Cambio nome per la Galleria. Truscello: “Non si cancelli la storia di Messina”

La proposta di modificare l’intitolazione della Galleria Vittorio Emanuele III, nel ridurre i 46 anni di regno di Vittorio Emanuele III solo ad alcune interpretazioni secondo una visione ideologica della storia nella quale langue la contestualizzazione dei fatti, offre la possibilità di fare un po’ di chiarezza sulla vicenda e il tentativo di rimediare al torto fatto al generoso popolo messinese, che più e più volte ha espresso la sua riconoscenza al terzo Capo dello Stato italiano.

A Vittorio Emanuele III, salito al trono dopo l’efferata uccisione del padre Umberto I (1900) per mano dell’anarchico Gaetano Bresci, va attribuita l’ opera di ammodernamento delle istituzioni unitarie: la sua firma è apposta agli atti normativi che istituirono l’Ufficio del lavoro (1902), l’obbligo del riposo settimanale (1907), la nascita delle casse popolari (1903), l’assistenza ai disoccupati (1917), i provvedimenti di esenzione fiscale sull’edilizia popolare, il miglioramento del sistema scolastico e della condizione della donna per mezzo della nascita nel 1902 dell’associazione “Industrie femminili italiane”, della “Società italiana per il progresso delle Scienze” (1907), ed ancora la costituzione di un sistema premiale per chi si fosse impegnato nel mondo del lavoro con l’istituzione dei Cavalieri del Lavoro (1901) e della Stella al merito del Lavoro (1923). Nel 1905, Vittorio Emanuele III ebbe modo di sviluppare l’idea embrionale di quella che sarebbe stata nota a tutti come la FAO. Il progetto iniziale vide unici protagonisti David Lubin, un facoltoso ebreo americano, e il Re d’Italia, il quale da sempre sensibile alla difesa del settore agricolo e dei suoi lavoratori favorì l’adozione di una Convenzione per la fondazione dell’Istituto internazionale di agricoltura. L’idea, portata avanti dal governo italiano, riscosse rapidamente l’approvazione della comunità internazionale.

Se la sua presenza al fronte nella Prima Guerra Mondiale per 41 mesi lo consegna alla Storia come il Re Soldato e per le sue molteplici iniziative sociali come il Re Socialista, Vittorio Emanuele III è pure il sovrano che, con la consorte Elena, alla quale Messina dedicherà un monumento nel 1960, soccorse la Città peoritana all’indomani del tremendo terremoto del 1908, innescando una gara di solidarietà che coinvolse tutta la nazione in un afflato unitario senza precedenti.

In questa ottica si collocano gli interventi a sostegno dei militari italiani con l’istituzione dell’Opera Nazionale Combattenti nel 1917 e la devoluzione all’ente appena costituito delle polizze senza previo pagamento da parte degli stessi e ai quali andava pure la proprietà dei poderi per evitare loro le precarie condizioni dovute alla disoccupazione.

La lettura degli anni successivi all’ascesa del Partito Nazionale Fascista, sostenuto da larga parte dell’elettorato italiano, dovrebbe prendere in esame anche il fatto che il governo Mussolini ottenne nel 1922 la fiducia in Parlamento con un’ampia maggioranza (306 voti) della quale facevano parte Bonomi, Giolitti, Orlando, Salandra, De Gasperi e il futuro Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi.

In questo quadro non passa inosservato nemmeno il rapporto tra Vittorio Emanuele III e il mondo ebraico. A riguardo il Sovrano ebbe modo di esprimere il suo punto di vista sul sionismo già il 13 gennaio 1904, quando ricevendo Theodor Herzl sull’opportunità della nascita di uno Stato ebraico ebbe a dichiarare:

<< Gli ebrei possono occupare qualsiasi posto, come del resto avviene. Esercito, pubblica amministrazione, corpo diplomatico, tutte le carriere sono aperte dinanzi ad essi. Gli ebrei, per noi, sono italiani, in tutto e per tutto >>.

Non si ignora certo la vicenda inerente l’introduzione in Italia delle leggi razziali nel silenzio generale del mondo intellettuale (ad eccezione di Giovanni Gentile) e con la sola opposizione del re, che al limite delle sue prerogative statutarie negò per ben tre volte la firma, salvo poi ratificarle per dovere costituzionale e per mitigarle nella loro applicazione.

Ne è riprova la recrudescenza antiebraica sfociata con violenza solo a partire dal 1943 nei territori della Repubblica Sociale Italiana, mentre nel Regno del Sud veniva abolita la legislazione razziale con la reintegrazione degli ebrei nei diritti civili e politici e restituendogli i beni confiscati in precedenza.

Sottaciuta è anche l’opposizione del re all’entrata in guerra dell’Italia, come manifestato nel dicembre 1939 al Quirinale in occasione della solenne visita del Santo Padre Pio XII ai Reali, alla quale fece seguito, così come riportato recentemente dal professore Francesco Perfetti, il tentativo del Sovrano di sollevare dall’incarico Mussolini già nel 1940, attraverso un’ardita manovra tesa a scongiurare l’entrata nel conflitto che di gran lunga anticipava la caduta del regime il 25 luglio 1943.

Ci si chiede, pertanto, se non fosse stato più degno servire la comunità con un dibattito culturale capace di sottrarsi alle ristrette opinioni politiche di parte, alla luce del fatto che al referendum istituzionale del 1946 la Città di Messina rinnovava il suo attaccamento all’istituto monarchico con oltre il 77 % delle preferenze.

E’ pertanto nostra opinione chiedere più rispetto per la storia di questa Città e per le sue diverse sensibilità culturali, viste come una ricchezza umana nell’ambito del principio della libertà di pensiero.

Sarebbe senza ragioni, proprio a Messina, la cancellazione dell’intitolazione della Galleria a Vittorio Emanuele III, atto che offuscherebbe lo spirito originario con il quale il popolo messinese, consapevole dell’impegno profuso dal re, volle con caratteri indelebili incidere ad imperitura memoria.

David Truscello – Ispettore nazionale per la cultura

(Istituto Nazionale per la Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon)