Lotta al femminicidio: la Rete Provinciale chiede che vi partecipi anche il futuro sindaco

Femminicidio. Una parola coniata dalle tragiche contingenze che cronache e media hanno tristemente portato alla ribalta. Una parola che non è solo un sinonimo più specifico di “omicidio” ma che raggruppa in sé una globalità di sentimenti distruttivi e denigratori nei confronti della donna. Il contraltare, spesso, di un’arcaica mentalità maschilista, ancora profondamente radicata e dura a morire.

E’ dalla presa d’atto di questo fenomeno sempre più dilagante che la Rete provinciale per il contrasto alla violenza sulle donne ha chiesto agli aspiranti sindaco di Messina di farsi promotori della riflessione su questa tematica, inserendo nei loro programmi la dichiarazione di intenti di far aderire l’amministrazione comunale al Protocollo per la lotta al vile fenomeno.

Si tratta di un documento siglato da Questura, Asp, Ufficio scolastico provinciale, Ordini professionali, Organizzazioni sindacali e datoriali e Associazioni, che illustra un ventaglio programmatico di interventi formativi nelle scuole e la messa in atto di percorsi di tutela e supporto nei confronti delle donne vittime di violenza, tanto di quella fisica quanto di quella più subdola e latente di tipo psicologico, che sia essa perpetrata all’interno delle mura domestiche come anche nei luoghi pubblici o, ancora, negli ambienti di lavoro.

Un’iniziativa, quella della Rete provinciale di coinvolgere il futuro sindaco, chiunque egli sia, che non trascura le strategie preventive del problema oltre a curare quelle attive volte ad affrontarlo e che maggior significato acquista in quanto partorita all’indomani dell’approvazione unanime, ad opera della Camera, della Convenzione di Istanbul per la prevenzione e il contrasto alla violenza sulle donne. Come a dire che la pianificazione locale vuol fare da eco, senza soluzione di continuità, a quella nazionale, non lasciandosi sfuggire la preziosa occasione di porre i riflettori su una vera e propria piaga sociale.

Un idea che punta alla diffusione di un modello culturale prima ancora che alla repressione di un comportamento illecito e che, nel fare ciò, approfitta della prioritaria posizione di centralità che l’amministrazione comunale riveste in seno alla comunità cittadina. (Sara Faraci)