Operazione Pathology, gli arrestati si difendono. Le intercettazioni

Operazione Pathology, gli arrestati si difendono. Le intercettazioni

Alessandra Serio

Operazione Pathology, gli arrestati si difendono. Le intercettazioni

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giovedì 07 Dicembre 2017 - 09:21

Mentre gli interrogatori vanno avanti, le intercettazioni svelano la rete di rapporti con i responsabili degli uffici Inps e le preoccupazioni dei protagonisti, che parlano di certificati e timbri falsi.

Lunga giornata di interrogatori, quella di ieri, per il Gip di Patti Eugenio Aliquò, impegnato con i primi interrogatori di garanzia dell’operazione Pathology. I faccia a faccia col giudice proseguono anche oggi e persino domani, malgrado la festività, se in giornata non saranno completati.

Ieri è toccato ai principali protagonisti dell’inchiesta, il duo Anna Ricciardi e Francesco Piscitello. Entrambi hanno deciso di rispondere alle domande del magistrato e del procuratore capo Rosa Raffa, difendendo il proprio operato e respingendo le accuse. Per gli inquirenti, però, ci sono pochi dubbi sul fatto che avessero messo in piedi, nello studio, un vero e proprio sistema truffaldino per ottenere per i loro clienti le invalidità Inps desiderate.

In particolare, nel provvedimento cautelare siglato dal giudice Aliquò, si fa riferimento ad una conversazione dell’ottobre 2015. Per gli inquirenti è particolarmente significativa perché mostra la preoccupazione dell’avvocato e del medico all’arrivo nello studio di un soggetto estraneo.

E non uno qualunque, bensì il figlio di Antonino Ventura, responsabile dell’ufficio Inps di Barcellona. Il figlio vuole abilitarsi quale avvocato e chiede di poter svolgere la pratica nello studio della Ricciardi. Il medico non è d’accordo, ma l’avvocato gli spiega che a Ventura non può dire di no.

E’ lo stesso responsabile Inps a spiegarlo, anzittutto, parlando con la nipote: “faccio assumere mio figlio da un avvocato (la RICCIARDI) che sia in debito con me.”

Altrettanto significativa, secondo il giudice, la conversazione avvenuta nello studio dell’avvocato di Brolo, alla presenza di un altro collaboratore, impiegato in un patronato.

RICCIARDI: “non posso dire di no a VENTURA, mi ha sempre aiutato”.

PISCITELLO: “noi dobbiamo stare attenti qui falsifichiamo certificati, prendiamo accordi…io non ho intenzione di far visionare ad altri i cazzi dove io ci rimetto il culo…in ufficio ho tutte le copie dei timbri di tutte le persone e se aprono il computer a Gazzi direttamente mi portano (mi arrestano)!!”

PINO Antonino: “dobbiamo stare attenti. Tuteliamo i computer con delle password”.

RICCIARDI: “non riferirò nulla dei nostri affari.”

Il figlio di Ventura comincia la pratica qualche settimana dopo, e questo è un altro brandello di conversazione che gli investigatori ritengono particolarmente significativo:

PISCITELLO: "....non parlare di dargli le chiavi dello studio Anna!?"

RICCIARDI: "E secondo te, se lui un giorno viene alle tre di pomeriggio io che faccio?"

PISCITELLO: "Lui viene negli orari in cui c'è Nino!! Non parlare di dare le chiavi!! La

devi smettere porco disa!! Non ti puoi fidare! Ma sei stupida!"

PINO: " …. magari se parla con cose di suo padre! Gli può dire cose!"

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