Anche Sel sul Centro Nato all’Arsenale: “Scegliere tra lavoro o salute è l’ennesimo ricatto alla città”

Non si placano le polemiche sull’Arsenale. E’ la volta di Sinistra Ecologia e Libertà che definisce uno scenario miraggio gli investimenti da 25-30 milioni e l’aumento dell’occupazione per il centro d’eccellenza per la demilitarizzazione delle navi Nato: “La città di Messina potrebbe diventare punto di riferimento Nato per navi piene d’amianto e potenzialmente portatrici di altre sostanze nocive (oli, vernici, policlorobifenili, morchie, ecc.) che verrebbero smantellate in una struttura attualmente non adeguata a tale attività e per normativa ambientale sicuramente non adeguabile (troppo vicina al centro abitato), esponendo centinaia di lavoratori ad attività lavorative altamente a rischio.
La zona falcata – prosegue Sel – è distante dal centro cittadino solo qualche centinaio di metri in linea d’aria e proprio di fronte ai suoi impianti attraccano annualmente centinaia di navi da crociera, l’ultima vera ricchezza del nostro porto e della nostra città seppure ancora non adeguatamente sfruttata”.
Il circolo cittadino “Matteo Cucinotta” di Sel pone delle domande: “Cosa faranno i grandi armatori di navi da crociera sapendo che vicino alle banchine dove sono attraccate le loro navi si svolgono attività altamente pericolose? E le migliaia di persone che frequentano l’area portuale per lavoro o per traghettare? E che fine faranno tutti i progetti di riconversione ecologica della zona falcata, la tutela e la valorizzazione dei suoi beni culturali ed ambientali, il tanto decantato Piano regolatore del Porto, le tante discussioni sullo sviluppo turistico e sostenibile dell’area?”
Come già la Cisl, oggi anche Sel ricorda la triste esperienza della Smeb: “La degassifica della Smeb, trasformata col tempo in inceneritore per rifiuti tossici, dovrebbe avere dimostrato ampiamente i rischi per i lavoratori e per i cittadini per la presenza di un impianto altamente insalubre nel cuore della città e la necessità di pensare ad un percorso di sviluppo rispettoso dell’uomo e dell’ambiente”.
Non manca un riferimento al Libro verde 2007 dell’Unione Europea dal titolo “Per una migliore demolizione delle navi” che recita: “La demolizione delle navi è un’attività pericolosa… è motivo di preoccupazione… Le imbarcazioni militari costruite tra gli anni ’60 e i primi anni ’80 contengono quantitativi relativamente elevati di amianto e altri materiali pericolosi. Attualmente la gran parte delle navi, soprattutto mercantili, vengono demolite nei cantieri di India e Bangladesh dove, per la mancanza di adeguate misure di protezione per l’uomo e l’ambiente, un lavoratore su sei del più grande sito di demolizione indiano, Alang, soffre di asbestosi (fibrosi del polmone che colpisce lavoratori esposti a fibre di amianto) e dove si riscontra un tasso di incidenti mortali sei volte superiore a quello dell’industria mineraria del paese. In Bangladesh, tra il 1998 e il 2003 circa 200 lavoratori impegnati nella rottamazione di navi sono morti per incidente”.
Sel conclude ricordando le locali esperienze negative: “La nostra provincia e la nostra regione hanno purtroppo pagato già un prezzo troppo alto in termini di vittime ed inquinamento per avere ospitato nel proprio territorio attività altamente insalubri (Milazzo, Villafranca, Gela, Priolo) con il miraggio di nuova occupazione e di nuovi investimenti. Non possiamo né dobbiamo accettare quello che appare come l’ennesimo ricatto: scegliere tra lavoro o salute”.