I sindacati: “No a disparità tra contrattisti ma la Municipale non può rinunciare all’integrazione”

L’amministrazione ha preso oggi un impegno serio con i suoi 300 precari, in settimana dovrebbe arrivare in giunta la delibera che rinnova l’integrazione oraria, ma l’ultima parola spetterà ancora una volta ai revisori dei conti che dovranno chiarire se Palazzo Zanca può realmente battere il percorso indicato dall’amministrazione Accorinti. Nel variegato mondo dei precari comunali c’è però chi proprio in questa situazione torna a puntualizzare un aspetto di non poco conto: le enormi carenze dei vigili urbani. Il provvedimento infatti priverebbe ben 55 agenti di quel monte ore necessario per fronteggiare i servizi quotidiani che la Polizia municipale è chiamata a garantire. Ad alzare la voce sono infatti tutti i rappresentanti sindacali del corpo che hanno scritto una lunga lettera per spiegare cosa significherebbe perdere l’integrazione oraria. Per Piero Allegra (F.P. C.I.S.L.), Giuseppe Gemellaro (S.I.L.Po.L.), Gaetano Giordano (C.S.A.), Otello Lo Prete (F.P. C.G.I.L.), Pancrazio Puglia (F.P. C.I.S.L.) sembra quasi stucchevole essere costretti a prendere posizione per affermare costantemente quanto a tutti noto, inclusi gli amministratori, vecchi e nuovi.

“La nostra iniziativa scaturisce, non tanto dall’esigenza di creare disparità di trattamento tra chi lavora all’interno della Polizia municipale e il resto del personale precario, nei confronti del quale riteniamo che i tempi siano più che maturi per chiudere definitivamente un iter più che ventennale, ma nel ritenere quanto mai opportuno evidenziare che qualora non possano essere integrate le 35/36 ore a tutto il personale contrattista, corre d'obbligo richiedere con carattere d'urgenza che venga rispettata la legge che prevede per i servizi essenziali, quali le funzioni di polizia locale, una deroga sia per le assunzioni che per tutte le spese ad esse riferite”.

Dunque anche in questi casi per la municipale non dovrebbero esserci problemi perché il calderone non sarebbe lo stesso. “Non comprendere che la funzionalità del Corpo possa subire, da tale provvedimento, un ulteriore vulnus, significa sacrificare sull’altare delle decisioni non prese scelte che invece appaiono irrinunciabili”.

I sindacalisti ricordano che nel tempo si è voluto che il transito del personale a tempo determinato fosse legato al mantenimento delle 36 ore lavorative e ciò giustificato non tanto per una questione di privilegio ma soprattutto per la incompatibilità di una presenza dimezzata, in una struttura complessa come la Polizia Municipale, ove per ragioni contingenti e di servizio vi è l’obbligo di prosecuzione al di là delle mere ragioni di una presenza part-time.

Le scelte che l’Amministrazione ha messo in campo, non ultima quella dell’isola pedonale, dimostra che senza un’adeguata presenza di operatori risulta assai difficoltoso predisporre qualunque iniziativa anche di carattere non viabilistico. Dimostrare la difficoltà con la quale si portano avanti servizi essenziali che prescindono anche dal rapporto diretto con l’Amministrazione è più che superfluo. Le ragioni di assoluta urgenza che si sono rappresentate nella seduta tecnica ove si è discusso dei percorsi di stabilizzazione, rappresentano il segno tangibile di un problema divenuto improcrastinabile e che al di fuori delle dissertazioni varie, bisogna sforzarsi di portare alla meta.

“Siamo stanchi di affermare, rappresentando in pieno il sentimento diffuso tra i lavoratori, le ragioni di una crisi, di una struttura nevralgica nell’assetto amministrativo dell’Ente, che non può essere schiacciata in un dualismo tra vertice e amministrazione e che finisce col trascurare gli interessi immediati e diretti dei lavoratori. Abbiamo reclamato a gran voce e da tempo la necessità che si apra un tavolo permanente che affronti il futuro della Polizia municipale di Messina non ricevendo risposte e nel frattempo, purtroppo, il senso di responsabilità di chi svolge una simile professione non può fermarsi ed aspettare. Forse è arrivato anche il tempo che si apra un percorso rivendicativo, anche duro, che legittimi il senso di appartenenza al Corpo e non comprendere le ragioni di questo nutrito gruppo di lavoratori, che ha scelto il sacrificio di una professione non proprio comoda, ne giustifica le ragioni” scrivono i sindacalisti.

Al momento però la partita resta aperta.