H 19.30 SIRACUSA-VENEZIA. Dal finestrino un fazzoletto bianco: simbolo di addio, segno di silenziosa “resa”

«Mamma perché fanno le foto al treno?» chiede la piccola Giulia, 6 anni, (vedi photogallery) con indosso il suo cappottino rosa in pandan con la valigietta. Risponde la mamma: «Perché da domani amore questo treno non ci sarà più». Replica imbronciata la bimba che sta per raggiungere il papà in Veneto: «Ma perché lo levano, a me piace questo treno». Dalle 19.30 di ieri pomeriggio, quel treno con cui tante e volte, nonostante la giovanissima età, ha fatto su e già da Venezia a Messina per far visita ai nonni, la piccola Giulia non lo avrà più. All’innocente curiosità di una bambina, si contrappone, purtroppo, l’ennesima gelida indifferenza di una città, di una regione, che sembrano non avere ben compreso quanto accaduto al binario 10 della Stazione Centrale di Messina, da dove è partito, ma stavolta per non farvi più ritorno, l’ultimo treno-notte con destinazione nord-Italia. Sarebbe dovuto essere ieri il vero momento della mobilitazione, delle urla, delle proteste; sarebbe stato sì, adesso, necessario occupare i binari, perché l’ennesima “schiaffo” riservato alla Sicilia, non porta con sé solo problemi occupazionali (vedi altri articoli), ma affossa definitivamente quel diritto alla mobilità che, anno dopo anno, soppressione dopo soppressione, gli utenti hanno completamente dimenticato, mostrandosi indifferenti anche nel momento in cui sarebbe stato determinante farsi sentire.

Quelle malandate carrozze, che alla stazione di Messina si univano l’una all’altra pronte per essere imbarcate e partire alla volta delle fredde e nebbiose città del nord, da oggi in poi si fermeranno a Roma. «Poco male» affermerà sicuramente qualcuno con prevedibile superficialità, «alla fine che farsene di quegli sporchi e maleodoranti vagoni, simili più a carri bestiame che a treni». Perché il progressivo e subdolo abbandono di cui la società Fs si è resa protagonista nel trasporto su rotaia da e per la Sicilia, si è reso manifesto innanzitutto con la mancanza di “cura”, nel senso più ampio del termine, anche verso i mezzi utilizzati, vere e proprie Cenerentole rispetto alle “Principesse” o alle “Regine” dell’Alta Velocità, alla cui “corte”, da ora in poi, coloro che saranno costretti a fare scalo a Roma per raggiungere Torino, Milano e altri centri, dovranno recarsi.

E che importa se tra i viaggiatori in partenza dalla Sicilia con valigie cariche di sogni, speranze, aspettative, progetti, ci saranno anche centinaia di persone per cui “migrare”, per piacere o per necessità, poco importa, diventerà ben più complicato: a chi importa degli anziani, a chi importa dei nonni che vogliono raggiungere i nipoti, a chi importa delle mamme che viaggiano sole con figli e bagagli, a chi importa dei tanti bambini, dell’età di Giulia o forse più piccoli, che con scadenze fisse raggiungono gli ospedali del nord per sottoporsi a cure necessarie e magari saranno costretti ad attendere in stazione la coincidenza giusta, sempre che la si arrivi a “beccare” considerando i prevedibili ritardi o disservizi; a chi importa, infine, se tutto questo determinerà un costo superiore anche in termini economici.

Di queste persone, di questi siciliani, non importa proprio niente a nessuno. Ecco perché ieri Messina si sarebbe dovuta trasformare nel vero centro della protesta, non soltanto, lo ribadiamo, per l’aspetto occupazionale, di indubbia importanza, ma anche per far conoscere a tutti la vergognosa politica gestionale messa in atto e soprattutto i suoi effetti concreti. E invece, nulla di tutto ciò. Tra i desolati e grigi binari della stazione, a spiccare è solo il rosa della piccola valigia di Giulia, lei che dopo aver abbracciato e salutato la nonna, «io li vorrei raggiungere per Natale, ora vediamo come organizzarci, in caso prendo l’aereo», commenta la signora, sale velocemente le scalette pronta per occupare insieme alla mamma, Maria Princiotto, le cuccette del suo vagone letto. Quelle stesse cuccette che da questo momento in poi rimarranno vuote. A noi, purtroppo, non rimane che tirare fuori il fazzoletto bianco, non solo in segno di addio ma purtroppo anche di resa…l’ennesima. Buon viaggio! (ELENA DE PASQUALE)

(FOTOGALLERY DINO STURIALE)