Accorinti Vs Calabrò: gli scenari in vista dello “spareggio”

Il paradosso è che, passata l’incredibile giornata di ricontrollo dei verbali in cui le sorti del prossimo sindaco di Messina si sono giocate su un numero di voti che si contavano ogni tanto sulle dita di una mano (alla fine saranno 59 su 83mila quelli che non hanno permesso alla città di avere un sindaco eletto al primo turno), Felice Calabrò è andato a dormire con l’amaro in bocca e invece Renato Accorinti avrà faticato a prendere sonno per l’eccitazione. Miracoli di una campagna elettorale nella quale il candidato del centrosinistra è “deluso” pur avendo praticamente il doppio dei voti di Accorinti, e quest’ultimo è lanciatissimo pur avendo preso la metà dei voti di Calabrò.

Il problema è, quanti di questi voti resteranno al secondo turno? Perchè se Felice Calabrò può contare su un bottino da quarantamila e più preferenze, sa perfettamente che al secondo turno la cifrà sarà sicuramente destinata a ridimensionarsi, mentre i poco meno di ventimila voti di Renato Accorinti ci saranno invece tutti e probabilmente, anche solo all’interno del suo elettorato, destinati ad incrementarsi. A sfavore del professore pacifista, al primo turno, ha giocato l’ignoranza del metodo elettorale da parte di parecchi dei suoi elettori, che hanno sbarrato il solo simbolo della scheda, in cui era riportato “renato Accorinti sindaco”, e non il riquadro (obbligatorio, se si voleva dare il voto) in cui era riportato il suo nome. Un errore di strategia da parte di chi ha commissionato la lista e non ha tenuto conto del problema, che al primo turno gli ha sottratto un bel po’ di preferenze dato che, in molte delle sezioni del centro scrutinate per prime, il nome di Accorinti non era sbarrato se non nella scheda. E dunque, il candidato “dal basso” riparte da ventimila. Ventimila voti “netti”, espressi cioè da un elettorato che al secondo turno si ripresenterà compatto alle urne e ribadirà il suo voto, e stavolta senza possibilità di errori o fraintendimenti, dato che al ballottaggio è praticamente impossibile sbagliare l’indicazione di voto.

E Felice Calabrò? Può dire altrettanto? Non esattamente. Un primo dato del quale tenere conto è quel mostruoso quasi 66% di voti che hanno assommato le otto liste che lo sostenevano (sei in realtà, dato che due non hanno superato lo sbarramento), di quasi quindici punti superiore rispetto al pur ottimo 50% ottenuto da Calabrò. Segno, però, che molti di quei voti sono stati ottenuti grazie a chi è andato a votare per i consiglieri comunali (a sostegno di Calabrò ci sono state vere e proprie “corazzate” quali Emilia Barrile, Benedetto Vaccarino e Nicola Cucinotta, vere e proprie macchine da consenso). Al secondo turno questo particolare “effetto trascinamento” verrà meno, e parecchio di quell’elettorato starà a casa, assottigliando il margine di vantaggio tra Calabrò ed Accorinti, che oggi è esattamente del doppio a favore del primo.

Poi ci sono i riposizionamenti: Gli sconfitti, quindi Pdl, Reset, Movimento 5 Stelle e Nuova Alleanza, per chi voteranno? Date le percentuali in gioco, gli ultimi tre, seppur con un orientamento verso Accorinti, non costituirebbero chissà che grattacapo per Calabrò, ma i quindicimila voti presi da Enzo garofalo (ed i 25mila delle cinque liste a lui collegate) sono un numero che Calabrò dovrebbe tenere in considerazione. Nonostante gli “ammiccamenti” tra i maggiorenti del Pdl Nino Germanà e Nanni Ricevuto verso Accorinti, appare estremamente improbabile che il centrodestra si presenti in massa alle urne a sostenere il professore d’educazione fisica, anche perchè a componente politica che sostiene Accorinti, quindi parte di Sel, i Verdi e Idv, agli elettori del Pdl fanno venire l’orticaria. E quindi? Potrebbe venire in soccorso la logica del “muoia Sansone con tutti i filistei”: e cioè non lasciare che il Pd, dopo il filotto delle amministrative dello scorso finesettimana, segni nella casella delle città conquistate anche Messina.

Ovviamente, vale anche il discorso opposto. E cioè che Accorinti potrebbe essere considerato una mina vagante, una variabile impazzita troppo fuori dalla logica dei partiti e degli interessi che i partiti portano dietro perchè gli si possa permettere di fare il sindaco. In questo caso, varrebbero gli accordi di “non belligeranza”, se non proprio di sostegno, presi nelle “segrete stanze”.