Tra abusivismo, parole e progetti architettonici di giovani…. puntualmente ignorati

Una settimana fa i riflettori si erano accesi su una situazione di assoluto paradosso che coinvolgeva, amaramente, una delle zone più belle e potenzialmente produttive della città di Messina: la Real Cittadella.

Le immagini proposte testimoniavano, senza alcun dubbio o fraintendimento, che a ridosso (ed anche all’interno) di quelle mura antichissime, sorte centinaia di anni fa per proteggere la nostra città, erano state “allestite” case abusive.

L’opinione pubblica e, di conseguenza, l’opinione giornalistica si era indignata dinnanzi a foto che mostravano letti, armadi, immondizia e rifiuti di ogni genere laddove da sempre si parla di “riqualificazione”, “progetti turistici” e “risanamento”.

A distanza di una settimana, è stata apportata qualche modifica allo stato di fatto? No, assolutamente no.

Inutile ribadire che, nel corso degli ultimi anni, c’è stato anche chi ha più volte spinto le amministrazioni comunali e regionali a trovare soluzioni, come i ragazzi della ZDA – Zona d’Arte Zona Falcata Messina.

Il futuro di Messina passa dal recupero e dalla riqualificazione della Zona falcata attraverso l’esaltazione della bellezza di questa parte di città”, si legge nel loro manifesto.

Piani, progetti, visite guidate, lezioni culturali, quelle promosse dal team di Piero Adamo e Ferdinando Croce. Iniziative che, in questi tre ultimi anni, hanno provato a smuovere qualcosa nell’animo e nelle delibere delle amministrazioni. Risultato? Nulla.

Certo, vi sono stati convegni, racconti, rievocazioni storiche, visite eccellenti (come quella dell’ex Presidente della Regione Raffaele Lombardo), ma i fatti stanno a zero.

Il degrado lì è, e lì è rimasto.

“Progettazione architettonica urbana sulla zona falcata. Sì, era questo il tema della mia tesi di laurea”. Pasquale Pollara ha 29 anni ed è un giovane architetto messinese. Nel 2009, con la relatrice Laura Thermes, decide di stilare una tesi incentrata sulla Falce. Il suo lavoro è minuzioso, soprattutto per quanto concerne finanziamenti e sostenimento economico del progetto.

“Ho studiato e dedicato una parte intera ai finanziamenti della Regione – dichiara Pasquale – e, in particolare, al Por 2007-2013 che prevedeva anche la voce riconversione dei beni archeologici. Il mio progetto era sostenibile, fattibile in termini economici”.

Eppure nessuno se ne è mai interessato più di tanto, a livello di amministrazione. “Il Comune avrebbe potuto approfittare dei fondi regionali, questo sì. Io però non ho mai ricevuto alcun segnale. Le uniche cose che mi sono state proposte furono partecipazioni a mostre ed esposizioni”.

Dalla presentazione della sua tesi ad oggi sono trascorsi 4 anni. Adesso, come tanti altri giovani di questa città, anche lui tenta di aprirsi un vero futuro lavorativo. “E’ difficile, difficilissimo – ammette – sapere di avere progetti utili per il futuro di questa città e non riuscire mai a concretizzarli, o almeno avere solo la possibilità di provarci”.

Veronica Crocitti

@VCrocitti