La “coppia di fatto” Pd-Sicilia Futura accende i motori per la sfiducia, ma a frenare sarà D’Alia

A distanza di 4 mesi dal primo avvio della raccolta firme per la sfiducia e dal successivo scoppio dell’inchiesta gettonopoli la macchina della mozione si è rimessa in moto. Questa volta però la decisione di tagliare la spina all’amministrazione Accorinti viene direttamente da Roma, dal presidente del Consiglio Matteo Renzi e da una serie di vertici tra i leader Pd-Sicilia Futura avvenuti tra la Capitale e Palermo.

Rispetto a novembre quindi, quando i Dr lanciarono il primo invito al Pd per la mozione e il commissario del partito Carbone si lasciò andare ad un improvvido “siamo alleati leali di Accorinti” la situazione si è totalmente ribaltata. Adesso a premere sull’acceleratore sono proprio i Pd.

Nel giro di 48 ore, tra giovedì sera e ieri, si sono tenute due riunioni: la prima in casa dei Democratici, alla presenza del vice commissario Aiello, dei deputati regionali Laccoto e Panarello, dei rappresentanti delle diverse aree e la seconda in casa Sicilia Futura, caratterizzata da un invito del capogruppo regionale Beppe Picciolo a evitare tentennamenti. I consiglieri Dr dovranno decidere sulla sfiducia, chi non ci sta è fuori dal gruppo.

La “coppia di fatto” Pd-Sicilia Futura sarà quindi alla guida della macchina per la mozione di sfiducia, ma sono tutti da discutere i tempi nonché la posizione di quelli che, sia a Roma che a Palermo sono gli alleati del Pd di Crocetta e Renzi, cioè Udc ed Ncd.

Nel caso degli uomini di Alfano non ci sono dubbi, il ministro dell’Interno, ex delfino fino al 2014 di Berlusconi, il patto con Renzi è di ferro, e dopo la vicenda Unioni civili la cambiale da pagare per il Nuovo centro destra non consente molti margini di manovra. La Finanziaria di Crocetta infatti è stata approvata grazie anche alle truppe Ncd che tra sottogoverni e l’assessore messinese Carlo Vermiglio sono ormai ufficialmente nel governo della rivoluzione siciliana. Diverso il discorso per l’Udc che finora non ha pronunciato parola da quando il Pd, con la conferenza stampa di lunedì, presenti i consiglieri comunali Antonella Russo e Claudio Cardile e l’ex candidato sindaco Felice Calabrò, ha mollato gli ormeggi per guidare la nuova raccolta di firme. Non è un caso che ancora D’Alia, che pure a dicembre si è detto pronto alla sfiducia “a tempo debito”, non abbia rilasciato alcuna dichiarazione ed al vertice messinese delle scorse settimane, abbia preso parte il capogruppo Udc Mario Rizzo annunciando un periodo di riflessione prima di esprimersi.

A mettere il piede sul freno quindi saranno i centristi che non vedono di buon occhio una sfiducia prima di giugno, quando cioè le possibilità di un ritorno alle urne alle amministrative di maggio sarebbe troppo alto.

Nel Pd invece si accelera, almeno ai piani alti, contando sia sul fatto che l’ok è partito dal “capo” che per adesso sta viaggiando col vento in poppa, che sull’attuale coalizione con Ncd-Udc. L’idea dei Democratici quindi è fare l’operazione sfiducia con l’attuale coalizione, che vede appunto nel Pd il punto di forza e quindi il ruolo da protagonista. Se poi al momento delle elezioni gli equilibri dovessero cambiare il Pd sa comunque di poter contare sul gruppo Picciolo e sull’Ncd di Germanà.

Giovedì sera alla riunione Pd il vicecommissario Aiello è stato chiaro: il congresso di partito a Messina, così come ad Enna e nei comuni commissariati, si terrà con ogni probabilità nella primavera 2017 (meno probabile l’ipotesi fine 2016), ma nel frattempo il Pd dello Stretto potrà procedere nella linea politica che intende darsi anche attraverso la costituzione di una sorta di comitato. Il Pd quindi resterà ingessato nelle maglie del commissariamento almeno per un anno, appena il tempo per garantire candidature blindate ai commissari come Carbone che alle Politiche saranno i capilista scelti da Renzi. In quest’ottica il candidato sindaco dovrebbe, nelle intenzioni dei Democratici, essere targato Pd e “benedetto” da Renzi. Ma i Pd su questo punto dovranno vedersela con Sicilia Futura e soprattutto, qualora gli Udc restassero nell’alleanza (e non è affatto detto) hanno già pronto da schierare Giovanni Ardizzone.

Passiamo adesso ai Dr diventati nell’ultima versione Sicilia Futura (a meno che non cambino nuovamente nome nelle prossime settimane), considerati i “pretoriani” di Faraone e gli alleati di ferro di Renzi in un Pd siciliano dilaniato da correnti e ambizioni personali. Se sulle firme del gruppo Pd non ci sono dubbi, poiché sono 3 consiglieri, diverso è il discorso sui consiglieri Sicilia Futura, che sono 6. A novembre, quando si era agli albori della mozione, in Aula erano in tanti ad annunciare di voler firmare la mozione di sfiducia, ma adesso che c’è il rischio che si faccia davvero, i dubbi e i tentennamenti si faranno palesi. La quota 16 firme per portare in Consiglio la sfiducia si avvicina pericolosamente. Ecco perché il leader del partito Beppe Picciolo e il coordinatore cittadino Salvo Versaci sono stati netti: siamo pronti a firmare la sfiducia anche subito, chi non ci sta è fuori dal gruppo. Probabile che nelle prossime settimane ci saranno alcuni addiii, ma altrettanti benvenuti.

La quota 16 firme però si raggiunge solo con i centristi, quanto poi al numero 27 il pallino passa in mano a Forza Italia e quindi a Genovese. L’ex sindaco sui tempi la pensa come D’Alia, e non ha la stessa fretta che improvvisamente ha contagiato il Pd. Al di là delle dichiarazioni ufficiali è probabile che la mozione non sia dietro l’angolo ma terrà banco fino a quando, ad urne chiuse, quelle delle amministrative di maggio, non si capirà da che parte va il Paese e soprattutto la Sicilia.

Se Pd e Sicilia Futura quindi si sono seduti sul posto di guida c’è da giurarci che ad alzare il freno sarà D’Alia e saranno sempre i centristi, in sintonia con i genovesiani sui tempi, ad ingranare la marcia. A meno che lungo il percorso non ci siano sorprese o imprevisti.

Rosaria Brancato