Primarie popolari. E’ stato il giorno dei Movimenti civici

E’ stato un primo incontro, un “annusarsi” per capire se ci possono essere i presupposti per camminare insieme, per costruire basi per qualcosa di diverso. E’ stato il giorno dei Movimenti oggi a Messina, con due associazioni nuove di zecca che si sono presentate (Pni e Noi per l’Italia) e con la riunione al Sant’Elia dei Movimenti che hanno aderito all’appello per le primarie d’iniziativa popolare lanciate da Art.1-Autonomia e libertà. Mancava Reset che sin dall’inizio ha declinato l’invito. Presenti i Movimenti: Movimento Liberi Insieme, VivaMessina, Movimento Crocetta Presidente, AmiAmo Messina, Movimento Liberi e Forti, Zda, Autonomie popolari, Vento dello Stretto, Tutti pazzi per Messina. Da esterno c’era anche Andrea Carbone di Sel. E’ stato un primo approccio, anche per capire se davvero si vuol procedere verso le primarie popolari o pensare piuttosto da subito ad “unire le forze e le idee” e poi, strada facendo, individuare il candidato, anzi i candidati per Comune e Provincia. A firmare l’appello sono stati: Filippo Restuccia, Saro Terranova, Roberto Cerreti, Fabio Mazzeo, Ciccio Rizzo, Franco Tiano, Nino Urso,Sergio Calderone, Ferdinando Croce, Giuseppe La Face, Felice Panebianco, Piero Adamo, Giuseppe Scattareggia, Giuseppe Santalco, Michele Li Vecchi, Francesco Clemente, Vincenzo La Cava, Rosalinda De Francesco, Laura Pulejo, Carmelo Mancuso, Ernesto Marcianò, Massimo Rizzo.

Come si vede sono rappresentate diverse anime, centro-destra, centro-sinistra, c’è chi, come Santalco o Adamo sono nel Pdl ma con esperienze diverse. Adamo e Croce ad esempio da tempo hanno avviato una battaglia dall’interno per il rinnovamento e Ciccio Rizzo, questa battaglia l’ha pagata sul “campo” alle amministrative a Lipari. Ci sono le forze nuove della lista Crocetta, Laura Pulejo e Rosalinda De Francesco (le uniche due donne), c’è Giuseppe La Face, ex Fli, Francesco Clemente. Ci sono i giovani che sperano di poter fare qualcosa che vada al di fuori ed al di là delle segreterie. Ma se c’è un filo che accomuna tutti i Movimenti è senza dubbio l’unico programma: salvare Messina e non dal dissesto, perché quello ormai lo respiriamo tutti i giorni, ma dalla rinuncia alla speranza. Se questi Movimenti si uniranno, ancora non lo sappiamo, ma sappiamo che dietro ogni singola associazione c’è la stessa voglia di dire: non arrendiamoci, non rinunciamo alla speranza di essere stavolta i protagonisti del cambiamento. Il primo step è stato quello di guardarsi in faccia per la prima volta. Mercoledì torneranno a riunirsi perché ad esempio, l’idea sulle primarie popolari non è vista da tutti allo stesso modo. Nei prossimi giorni raccoglieremo le riflessioni dei partecipanti per capire fino a che punto c’è quel cemento che li possa unire al di là dell’esplosione di voglia di partecipare che ormai a Messina attraversa casa per casa. C’è una sorta di allergia alle segreterie, alla vecchia politica, ai vecchi metodi, anche se, è bene dirlo, ci sono esperienze politiche preziose e belle, ci sono risorse che i partiti hanno ignorato o sfruttato. E’ difficile mettere insieme tessuti così diversi, ma saranno i prossimi incontri a dirci se l’unione si troverà sul “contro” o sul “per”. Messina ha bisogno di un “per” ma anche di forze che sappiano essere “contro”, non contro qualcuno, ma contro qualcosa, quel morbo che ha avvelenato la nostra città, paralizzandola. Mentre i Movimenti oggi si riunivano per conoscersi Cgil, Cisl e Uil stilavano, insieme ai presidenti delle cooperative dei servizi sociali, un bollettino di guerra, anzi, un elenco delle vittime, quasi 500, che tra dicembre e gennaio, perderanno il lavoro. Non sono le vittime di Croce e di una manovra lacrime e sangue, sia chiaro, sono le vittime di un sistema clientelare che per 20 anni ha pensato di costruire il proprio potere politico sul ricatto occupazionale precario. Finora ha funzionato, ma pezzo per pezzo sta per cadere. A pagare sono sia i lavoratori dei servizi che gli utenti, e cioè i più deboli, anziani, bambini, disabili. Perché in fondo è proprio questa catena quella che lega più forte, la catena del bisogno, bisogno di un lavoro o di un servizio. Una città si scopre povera da questo, quando un mattino si sveglia e si accorge che ha basato lo sviluppo sui soldi pubblici e quando questi non ci sono più la città non riesce più a vivere.

Rosaria Brancato