Cuffaro: “Ho una condanna infamante, non torno in politica, non farei una cosa giusta per la Sicilia”

Se tornassi alla politica attiva non farei una cosa giusta per i siciliani e per la Sicilia. Non voglio che si dica a causa mia “ancora questo st…tra i piedi”. Non voglio si dica: i siciliani sono rappresentati da uno che ha quest’accusa infamante. Quando ero in carcere non riuscivo a vivere col peso del pensiero che la mia storia era solo schifo. Così ho studiato giurisprudenza, tra poco prenderò anche la laurea, volevo studiare per tornare a parlare del processo. Poi sono uscito e sono stato travolto dall’affetto della gente. Non ho prebende da dare, non ho potere da distribuire. Venendo qui ho raccolto le lacrime e gli abbracci della gente. Il resto della mia storia quindi non è riscrivere il processo, perché è scritta negli occhi di chi incontro. Cosa diversa è il ritorno in politica di chi ha avuto una sentenza infamante come la mia. Non posso lasciare che si accusi la Sicilia a causa mia”.

Per tutto il tempo della presentazione del suo libro, moderata dal giornalista luca Telese “L’uomo è un mendicante che crede di essere un re”, Totò Cuffaro, non ha parlato del processo, concluso con la condanna a 7 anni, di cui 5 passati in carcere, né di politica. Queste dichiarazioni le ha rilasciate a fine serata, nel salone della Borsa della Camera di Commercio. Per tutto il tempo, lui, diventato Tota Pig quando è entrato in cella, ha parlato della vita in carcere e del suo accettare una sentenza perché “ogni uomo ha il diritto di accettarla anche se si ritiene innocente”. Lui, Tota Pig, e Valentina Calderone autrice insieme a Luigi Manconi, Stefano Anastasia, Federica Resta del libro Abolire il carcere, hanno dato voce a 53 mila detenuti spiegando perché il carcere non è la soluzione. Perché il carcere disumanizza e non redime, ma è luogo nel quale “in 5 anni ho visto 6 suicidi, l’ultimo dei quali aveva scontato 27 anni e dopo soli 3 mesi sarebbe uscito. Si è tagliato la gola con due lamette, aveva paura della libertà”.

Gli interventi sono stati intervallati dalla lettura dei brani dei due libri fatta dall'attore Michele Falica

Ad attenderlo centinaia di persone e “Totò vasa vasa” si è fermato ad abbracciare ed a salutare tutti, di molti ricordandone nomi e volti. Moltissimi gli esponenti politici che non hanno esitato ad incontrarlo ben sapendo che da quando è uscito dal carcere Totò Cuffaro è come nella diceria dell’untore, un appestato, e chi lo tocca ne viene contagiato. Non per nulla le sue dichiarazioni hanno scatenato l’inferno nel Pd renziano (leggi qui l’articolo sulle polemiche).

“Ogni volta che parlo si scatena di tutto. I dirigenti nazionali del Pd hanno discusso per 1 mese su una cosa che ho detto e che era un’ovvietà. Sono stato eletto da 1 milione e 800 mila siciliani, adesso quei voti da qualche parte saranno pure andati o no? Quelli che tutti definiscono gli amici di Cuffaro da qualche parte saranno andati o no? E il Pd nazionale ha litigato per giorni per capire se gli amici di Cuffaro sono andati nel partito quando c’era Bersani o quando c’era Renzi. Quel che mi preoccupa è la sfiducia generalizzata. A me piace quel che stiamo facendo accogliendo migliaia di migranti. Noi questo eravamo, immigrati, ci chiamavano così. Se ora il sindaco di Londra o quello di New York sono figli e nipoti di immigrati lo dobbiamo solo a chi ci ha dato l’opportunità di arrivare fin lì. Per questo vado in Africa. Per fare la mia parte. Questa è la mia storia adesso. Sono stato fortunato, perché posso dare voce a 53 mila detenuti che non l’hanno avuta. Ho avuto la forza di parlare con la mia anima, nonostante la prigione ti tolga tutto, anche la possibilità di stringere la mano di tua madre o tuo padre che sta morendo. Scrivere mi ha fatto sopravvivere al carcere. Ho subito una radicale ingiustizia ma la vita mi impone di combattere per la verità non innalzando bandiere ma gettando ponti”.

