Canoe, petardi e persino rimesse presso il lago di Ganzirri: la denuncia di MAN e WWF

Salvata da scellerati progetti di costruzione nei primi anni ’80. Divenuta zona pluriprotetta a livello locale, regionale ed europeo. Una riserva naturale di incommensurabile valore che è stata riconosciuta come tale da un profluvio di leggi e regolamenti e strappata così a una selvaggia trasfigurazione del suo volto. Si tratta della Riserva Naturale Orientata “Laguna Capo Peloro, SIC e ZPS” che – contrariamente alle ambiziose iniziative di progettisti e costruttori di qualche decennio fa – non è stata adibita a porticciolo, né a pista di canottaggio.

O almeno non ufficialmente. La teoria è, infatti, più che ragionevole e condivisibile. La zona in questione è rifugio di ben 328 specie di animali e uccelli migratori, possiede peculiarità faunistiche che la rendono intoccabile ed è, perciò, al centro di politiche di rispetto e conservazione del sito.

La pratica è tutt’altra cosa. La denuncia arriva da WWF Sicilia e dall’Associazione Mediterranea per la Natura, che si rivolgono al Ministero per l’Ambiente e agli organi di controllo locali. Da diverso tempo, infatti, si registra un’incontrollata attività di canottaggio che è sfociata anche in manifestazioni di livello agonistico – come quella svoltasi il 14 agosto scorso – non consentite esplicitamente dal regolamento posto a salvaguardia del sito e indubbiamente lesive dell’integrità dello stesso.

La presenza affollata e per definizione poco discreta degli atleti che fruiscono del lago, è spesso causa di “voli di fuga” degli uccelli giunti nell’area già stremati dai lunghi voli migratori che li tengono impegnati nelle stagioni primaverili e autunnali. Senza parlare poi della rimozione – da parte di ignoti – dei pali adibiti alla molluschicoltura, già punti d’appoggio di beccapesci, gabbiani rosei, aironi bianchi maggiori e altre specie protette da numerose convenzioni.

In una situazione di turbamento ed eccessiva movimentazione delle acque, gli esemplari tendono a proseguire il loro cammino, essendo costretti, così, a percorrere in volo altre diverse decine di kilometri, se non centinaia. E, infatti, la successiva zona umida sulla costa tirrenica si trova a 50 km, proseguendo verso nord, invece, a 60 Km, per raggiungere la costa ionica, infine, gli uccelli dovranno attraversare uno spazio di 100 Km.

Ma l’imperversare delle canoe all’interno delle acque lacustri non rappresenta in realtà l’unica minaccia alla salvaguardia dell’inestimabile patrimonio faunistico. Un rimessaggio di barche è stato realizzato proprio al confine con l’aerea – spiega l’associazione – senza che mai sia stata resa pubblica un’idonea valutazione di incidenza e senza che nemmeno sia stato richiesto il parere dell’Ente Gestore, in spregio alla specifica normativa regionale che, invece, espressamente lo richiede.

A ciò si aggiunge l’attività di un noto locale della zona che nel corso dell’intera stagione estiva ha celebrato gli eventi ospitati nelle sue location con petardi e fuochi d’artificio, parimenti responsabili della turbata serenità dell’habitat naturale e della conseguente fuga degli animali che lo popolano.

Si sprecano gli esempi che l’organizzazione a difesa del sito produce come testimonianza delle proprie parole. Uno fra tutti, quello di un fenicottero – probabilmente giunto dalla Turchia o dalle coste pugliesi – rinvenuto il 24 agosto dai volontari del Centro Recupero Fauna Selvatica dell’Azienda Foreste Demaniali. L’uccello, quasi certamente allontanato dal lago per via delle ragioni appena illustrate, si era incamminato presso il mare e mostrava chiari segni di deperimento. Sottoposto alle cure premurose e tempestive dei volontari del centro, ha impiegato qualche giorno per riprendersi del tutto.

E anche di fronte a un’innegabile realtà di crisi del sito protetto, si persevera nella sordità e cecità da parte delle amministrazioni locali, preposte al monitoraggio dell’area, e anzi si incrementa l’attività umana nociva per una sua corretta salvaguardia. E’ il caso dell’urbanizzazione delle aree limitrofe o comunque adiacenti che oltre alle conseguenze dovute all’impermeabilizzazione del suolo, ha portato con sé anche un moltiplicarsi del sorgere di piscine. Strutture che vanno ad incidere sul già delicato equilibrio vegetativo e faunistico del luogo prelevando acque dai pozzi e contribuendo così ad un sensibile abbassamento della falda con conseguente rischio di salinizzazione. Eventualità per nulla remota, appurato che, simili realtà, hanno prodotto un tale risultato nella vicina Reggio Calabria, rendendosi responsabili di gravissimi danni ambientali e sociali.

Analoga situazione si profila poi presso la Riserva Naturale Orientata “Laghi di Marinello SIC”, anch’essa sito di importanza comunitaria che accusa le medesime incongruenze di gestione.

Tra il languire delle guardie della Riserva e il latitare della polizia provinciale, alla quale è stata delegata a vigilanza ma che risulta impegnata su altri fronti, piovono, dunque, le recriminazioni delle associazioni ambientaliste. Urge un intervento tempestivo e solerte che si faccia carico della specificità del sito e provveda al ristabilimento delle sue peculiarità attraverso interventi mirati, non ulteriormente perturbatori di un equilibrio già fragile. (Sara Faraci)