esplorativa del ricorso. I motivi dell’impugnativa elettorale sono, dunque, congegnati, nel loro complesso, in modo tale da ricomprendere un assai elevato numero di sezioni e di voti, prospettando l’esigenza di ripetere in sede giurisdizionale lo spoglio di tutte o, di gran parte delle schede elettorali. Tanto lascia chiaramente trasparire l’intento di verificare se fosse possibile rintracciare, tra le migliaia di schede coinvolte, quei pochi voti che avrebbero consentito al candidato Calabrò di superare il 50% più uno dei voti validi al primo turno; scopo, questo, che determina l’inammissibilità dell’azione esperita sotto l’assorbente profilo teleologico. In conclusione, va condivisa la valutazione del primo giudice circa la natura esplorativa dell’impugnazione proposta in primo grado e l’appello deve essere respinto”.

Ma non è ancora questa la parola fine della vicenda. Perché si attende ancora la sentenza sul secondo ricorso. Sei mesi non sono bastati. Messina deve ancora aspettare.

Rosaria Brancato