Cose normali per ragazzi speciali: focus per la Giornata mondiale dell’autismo

Autismo in tutte le sue sfaccettature. Servizi e progetti dedicati a chi è affetto da questa patologia. Un dibattito che vedrà allo stesso tavolo associazioni delle famiglie che ogni giorno combattono con l’autismo ed esperti di vari ambiti che affronteranno la tematica forse ancora difficile dell’autismo parlando di teatro, cinema, sport, musica, assistenza emotiva e affettiva. L’appuntamento è venerdì 6 aprile nel Salone delle Bandiere di Palazzo Zanca in occasione della Giornata mondiale dell’autismo. Un evento organizzato da una rete di associazioni che vogliono tenere sempre alta l’attenzione su questa malattia e sulle tante strade che si possono percorrere per affrontare un cammino spesso impervio. 
Salvatore Potenzone per l’associazione “Nati per la vita”, Luca Donato per “La linea curva”, Adele Martinez del Centro Diurno di Barcellona P.G. e Pippo Calà del Centro Diurno di Nizza Sicilia, insieme a Pino Currò dell’associazione “Il volo” vogliono partire da un concetto fondamentale: “cose normali per ragazzi e bambini speciali” che deve significare un cambio di approccio e mentalità riguardo alla cura e ai servizi da offrire a chi affronta delle malattie. Uscire dai presidi prettamente sanitari e aprirsi al territorio.

«La Riabilitazione è sicuramente socio-sanitaria – spiega Pino Currò. L’acquisizione delle Abilità è prerogativa di tutti, senza distinzioni o steccati e si può realizzare dappertutto senza limitazioni. Questa impostazione ormai è patrimonio comune: viene ribadita nelle Leggi, nelle Circolari, nelle Relazioni Scientifiche, nelle varie esperienze che si sono avvicendate negli ultimi anni. La reclamano a gran voce le famiglie che accudiscono un disabile. La richiedono con forza tutti i cittadini che ogni giorni hanno a che fare con Servizi non sempre in grado di assolvere al loro compito istituzionale. Occorre rivalutare il contesto “Sociale” che rimane il più penalizzato nel panorama assistenziale, poiché presuppone un approccio fino ad oggi difficile da condividere, tanto siamo avvezzi a concepire i bisogni legati alla salute in termini prettamente sanitari. E non è un caso che, sia il Ministero che gli Assessorati Regionali, abbiano cambiato la propria denominazione da Sanità a Salute. Il neo Piano socio-sanitario regionale ha più di un nodo da sciogliere. Dovrà fare i conti prima di tutto con una cultura non facile da rimuovere. Integrare i Servizi, mettere assieme risorse umane e materiali significa soprattutto smantellare, farla finita con vecchi schemi. Ognuno deve rinunciare a qualcosa: sia alla concezione tutt’ora prevalente di “Servizio”, ma soprattutto all’esercizio di una fetta di potere, spesso mal gestito. Lo stesso che non ha consentito una vera partecipazione da parte dei cittadini a tutela della propria Salute».