Cronaca

Università bandita, le intercettazioni di Santi Fedele

Secondo la Procura di Catania il concorso per l’assegnazione di un posto di ricercatore di storia contemporanea alla facoltà di Scienze Politiche di Catania, assegnato nel 2017 a Sebastiano Granata, era stato del tutto pilotato allo stesso candidato risultato poi vincitore e dal direttore di dipartimento Giuseppe Barone.

Pilotato totalmente vuol dire, per gli inquirenti catanesi, che il candidato avrebbe indicato i membri della commissione e, insieme ad direttore ha poi persino redatto i verbali, sottoscritti dalla commissione stessa.

Membri più che compiacenti, quindi, i selezionatori, tra i quali il professore Santi Fedele, docente di storia all’Università di Messina, che figura tra i 66 indagati dell’operazione Università Bandita. Per lui la procura catanese aveva chiesto il divieto di dimora a Messina, misura che il giudice per le indagini preliminari non ha però accolto. Di seguito, il dettaglio della vicenda e le intercettazioni, così come emergono dalle carte dell’inchiesta.

E’ il luglio del 2017 e il professore Barone non sa che il suo telefono è intercettato dalla Digos. Così, parla a lungo e diverse volte con Sebastiano Granata, che mira al posto di ricercatore. Il concorso non è ancora bandito e Barone chiede ai dipendenti amministrativi quali sono le regole. Apprende così che sarà membro interno, e che gli altri due componenti di commissione vengono nominati con chiamata diretta. Certo, devono avere dei requisiti. In difficoltà nell’individuarli, dopo aver chiesto ad alcuni colleghi che però non sono disponibili, Barone si fa dare i nomi direttamente dal candidato, ribadendogli che devono essere nomi di “fedeli”.

Tra questi, gli dice Granata, hanno i requisiti due nomi in particolare, ed uno è il messinese Santi Fedele, ordinario del dipartimento di Civiltà antiche e moderne di UniMe. Poco dopo, Barone rivela a Granata chi sono gli altri concorrenti, rivelandogli i nomi e incaricandolo di informarsi sui loro curricula. E’ qui che viene intercettata la frase “vediamo chi sono questi stronzi che dobbiamo schiacciare”. I due conversano a lungo anche per stabilire i criteri di selezione che saranno poi “imposti” alla commissione, così da evitare a priori che candidati più meritevoli possano superare Granata. I candidati che di fatto hanno i requisiti sono otto, su dieci domande

Cazzo! Scusa l’espressione … quindi abbiamo otto abilitati che concorrono per un posto di ricercatore .. . “, dice Santi Fedele il 22 luglio a BARONE il quale replica” … se il nostro bravo candidato riesce a superare la prova… scade il 2 ottobre, dalla posizione di ricercatore a tempo determinato, l’ufficio mi dice … professore veda un po’ di fare … gli evitate la discontinuità … quindi … “.

Tra una conversazione di Barone e Granata e il lavorìo di Granata che esamina i curricula dei competitor, stabilisce i criteri ai quali si deve attenere la commissione e redige persino qualche verbale, che poi i commissari sottoscrivono, si arriva al 13 agosto e la Digos intercetta una conversazione tra la Cigliano, l’altro commissario, e il direttore del dipartimento.

La Cigliano fa notare a Barone che c’è un candidato fortissimo e ottimamente “spinto”, Barone rimbotta che il suo allievo ha comunque più titoli. La Cigliano, secondo gli inquienti, accetta il “suggerimento” di Barone.

E’ il 17 agosto, e i candidati sono già stati ridotti da 10 a 6. Barone informa Granata che la Cigliano gli manderà i giudizi “in modo tale che poi li dovremmo tutti sistemare”, poi gli chiede di fare accesso alla sua casella di posta dove Fedele ha inviato una mail e gli assicura “lui ha già scritto sul verbale nostro”. Resta lo scoglio del candidato forte. Il 21 agosto si tiene una riunione telematica della commissione. Solo sulla carta, però. “Formalmente siamo riuniti dalle 10 alle 12”, comunica Barone a Santi Fedele. Ma il verbale è già stato redatto dal solito duo, è arrivato in dipartimento pronto alle 10 e all’ora giusta sarà consegnato in segreteria.

“Il 6 settembre 2017 BARONE, sicuro più che mai della vittoria di GRANATA, riferisce a FEDELE che ” … il concorso è piuttosto blindato … ( … ) … quindi noi possiamo essere generosi con tutti” gli altri candidati nella valutazione dei loro titoli. A tali affermazioni replica FEDELE: “tanto non raggiungono neppure l’idoneità … l”idoneità … l’idoneità .. .perché per raggiungere l’idoneità non bastavano le pubblicazioni ma anche congrui titoli accademici. .. ( … ) … ad un paio di persone si può dare l’onore delle armi! ( … ) la situazione è molto chiara …. limpidissima … etc … etc …. e appunto siccome tutto è matematicamente perfetto possiamo concedere l’onore delle armi a qualcuno che insomma … che se lo mette nto curriculum … se lo abbiamo valutato bene”.

Fedele pensa sempre a quel candidato forte e ben spinto nominato anche dalla Cigliano. Sanno che è il più qualificato, in realtà, scrivono gli inquirenti catanesi, e pur dando il posto all’allievo di Barone vorrebbero almeno riconoscere al più qualificato “l’onore delle armi” appunto. Quel “matematicamente perfetto” di Fedele è però secondo gli inquirenti la riprova del coinvolgimento di Fedele nel sistema messo in piedi dal direttore di dipartimento e dal concorrente vincitore in pectore, ovvero tutto quel “lavorìo” precedente (la sistemazione ad hoc delle valutazioni) che permette poi alla commissione, sulla carta, di arrivare ad un giudizio inappuntabile.

C’è di più. “Nel corso delle intercettazioni emerge anche l’organizzazione di un convegno, di fatto mai tenuto, ma indispensabile strumento che consente ai componenti della commissione FEDELE e CIGLIANO di avere un budget a disposizione per la trasferta a Catania senza dovere anticipare nulla delle spese sostenute.”