Il destino del Comune appeso a un filo. Corsa contro il tempo per fare in due mesi ciò che non è stato fatto in sette

Ministero dell’Interno e Corte dei conti. L’ultimo treno rimasto per viaggiare in direzione risanamento del Comune di Messina dovrà necessariamente fermarsi in queste due stazioni.

Con la bocciatura del Piano decennale di riequilibrio da parte del Consiglio comunale – che in larga parte ha preferito astenersi sulla delibera presentata dall’Amministrazione Accorinti solo qualche ora prima dal voto (vedi correlato)– il percorso per tentare di scongiurare il dissesto ed agguantare il “salva-comuni” nazionale ha come tappe obbligate il Governo nazionale e la sezione regionale della Corte dei conti, a cui bisognerà dare comunicazione ufficiale di quanto avvenuto in Aula mercoledì sera.

Saranno quindi i rappresentanti del Dicastero dell’Interno ed i magistrati contabili a dover concedere a Palazzo Zanca la possibilità di accedere al comma 573 della Legge di stabilità, in virtù del quale i Comuni che hanno ottenuto un diniego al documento di riequilibrio da parte del’organo consiliare possono ottenere una proroga di 90 giorni dal momento della pubblicazione della legge (nel caso specifico sino al 30 marzo) per la rimodulazione dello stesso. Come più volte spiegato nei giorni scorsi, l’intento dell’amministrazione è quello di sfruttare l’eventuale maggior tempo a disposizione per agganciare anche il Decreto-legge 35, che consentirebbe di spalmare in 30 anni i debiti certi, liquidi ed esigibili del Comune nei confronti delle imprese fornitrici , alleggerendo notevolmente il piano decennale. Bisognerà però attendere sino al 28 febbraio per conoscere termini e requisiti per aderire al DL35.

Nella migliore delle ipotesi, il Fondo di rotazione nazionale, che dovrebbe portare in riva allo stretto circa 55 milioni di euro, ed il DL35 diverrebbero così due vere e proprie ancore di salvezza per il Comune, nel suo ultimo e disperato tentativo di allontanare definitivamente lo spettro del default. L’obiettivo da raggiungere è dunque chiarissimo, resta qualche dubbio sulla reale e concreta possibilità di portare a termine quella che in questo momento appare una mission impossible per l’amministrazione Accorinti.

Anche ammettendo che il Ministero e la Corte dei Conti diano il via libera al prolungamento dei termini e che il Comune riesca ad intercettare i fondi del DL 35, l’esecutivo di Palazzo Zanca riuscirà a presentare in soli due mesi un piano decennale economicamente sostenibile e corredato di tutti quegli atti che non è riuscito a produrre in 7 mesi?

Il piano di riequilibrio bocciato dal Consiglio mercoledì sera – che qualche consigliere comunale ha definito da «scuola elementare» – è infatti totalmente sprovvisto di quei documenti e di quei passaggi amministrativi che il Ministero, la Corte dei Conti e persino l’Ifel considerano propedeutici e fondamentali per la redazione del documento di risanamento e che attengono, in particolar modo, ai rapporti con le società partecipate. Nel suo interevento in Aula, il sindaco Renato Accorinti ha voluto sottolineare che «le partecipate sono i veri buchi neri di questa città». Buchi anzi vere e proprie voragini di debiti, per colmare i quali – come esplicitamente indicato da Ministero, magistratura contabile e tecnici della Fondazione dell’Anci – urge stipulare i contratti di servizio e procedere all’allineamento delle contabilità. Tuttavia, nelle 38 paginette del piano redatto nell’arco di 24 ore non c’è traccia dei contratti di servizio né con l’Amam né con l’Atm né con Messinambiente e tra i bilanci del Comune e quelli delle sue società c'è una distanza siderale. Lecito, dunque, chiedersi se 2 mesi saranno sufficienti per far venire alla luce atti che da luglio ad oggi non sono stati “partoriti”.

Sempre nel Piano respinto dall’Aula, a proposito dell’ Atm, l’amministrazione scrive, a pagina 29, che «è necessario ed urgente procedere alla liquidazione e nel contempo costituire la Spa,in quanto solo dopo aver conosciuto la situazione finale attiva e passiva certa dell’azienda si potrà conoscere l’importo dovuto». Eppure, al suo insediamento, questa amministrazione ha trovato nei cassetti di palazzo Zanca, oltre alle tante emergenze , anche la delibera sulla messa in liquidazione dell’Atm e sulla contestuale costituzione di una Spa votata dal precedente Consiglio comunale. Tuttavia, a dispetto di quanto si legge nel Piano, in questi 7 mesi la giunta Accorinti non si è mai pubblicamente espressa sulla liquidazione dell’azienda trasporti, limitandosi semplicemente a manifestare l’intenzione di lasciarla pubblica.

Per quanto riguarda l’Ato3, nel Piano decennale, l’amministrazione Accorinti dà per scontato il “Piano di rientro del debito”, scrivendo che «il fondo che sarà erogato dalla Regione siciliana sarà utilizzato a deconto dei debiti fuori bilancio per euro 23.620.497,87, il cui importo sarà rimborsato in quote annue costanti alla Regione Siciliana». Ad oggi però la delibera contenente quel piano, dopo un andirivieni dal Consiglio alla Giunta, non si sa bene che fine abbia fatto. Di certo,nei sette mesi appena trascorsi, non è stata approvata. La svolta avverrà nei prossimi 60 giorni? Con riferimento a Messinambiente e Amam, il Piano targato Accorinti, prima versione, descrive solo lo stato dell’arte ma nulla dice su come rendere l’Azienda Meridionale Acque un utile serbatoio di entrate e la società che si occupa di raccolta rifiuti un’azienda efficiente e non una zavorra.

Da quanto appena esposto, risulta evidente che il Piano sottoposto all’attenzione del Consiglio comunale rappresenti solo lo scheletro di una impalcatura che dovrà essere molto più articolata e che andrà arricchita con interventi sostanziali e misure concrete, per non restare una semplice «dichiarazione di intenti», così è stato definito il Piano da numerosi consiglieri comunali nella seduta di 48 ore fa.

In caso contrario, l’eventuale proroga che Ministero e Corte dei Conti concederanno rischia di tramutarsi da ghiotta occasione a inutile e forse anche dannosa perdita di tempo. E a quel punto il dissesto sarebbe inevitabile. (Danila La Torre)