Ultimo sbarco, fermati i tre presunti scafisti. Ad incastrarli le testimonianze dei profughi

Hanno raccontato di un viaggio terribile, ammassati come le bestie su due barconi malandati, al limite tra disperazione, maltrattamenti e bastonate. Quando sono sbarcati sulle coste messinesi dalla nave mercantile Etna, i 500 migranti avevano paura ed erano stremati, eppure le loro testimonianze sono state determinanti per gli uomini della Squadra Mobile di Messina che, nel giro di poche ore, sono riusciti ad identificare e fermare i tre presunti scafisti.

Si tratta dei tunisini Mohdi Almsri, 35 anni, e Faras Lofti, 31 anni, e dell’egiziano, Asaid Ramodan, 26 anni, che adesso si trovano nel carcere di Gazzi con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Due di loro guidavano un barcone con sopra 300 profughi, l’altro (ma non si esclude che vi fossero ulteriori scafisti) ne trasportava 200.

Decine e decine di storie raccolte non senza difficoltà dagli uomini della Mobile hanno permesso di tracciare un denominatore comune per i “traghettatori di uomini”: carnagione più chiara e lingua araba. Le indagini hanno così consentito di riconoscere, tra i 372 uomini, le 96 donne, i 56 minori e le 8 ragazzine, chi fossero i 3 scafisti.

Partiti dalle coste libiche, i due barconi erano stati recuperati tre giorni fa nel canale di Sicilia, a largo di Lampedusa, dalle navi Sirio e Dattilo della Capitaneria di Porto impegnate nell’operazione Mare Nostrum. Era stato proprio durante le fasi di abbordaggio che i tre scafisti avevano tentato di camuffarsi tra gli altri migranti. Poi il passaggio nella nave mercantile Etna, l’approdo a Messina, la sistemazione temporanea nella Chiesa dell’Immacolata e, nel giro di poche ore, il trasferimento in altre zone della Sicilia e, in parte, nelle tende del Palanebiolo dell’Annunziata. (Veronica Crocitti)