Non ha mai nascosto quel che pensa di Crocetta e dipinge la Sicilia oggi come una sposa devastata, né che per il futuro immagina un centro-destra moderato, un po’ come il modello Marchini di Roma. Ma non fa nomi, per evitare di “contagiare” e marchiare l’eventuale prescelto. Perché, come scrive Tota-Pig nella pigsty-prison “chissà se si resta detenuti anche quando si è usciti” e la verità è che sì, nonostante si parli di perdono che può valere in generale per tutti ma per qualcuno no, se sei quel qualcuno resti per sempre detenuto. Nel caso di Cuffaro è vero più che per gli altri, se appena dice che un suo amico è finito nel Pd subito scatta la caccia alle streghe e Raciti va a studiarsi una per una le tessere dei nuovi iscritti.

Scrive Valentina Calderone “Ecco perché nessuno (nemmeno Berlusconi) deve andare in galera. Perché se si conosce davvero la realtà del carcere non la si augura a nessuno”. Cuffaro ha scontato la condanna ma è rimasto detenuto anche quando è uscito, il mondo fuori glielo ricorda ogni giorno.

Scrive Giulio Ambrosetti: “Ci vuole coraggio da leoni per pronunciare una condanna di una severità mai vista e di pronunciarla non in presenza di prove schiaccianti ma davanti ad una tempesta di dubbi. La condanna è il frutto di un libero convincimento dei giudici circa le dimostrate responsabilità penale di Cuffaro oltre ogni ragionevole dubbio o in presenza di dubbi avvalorati dalla richiesta del pg di far cadere le accuse di mafia, si è preferito condannare l’imputato perché l’alternativa al marchio di mafioso a vita appariva fin troppo liberale?”.

Quel suo essere “untore”, che pure non ferma la gente in Sicilia che ad ogni incontro affolla le sale, ha causato “incidenti diplomatici” anche a Messina, dove la presenza a titolo personale di Elvira Amata, capogruppo di Sicilia Futura, con tanto di abbraccio all’ex governatore, ha portato il leader del gruppo Beppe Picciolo a prendere le distanze: “Per la nostra Elvira Amata i rapporti umani hanno avuto la prevalenza sui ruoli politici . E ci sta tutto, anzi sarebbe molto peggio se ciò potesse avvenire nel “retro bottega di un qualche negozio del centro. Ciò non esprime alcuna posizione politica o tanto più un giudizio sulla triste vicenda di Totò Cuffaro, la cui storia di uomo pubblico è stata stigmatizzata da una condanna definitiva per fatti gravissimi. Riscontriamo solo il desiderio di Elvira di manifestare pubblicamente un antico rapporto personale. E per tutti noi la piena consapevolezza di ciascuno di poter esprimere i propri sentimenti in qualsiasi occasione, senza per questo dover coinvolgere il nostro gruppo politico".

In una nota la consigliera comunale di Cambiamo Messina dal basso Ivana Risitano stigmatizza il comportamento della stampa, che ha fatto un putiferio sulle vicende di Eller ma non si è scandalizzata per la presenza di numerosi consiglieri comunali (sopratutto di area genovesiana) alla presentazione del libro di Totò Cuffaro.

L’uomo è un mendicante che crede di essere un re è un libro sul carcere, sulle celle dove dormi, fai pipì e cucini nello stesso metro quadro, dove vedi solo un pezzo di cielo. E’ un libro sul potere e sugli inferi, sulle miserie umane e sulle speranze, che riguardano tutti, chi ha peccato e chi no, chi tace e chi si ribella. E’ un libro sulla Sicilia, vista attraverso chi l’ha governata e attraverso stralci di opere di Verga, Capuana, Sciascia, Bufalino, la Sicilia “che è dispari”. E’ la storia di un politico condannato per aver favorito la mafia che non si vergogna delle lacrime e si firma Tota Pig anche nella dedica ai figli ed alla madre.

Il ricavato del libro andrà in beneficenza per costruire un campetto di calcio per il carcere di Gazzi.

Rosaria Brancato