Lucio: «Senza padre Pati la Casa di Vincenzo non ci sarebbe più»

«Dico grazie al sindaco Accorinti che ha voluto la Casa di Vincenzo. Ma oggi, se la casa è ancora aperta, bisogna dire grazie solo a padre Francesco Pati e a tutti gli operatori che si sono sempre dati da fare, altrimenti a quest’ora saremmo stati tutti fuori». A parlare è chi la Casa di Vincenzo la vive davvero. Chi non dimentica che ha avuto un tetto e un letto caldo grazie al sindaco Accorinti, ma che nel tempo ha visto con i propri occhi che se quella realtà esiste ancora è soprattutto merito della cooperativa Santa Maria della Strada. Queste sono le parole di Lucio D’Antonio, conosciuto soprattutto a Palazzo Zanca semplicemente come Lucio. E’ un senzatetto che ha vissuto la Casa di Vincenzo fin dall’inizio, che era in prima fila quando fu inaugurata, che ha vissuto i mesi in cui la struttura è stata chiusa per la disinfestazione, che sa benissimo le difficoltà soprattutto economiche di questi anni. Lucio oggi, come spesso accade, era a Palazzo Zanca mentre in aula consiliare si riuniva la X commissione consiliare presieduta dal consigliere Daniele Zuccarello e dedicata proprio alla Casa di Vincenzo, visto il polverone di questi ultimi giorni. Erano stati invitati il sindaco Accorinti, assente per altri impegni istituzionali, l’assessore Nina Santisi, il dirigente del Dipartimento politiche sociali Domenico Zaccone, padre Pati come presidente della cooperativa, ma anche lui assente perché impegnato. Così i consiglieri hanno deciso di dare la parola proprio a Lucio, unico presente a conoscere in prima persona la Casa di Vincenzo. Visibilmente emozionato, Lucio ha raccontato i tanti problemi della struttura, ha elencato le cose che si dovrebbero sistemare, ha ripercorso questi anni di gestione soprattutto volontaristica che ha permesso che il dormitorio non chiudesse mai le sue porte.

«Da un anno e mezzo dormiamo nelle brandine che ci sono state fornite dalla Protezione civile, perché dopo la disinfestazione che ha costretto a buttare i vecchi letti non è stato più possibile per la cooperativa fare nuovi acquisti e dunque ci siamo dovuti arrangiare, anche se ci svegliamo ogni mattina con il mal di schiena. Bisogna sistemare i bagni, ci sono due docce che non servono e soli tre bagni che non sono divisi tra uomini e donne. C’è lo scaldabagno che perde, le porte hanno bisogno di manutenzione, vorremmo una stanza di socializzazione in cui trascorrere il tempo senza disturbare chi magari sta già dormendo e c’è il cornicione esterno visibilmente pericolante. Quando vado a segnalare queste cose a padre Pati mi risponde che ormai è stanco. Vado a dirle al sindaco ma le cose non sono migliorate. Se siamo ancora lì è soprattutto grazie a padre Pati».

Il racconto di Lucio è la fotografia della situazione della Casa di Vincenzo. E se il sindaco Accorinti non girasse l’Italia portando il nome di questa struttura come simbolo della politica che doveva cambiare Messina dal Basso oggi probabilmente le polemiche sarebbero meno cruente.

Lo scontro che si è consumato in aula tra i consiglieri è stato infatti molto acceso. Il più agguerrito è stato il consigliere Nino Carreri che non ha risparmiato toni durissimi contro Accorinti: «Il sindaco dica la verità e la smetta di andare in giro a raccontare menzogne. Anzi uso le parole che lo stesso padre Pati disse in quest’aula “la Casa di Vincenzo è una vittoria di Accorinti? Mi sento preso per il culo”». Intervento che ha scatenato la difesa a spada tratta delle tre consigliere Accorintiane. Cecilia Caccamo ha replicato con i numeri che riguardano la gestione del dormitorio, per smentire che il Comune non ha sostenuto finanziariamente la struttura: «Nel 2014, su 11 mesi di attività, il Comune ha coperto le spese per 8 mesi di gestione. Nel 2015 sono state erogate le somme per 9 mesi su 12 di servizio. Nel 2016 poi il disastro, con soli 3 mesi di copertura su 12 di servizio. Infine, nel 2017, 2 mesi di affidamento su 4 di attività. Il comune non ha messo la bandierina sulla casa di Vincenzo senza averla mai sostenuta. In moltissimi Comuni queste realtà sono sostenute dal volontariato. Le accuse che ho sentito sono ingiuste».

Adesso all’orizzonte un bando che potrebbe mettere alla porta la coop Santa Maria della Strada dopo 39 mesi di gestione di Casa di Vincenzo, di cui il Comune ha pagato solo 22 mensilità. Un mese fa padre Pati ha detto chiaramente che così non si può più andare avanti. Il servizio costa oltre 7 mila euro al mese alla coop ma dalla difesa delle consigliere accorintiane è emerso che non c’è niente di male nel regime di volontariato garantito dalla cooperative. In linea generale potrebbe anche essere vero. Se non fosse che la Casa di Vincenzo è diventato un simbolo mediatico del sindaco Accorinti e se non fosse che c’è una precisa richiesta di aiuto da parte di chi la struttura l’ha gestita fin dal principio, anche quando il Comune non si preoccupava di rinnovare gli affidamenti, e adesso è al capolinea.

«Perché chi parla di solidarietà e generosità non aiuta la cooperativa magari donando in silenzio il proprio 5 per mille alla Santa Maria della strada? I dormitori non sono un obbligo per i Comuni. La cooperativa ha le sue fonti di finanziamento, possiede diversi centri con diverse attività e nel suo statuto ci sono delle finalità per cui non sarebbe trascendentale che svolgesse il servizio in regime di volontariato. Non comprendo la demonizzazione del sindaco e l’esaltazione di chi ha gestito il servizio. Accorinti non era tenuto a creare una struttura di questo tipo» ha detto Ivana Risitano, suscitando le ire dei colleghi.

Alla fine il dibattito si è chiuso senza soluzioni. Piero Adamo ha però chiesto che almeno adesso si verifichino le condizioni della struttura, alla luce di quanto ascoltato in aula. Resta a questo punto tutto in stallo, aspettando il bando annunciato pochi giorni fa dall’assessore Santisi. Quindi anche padre Pati dovrebbe continuare ad aspettare. Come, però, non si sa.

Francesca Stornante