Concorso esterno in associazione mafiosa, imputazione coatta per Raffaele Lombardo

Il gip di Catania Luigi Barone non ha accolto la richiesta di archiviazione presentata dalla Procura etnea e ha disposto l’imputazione coatta per concorso esterno all’associazione mafiosa e voto di scambio aggravato del presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, e di suo fratello Angelo, deputato nazionale del Mpa. La decisione del Gip (che spesso è l’anticamera della richiesta di rinvio a giudizio) è arrivata all’indomani della conclusione dell’udienza camerale. La Procura aveva riconfermato la richiesta di archiviazione del fascicolo spiegando che la valutazione si basava sulla cosiddetta «sentenza Mannino». Alla richiesta della pubblica accusa si erano associati anche gli avvocati difensori. La posizione di Raffaele e Angelo Lombardo è stata stralciata dall’inchiesta Iblis nata da indagini di carabinieri del Ros su presunti rapporti tra mafia, affari e politica.

LA “DIFESA”
Per l’avvocato Guido Ziccone, legale dei fratelli Lombardo, l’imputazione coatta «non è una pronuncia definitiva, ma una decisione che dovrà passare al vaglio di un Gup. In quella sede – aggiunge il penalista – faremo valere con forza, determinazione convinzioni le nostre ragioni. Noi eravamo e siamo sereni perché certi delle nostre ragioni». Si dice sorpreso, invece, Raffaele Lombardo: «Non mi aspettavo questa ordinanza del gip ma sono sereno e rispettoso del lavoro dei magistrati. Non ho mai chiesto favori e voti ai mafiosi. Dimissioni nella peggiore delle ipotesi? La peggiore delle ipotesi non esiste, quello che esiste è la verità. E io su questa vicenda scriverò un memoriale». La peggiore delle ipotesi, ovviamente, sarebbe il rinvio a giudizio.

LE REAZIONI POLITICHE
La notizia dell’imputazione coatta ha ovviamente “scosso” gli ambienti politici palermitani. Dopo una sorta di “briefing” interno al partito di Fli, i finiani Fabio Granata e Carmelo Briguglio hanno dichiarato: «Conosciamo Raffaele Lombardo e sappiamo, anche dai suoi atti di governo condivisi da assessori come Caterina Chinnici e Massimo Russo, che è persona ben diversa sia del maestro della Santelli, Cesare Previti, sia dall’ex ministro Romano e dai suoi amici come Pippo Gianni e si comporterà anche in questa circostanza con correttezza e coerenza rispetto alla complessa vicenda giudiziaria che lo riguarda, se e quando dovesse perfezionarsi il rinvio a giudizio». “Attendista” ma anche polemico il presidente del gruppo Pd all’Ars, Antonello Cracolici: «La telenovela continua, oggi è andata in onda una nuova puntata. Adesso toccherà ad un altro giudice pronunciarsi sull’eventuale rinvio a giudizio. Per quel che mi riguarda, il Pd sarà coerente con quello che abbiamo sempre detto: di fronte ad un rinvio a giudizio per fatti di mafia, interromperemo il sostegno al governo. Ma, ripeto, ci toccherà vedere ancora altre puntate prima che la telenovela finisca». Più severo il segretario regionale di Sel, Erasmo Palazzotto: «La Sicilia non può avere un presidente sotto processo per concorso esterno in associazione mafiosa. Raffaele Lombardo si deve dimettere, solo questo gesto potrebbe ridare dignità alla politica nella nostra regione. Chiediamo al Partito democratico di chiudere definitivamente questa pagina oscura della storia siciliana non è possibile dirsi forza del cambiamento e allo stesso tempo sostenere col proprio voto un governo su cui grava l’ombra del compromesso con la mafia».