Limosani: “Quando potere economico e politico si uniscono si crea un circolo vizioso patologico”

Terza puntata dell'analisi del professor Limosani. In allegato le prime due puntate dedicate alla rete degli scambi sociali

ll potere e la selezione della classe dirigente

Concludiamo queste brevi riflessioni sul rapporto etica/economia con un cenno ai mega-nodi all’interno della rete degli scambi sociali, ossia quei pochi soggetti in grado di controllare enormi risorse; il lato corto del trapezio. Lasciamo da parte, anche se meritevole di attenzione, ogni considerazione relativa alle modalità di accesso ai mega-nodi (elezioni, designazione, concorsi) e concentriamo la nostra riflessione sui mezzi di cui i mega-nodi si servono per condizionare o influenzare il comportamento dei cittadini. In questa prospettiva, possiamo distinguere tre forme di potere: economico, ideologico, politico.

E’ chiaro a tutti come coloro che possiedono enormi mezzi economici, finanziari e patrimoniali possano esercitare una forte influenza su coloro i quali questi mezzi non li possiedono. Il potere ideologico, invece, si fonda sull’influenza che le idee e le opinioni, avanzate da certi soggetti investiti di autorità, hanno sul comportamento dei cittadini. Da questo tipo di condizionamento nasce l’importanza delle istituzioni culturali e di informazione, in quanto contribuiscono a diffondere i valori che sono alla base dello stare insieme in una comunità. Il potere politico, infine, si fonda sul controllo degli strumenti e delle procedure attraverso i quali si esercita il potere dello Stato; un potere più forte rispetto agli altri due in quanto capace di costringere i soggetti ad adeguare i propri comportamenti alla legge, pena la sanzione.

L’analisi sociologica ed economica suggerisce che gli equilibri che si raggiungono nel sistema sociale dipenderanno dalla dimensione relativa dei tre poteri. In una società in cui coesistono molti gruppi imprenditoriali e una consistente base produttiva (il potere economico), una pluralità di istituzioni culturali e gruppi organizzati – giornali, fondazioni, università, chiesa, associazioni – che promuovono idee, valori, visioni della società (potere ideologico) e, infine, il necessario potere politico – lo Stato e le sue articolazioni territoriali – si affermerà, con buona probabilità, un assetto sociale che terrà conto sia delle posizioni di forza dei singoli poteri ma anche della funzione che ogni potere può svolgere meglio. In una situazione in cui, invece, esistono un sistema produttivo debole, pochi gruppi organizzati in grado di esercitare il potere ideologico e una pervasiva presenza del potere politico, si possono generare equilibri “patologici”. In un simile contesto, poi, la situazione rischia di degenerare se le tre forme di potere non sono separate o, in altri termini, si assiste alla concentrazione di più poteri nelle mani di un singolo mega-nodo. I costituzionalisti suggeriscono come sia un bene per la libertà e la democrazia che al potere economico non sia associato quello politico o ancora che al potere ideologico non siano associati il potere economico e politico.

Ma un altro aspetto delicato della questione è quello della selezione della classe dirigente. Molto spesso, infatti, i mega-nodi sono chiamati a indicare, designare, proporre, selezionare, direttamente o indirettamente, i soggetti che occupano i nodi inferiori della rete. Ma quali sono i criteri attraverso i quali chi esercita il potere seleziona la classe dirigente della comunità? Quanto più il sistema funziona secondo le regole di mercato – il settore privato – e i principi di efficienza, economicità ed efficacia – il settore pubblico – tanto più prevarranno le qualità professionali, secondo una comprovata capacità di perseguire obiettivi considerati preminenti rispetto alle finalità della istituzione (merito). Se viceversa prevalgono settori non esposti alle regole del mercato e istituzioni pubbliche che sconoscono la prassi e i principi del buon governo, senza per ciò incorrere in alcuna sanzione politica, si può essere tentati di a) favorire le persone in base all’appartenenza familiare diretta o affine e quindi consolidare la presenza e il potere della famiglia nella comunità; b) facilitare l’ingresso di soggetti “leali” a colui che designa, sui quali è possibile esercitare una sorta di controllo, e tutto ciò indipendentemente dalle capacità personali. Se tutto questo, poi, è finalizzato al controllo dei nodi rilevanti della rete degli scambi sociali allora il circuito vizioso scambio sociale-rete-potere politico si chiude; un circuito che ha in sé la forza di mantenersi e autoriprodursi, al di là del colore politico, e che produrrà effetti per diverse generazioni.

In una comunità in cui il potere politico è pervasivo ed invasivo, prevalgono ampi settori dell’economia al riparo dalla concorrenza e dalla prassi del buon governo, la rete degli scambi sociali è ben strutturata, si alimenta un sistema che vive dell’apatia dei cittadini che coltivano i propri interessi privati, mentre la “nomenclaturaha trasformato l’interesse pubblico in quello diretto a conservare il proprio potere. E tutto ciò con una sistematica “mortificazione” delle capacità, del talento e della creatività dei cittadini; un esercizio del potere al fine solo di accumulare potere.

Michele Limosani