Le emozioni di “I miei occhi cambieranno” di Celeste Brancato

I miei occhi cambieranno racconta, in una sorta di Niagara dell’anima, gli ultimi giorni di vita dell’attrice messinese Celeste Brancato morta a 40 anni per un male incurabile. Suoi colleghi sono stati Lombardi, Bonacelli, Carpentieri ed è stata diretta da registi del calibro di Cobelli, Lievi, Latella, Corsini e altri e scriveva pure racconti la Brancato. E giusto dal suo ultimo, titolato Certo che mi arrabbio, elaborato drammaturgicamente da Giusi Venuti, che si occupa di filosofia e bioetica e dal regista Giampiero Cicciò, ne è venuto fuori uno spettacolo emozionante, vibrante, difficile da dimenticare. Uno spettacolo di 70 minuti, ironico e beffardo, che è un continuo grido munchiano verso quel male che l’aveva colpita e verso quel “mandarino” che le era stato estirpato senza però riuscire a sconfiggerlo definitivamente. E’ un urlo laico il suo di cui si fa carico Federica De Cola, che ne veste i solipsistici panni, anzi la sottoveste bianca, in una prova davvero formidabile, ricca di sfumature lessicali e di posture corporali, che s’aggira sul nero e vuoto palcoscenico della Sala Laudamo, avendo intorno solo un tavolo-lettino, un cuscino che talvolta abbraccia e una sedia (scene e costumi di Francesca Cannavò, luci di Renzo Di Chio). E’ un urlo di ribellione universale quello della De Cola, straordinariamente somigliante alla stessa Brancato, scagliato da colei che non vuole essere ridotta a semplice caso clinico e che con lucida follia e tagliente ironia ci parla del suo dolore, attraverso cui gli esseri umani possono migliorare se solo accettano di viverlo come un’opportunità di cambiamento e di trasformazione. Dopo un oceanico applauso finale, ha fatto seguito un importante dibattito sul decorso – non solo sanitario – delle malattie terminali, con la partecipazione dell’oncologo Giuseppe Altavilla e di esperti di medicina, filosofia morale e bioetica.- Gigi Giacobbe